LIBERTA’ O LIBERAZIONE
I mezzi della giustizia
SCHEDE di riflessione – n°
3 – GIUBILEO 2000 – realizzazione scj IS
Scheda: biblica
Scheda: celebrativa
Scheda: esistenziale personale
Scheda: ecclesiale – sacramentale
Scheda: mondialità
Scheda: testi vari
LIBERTA’ O LIBERAZIONE?
Libertà per la comunione
L'alternativa proposta («libertà o liberazione?») intende evidenziare lo sfondo sul quale proiettiamo idealmente la nostra riflessione e anticipare il traguardo cui ci orienta la proposta di questo tema nella Bibbia. Consideriamo il sentire odierno relativo alla libertà come l'inizio di un cammino che integri una visione sociale della libertà, modificandone radicalmente la comprensione.
La libertà è "sentita" (spesso in modo non ragionato) come un valore per il singolo, inteso come insieme di diritti insindacabili; in questa visione, l'altro è "ciò che limita" la mia libertà, ossia: i miei diritti; si dice che la mia libertà finisce dove inizia quella dell'altro. L'altro è un "correttivo" salutare delle tendenze distruttive di una libertà intesa come "diritto" e tendenzialmente assoluta, sciolta da ogni riferimento a un valore che stia sopra di lei. Notiamo, inoltre, come il "correttivo" costituito dalla presenza dell'altro sia necessario e positivo, ma fondato su una logica di opposizione e di conflitto, magari "moderata", ma di per sé insanabile.
La prospettiva biblica della libertà è profondamente diversa; tuttavia, non impedisce di integrare la dimensione del valore del singolo. Anticipiamo, pertanto, che la Bibbia propone la libertà come il valore che fonda la comunione. La libertà, più che un dato acquisito, da difendere dagli attacchi dell'altro, è posta all'interno di una visione dell'uomo che accoglie l'altro "come se stesso" (Lv 19,18).
La libertà non è, allora, né un bene assoluto del singolo, che vada "difeso" dalla minaccia dell'altro, né un dato acquisito una volta per sempre, soprattutto se esso sia acquisito solo per qualcuno. La libertà è tale se è di tutti, e come tale essa si presenta più come un processo ("liber-azione") da accelerare che come un'entità astratta ("libertà") da ritenere completa una volta che se ne è data la definizione; essa diviene progetto e azione in cui la persona si impegna in favore degli altri.
Parlo di "persona", piuttosto che di "singolo", per sottolineare il suo essere "relazione". In questa visione, gli altri non sono il termine di confronto conflittuale della libertà del singolo, ma sono l'orizzonte in cui la libertà diviene possibile e sensata; anzi, essi sono la ricchezza della libertà, che si realizza solo nel farsi dono di liberazione.
Ovviamente, ciò non avviene mai a senso unico, ma è reciproco, sempre, in modo necessario. Si può già vedere come per la Bibbia la realizzazione della libertà sia la comunione nell'amore (a cui è destinata la condivisione dei beni), e come il nemico della comunione sia il nemico della vera libertà:
Gv 8,38: Chi commette il peccato, è schiavo del peccato.
Questa "rivoluzione copernicana", dalla libertà come "difesa del proprio spazio" alla liber-azione come impegno d'amore in favore di tutti, è possibile per il dono del Figlio:
Gv 8,36: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
La libertà donata dal Figlio ci fa vivere superando la mentalità del conflitto e della difesa nei confronti del Padre e dei fratelli (cf. Lc 15,11-32: il padre misericordioso e i due figli), per imparare da lui la logica del dono di sé che ha per unico obiettivo l'azione liberatrice e vivificante:
Lc 15,32: Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.
Gv 10,10: Sono venuto perché abbiano la vita, e l'abbiano sovrabbondante.
Il discepolo di Gesù incarna la logica e l'azione del Maestro, mediante la presenza e l'efficacia dello Spirito, che ci ha donato perché allargassimo al mondo intero la sua opera di liberazione:
Gv 20,21: Poi disse di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». Detto ciò, soffiò su di loro e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimettete i peccati, sono loro rimessi; a chi li ritenete, sono ritenuti».
Gv 14,12: In verità, in verità vi dico: chi crede in me, anch'egli farà le opere che io faccio e ne farà anche di più grandi, perché io vado al Padre.
Mt 28,18-20: Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra. Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho ordinato. Ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo.
I mezzi della giustizia
Richiamati i fondamenti teologali, notiamo che il criterio della verità dell'amore (= della libertà) rimane la concretezza dell'azione e la liberazione del fratello:
Mt 7,21: Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
1Gv 3,16-17: Da ciò noi abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi. Quindi anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Se uno possiede le ricchezze del mondo e, vedendo il proprio fratello che si trova nel bisogno, gli chiude il cuore, come l'amore di Dio può essere in lui?
Sul piano degli atteggiamenti, questa visione di fede comporta innanzitutto la denuncia come falsa di ogni motivazione religiosa che tenda a giustificare il sorgere o il permanere di qualsivoglia discriminazione o schiavitù; essa, inoltre, non permette di declinare alcuna responsabilità nei confronti di un impegno concreto e coinvolgente a favore di chi è oppresso, anche quando ciò comporti l'esigenza di una trasformazione della propria vita, anche con rischio personale.
Sul piano dell'azione, essa esige uno sforzo di riflessione per acquisire una sufficiente conoscenza della società civile e dei modelli che ne interpretano l'organizzazione e le dinamiche più o meno nascoste: la gestione delle risorse, i sistemi di produzione, i processi di formazione delle decisioni, le strategie di induzione dei bisogni, le logiche del mercato, gli interessi finanziari, i centri del potere…
Questo è necessario, se vogliamo individuare mezzi di liberazione che siano, da un lato, pertinenti (cioè omogenei al fine che si vuole ottenere, che non siano essi stessi una smentita del traguardo e del cammino dell'autentica liberazione) e, dall'altro, efficaci (ossia, capaci di intervenire sui quei processi che perpetuano una condizione di schiavitù per diversi fratelli, per interromperli o modificarli).
La liberazione non può ridursi al paternalismo. Questo misura le urgenze in base al proprio carico d'ansia o al proprio bisogno di sentirsi un po' più buoni; interviene solo con provvedimenti "tampone" e di fatto lavora per perpetuare le schiavitù di cui alla fine si alimenta, poiché apparentemente gli forniscono una sorta di potere o di controllo della situazione.
La liberazione agisce sulle cause della schiavitù per rimuoverle o correggerle.
La predicazione dei profeti
I testi della 1Gv ricordati in precedenza sono l'eco di voci più antiche: da sempre i profeti d'Israele hanno difeso il primato della giustizia sulle pratiche di culto.
Per Isaia sono l'orgoglio (Is 2,11-17) e la pretesa sicurezza religiosa ad allontanare l'uomo da Dio e a trasformarlo in agente d'ingiustizia. Isaia parla raramente di peccato in astratto; usa piuttosto il linguaggio concreto che dà il nome proprio alle azioni degli uomini, smaschera atteggiamenti quotidiani che nascondono l'oppressione dei poveri.
Is 1,10-17: Ascoltate la parola del Signore, magistrati di Sodoma, prestate orecchio all'insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! 11 Che m'importa dell'abbondanza dei vostri sacrifici?, dice il Signore. Sono sazio degli olocausti degli arieti e del grasso dei vitelli. Il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco. 12 Quando venite a presentarvi davanti a me, chi richiede da voi che calpestiate i miei atri? 13 Cessate di portare oblazioni inutili, l'incenso è per me un'abominazione, noviluni, sabati, pubbliche assemblee, non sopporto iniquità e feste solenni. 14 L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre solennità; esse sono per me un peso, sono stanco di sopportarle. 15 Quando tendete le vostre mani, io chiudo i miei occhi davanti a voi. Anche quando moltiplicate la preghiera, io non ascolto, le vostre mani sono piene di sangue. 16 Lavatevi, purificatevi, rimuovete dal mio cospetto il male delle vostre azioni, cessate di operare il male. 17 Imparate a fare il bene, ricercate il diritto, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la vedova.
Is 5,20-23: Guai a quelli che chiamano il male bene e il bene male, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro. 21 Guai a quelli che son saggi ai loro sguardi, e intelligenti davanti a loro stessi! 22 Guai ai campioni nel bere vino e ai prodi nel mescere bevande inebrianti! 23 Assolvono l'empio per un regalo, e privano il giusto del suo diritto.
Is 58,1-10: Proclama a squarciagola, non risparmiarti! Alza la tua voce come una tromba e annuncia al mio popolo i suoi difetti, alla casa di Giacobbe i loro peccati. 2 Mi ricercano ogni giorno e desiderano conoscere le mie vie, come una nazione che pratichi la giustizia e non abbandoni il diritto del suo Dio; mi chiedono dei giudizi giusti, desiderano la vicinanza di Dio. 3 «Perché digiuniamo e tu non lo vedi? Ci mortifichiamo e tu non lo sai?». Ecco, nei giorni di digiuno voi curate gli affari e opprimete tutti i vostri operai. 4 Ecco, voi digiunate fra dispute e alterchi e iniqui colpi di pugno. Non sono i digiuni come quelli di oggi che fanno sentire in alto la vostra voce. 5 È forse questo il digiuno che preferisco, il giorno in cui l'uomo si affligge? Piegare il capo come un giunco e distendersi su un letto di sacco e di cenere? Chiami questo forse digiuno e giorno gradito al Signore? 6 Non è piuttosto questo il digiuno che preferisco: spezzare le catene inique, sciogliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e rompere ogni giogo? 7 Non forse questo: spezzare il pane all'affamato, introdurre in casa i poveri senza tetto, coprire colui che hai visto nudo, senza trascurare quelli della tua carne? 8 Allora la tua luce spunterà come l'aurora e la tua ferita sarà presto cicatrizzata; la tua giustizia marcerà dinanzi a te e la gloria del Signore ti seguirà. 9 Allora, se chiami, il Signore ti risponderà; se implori, egli dirà: «Eccomi». Se rimuoverai di mezzo a te il giogo, il puntare il dito e il parlare iniquo, 10 se tu darai il tuo pane all'affamato, se sazierai l'anima oppressa, allora la tua luce sorgerà tra le tenebre, la tua oscurità sarà come meriggio.
Il profeta Amos eleva la sua voce indignata contro le ingiustizie perpetrate nel regno del nord, a Samaria, dove il benessere portato dal lungo regno del re Geroboamo II ha reso ancor più stridente il contrasto tra il lusso sfrenato dei ricchi e le condizioni penose dei poveri. Il profeta inoltre denunzia il legame che c'è tra la fame di denaro delle classi più forti e la indigenza dei poveri.
Amos 8,4-7: Ascoltate questo, voi che calpestate il povero fino a far cessare gli umili della terra, 5 e dite: «Quando passerà la luna nuova, cosicché possiamo vendere grano, e il sabato, cosicché possiamo smerciare il frumento, rimpicciolendo l'efa e ingrandendo il siclo e falsificando bilance per frodare, 6 acquistando per argento i miseri e il povero col prezzo di due sandali? Anche il cascame del frumento venderemo». 7 Il Signore ha giurato per l'orgoglio di Giacobbe: non dimenticherò sino alla fine nessuna delle vostre opere.
Se anche il povero nella Bibbia rappresenta spesso il portatore di una condizione interiore che costituisce l'atteggiamento giusto davanti a Dio, qui il termine esprime la situazione di disagio materiale e sociale di chi non ha mezzi per difendersi ed è in balia dei potenti avidi. Amos ha prende le parti soprattutto di coloro che, a causa della perdita della loro terra, sono dipendenti dal potere altrui.
L'oppressione sul povero si propone, più o meno apertamente, ma non ingenuamente, di "eliminare il povero dalla terra". La violenza dell'immagine del "calpestare" (cf. lo "schiacciare a terra" di Am 2,7) fa capire che non si tratta di una scomparsa dei poveri a motivo della loro elevazione. È l'esistenza stessa dei poveri che si vuole impedire definitivamente (cf. Is 5,8).
La violenza si esercita mediante il controllo della produzione delle derrate alimentari (da parte dei proprietari terrieri) e mediante il controllo dei prezzi delle merci (da parte dei commercianti). Al controllo monopolistico, si aggiunge la frode sulle misure e sui pesi. Perfino il tempo sacro è avvertito come una seccatura ("Quando sarà passato…?!"), perché impedisce gli affari e l'accumulo.
L'effetto perverso di questa logica è che anche la vita delle persone diviene merce di scambio, qualcosa su cui si può speculare: chi è nel bisogno può essere costretto a pagare caro anche lo scarto, che ai clienti normali non si può nemmeno presentare. Anzi, non solo alla vita dei fratelli si attribuisce un valore venale: il debitore è venduto come schiavo, per rifarsi dei soldi prestati; ma addirittura se ne svilisce il prezzo: "un paio di sandali"!
L'intervento di Dio è certo ("non dimenticherò!"); ma quello che più impressiona è lo sdegno che il profeta attribuisce a Dio:
Am 8,2: E disse: Che cosa stai vedendo tu, Amos? Risposi: Un canestro di frutta estiva ["estiva", in ebraico:
qayitz]. E il Signore disse a me: È arrivata la fine ["fine", in ebraico: qetz] per il popolo mio Israele, non continuerò più a perdonargli.
L'ingiustizia verso i poveri è qualcosa che rende indegni di esistere, come fu per la generazione del diluvio:
Gen 6,5-7: Allora il Signore vide che la malvagità dell'uomo era grande sulla terra e che ogni progetto concepito dal suo cuore non era rivolto ad altro che al male tutto il giorno: 6 di conseguenza il Signore fu dispiaciuto di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. 7 Sicché il Signore disse: «Io voglio cancellare dalla faccia della terra l'uomo che ho creato: uomo e bestiame e rettili e uccelli del cielo, poiché mi dispiace d'averli fatti».
Gen 6,11-13: Or la terra era corrotta al cospetto di Dio e piena di violenza. 12 Dio mirò la terra ed ecco: era corrotta; poiché ogni uomo aveva corrotto la propria condotta sopra la terra. 13 Allora Dio disse a Noè: «Mi son deciso: la fine di tutti gli uomini è arrivata, poiché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra».
La brutalità contro il debole oppresso era stato il motivo dell'intervento contro l'Egitto:
Es 1,13-14: Allora l'Egitto sottopose i figli d'Israele a un lavoro massacrante: 14 amareggiarono la loro vita con un duro lavoro, con l'argilla e i mattoni, con ogni genere di lavoro nei campi: ogni specie di lavoro massacrante con cui li fecero lavorare.
Es 2,23-25: I figli d'Israele gemevano per la schiavitù: gridarono, e la loro invocazione di aiuto dalla schiavitù salì fino a Dio. 24 Dio udì il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo, con Isacco e con Giacobbe. 25 Dio vide i figli d'Israele e se ne prese cura.
Remissione dei debiti
Come il sabato nel passo di Amos (8,5), il tempo sacro del giubileo intende far recuperare le radici della fraternità e avviare scelte concrete di giustizia, intervenendo sulle cause delle discriminazioni e delle povertà.
Lv 25,10ss: Dichiarerete sacro il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo abitante. Sarà per voi un giubileo; ognuno tornerà nei suoi possessi, ognuno tornerà nella sua famiglia. […] 12 Il giubileo sarà infatti sacro per voi. […] 13 In tale anno giubilare ognuno torni nei suoi possessi. 14 Se venderai qualcosa a un tuo compatriota o se comprerai qualcosa da un tuo compatriota, non danneggiatevi l'un l'altro. 15 Secondo il numero degli anni trascorsi dopo il giubileo stabilirai il prezzo d'acquisto da parte del tuo compatriota, ed egli secondo il numero degli anni di rendita ti stabilirà il prezzo di vendita; 16 più grande è il numero degli anni da trascorrere prima del giubileo e più aumenterai il prezzo; più piccolo è il numero degli anni e più ridurrai il prezzo, perché è un certo numero di raccolti che egli ti vende. 17 Non danneggiatevi l'un l'altro e temi il tuo Dio. Io sono il Signore Dio tuo.
Chi non poteva pagare i debiti, in base alla Legge di Mosè non poteva più essere ridotto in schiavitù:
Lv 25,39ss: Se il tuo fratello si trova in difficoltà nei tuoi riguardi e si vende a te, non gli farai fare un lavoro da schiavo; 40 vivrà presso di te come un salariato o un ospite. […] 42 Perché sono miei servi, che ho fatto uscire dalla terra d'Egitto; non possono essere venduti come schiavi.
Anzi, in occasione del giubileo, tutti i debiti erano ritenuti saldati, e chi si era venduto per insolvenza andava liberato.
Lv 25,40-41: Fino all'anno del giubileo lavorerà con te; 41 poi ti lascerà, lui e i suoi figli con lui, e tornerà alla sua famiglia, e riprenderà quanto possedevano i suoi padri.
Ad ogni modo, chi è costretto a lavorare per saldare i debiti ha diritto ad un trattamento umano: è un fratello; della mancanza di umanità nei confronti dei poveri si rende conto a Dio!
Lv 25,43: Non dominerai su di lui con durezza e temi il tuo Dio.
Restituzione delle proprietà
Le radici della giustizia sociale sono nella fede in Dio liberatore. La fede è autentica se la pratica della giustizia è concreta. La pratica della giustizia è concreta se interviene a cambiare la situazione per cui uno è obbligato a lavorare per un altro. La libertà è possibile quando sono ricostituite le condizioni di una sicurezza economica che consiste in un rapporto alla pari. "Libero" è chi non può essere costretto a vendersi. Questo è il motivo per cui la Legge di Mosè insiste sul fatto che il giubileo comporti un ritorno alla terra ereditata dalla propria famiglia, la terra che Dio aveva promesso ai patriarchi e che Giosuè aveva diviso tra gli Israeliti dopo la conquista.
Lv 25,10-13: Ognuno tornerà nei suoi possessi, ognuno tornerà nella sua famiglia. […] 12 Il giubileo sarà infatti sacro per voi. […] 13 In tale anno giubilare ognuno torni nei suoi possessi.
Lv 25,23-28: La terra non sarà venduta perdendone ogni diritto, perché mia è la terra e voi siete residenti e ospiti presso di me. 24 Per ogni terreno in vostro possesso lascerete una possibilità di riscatto del terreno. 25 Se un tuo fratello si trova in difficoltà e vende una parte dei suoi possedimenti, venga il suo parente più prossimo a esercitare il diritto di riscatto su quanto vende il suo fratello. 26 Chi non ha un parente prossimo, quando sarà arrivato a trovare i mezzi necessari per il suo riscatto, 27 calcoli gli anni della sua cessione e restituisca il denaro che è ancora dovuto all'uomo a cui ha venduto e rientri nel suo possesso. 28 Se non riuscirà ad avere mezzi sufficienti per la restituzione, il bene venduto resti nelle mani di chi l'ha comprato fino all'anno del giubileo; questi ne uscirà nell'anno del giubileo e l'altro rientrerà nel suo possesso.
Visione biblica e cristiana della ricchezza
Questa pratica è rimasta disattesa fin dall'inizio. Il popolo dell'antico Israele non ha mai messo in pratica questa legislazione. Si tende a dire che è "utopistica". Tuttavia, la parola di Dio conserva questa legislazione come provocazione o, meglio, come profezia: non solo vuole farci riflettere sull'organizzazione delle nostre società, sul rischio di una cultura in cui conti la legge del più forte (la legge che è il più forte a stabilire), ma anticipare uno stile di vita che il Signore Gesù ha vissuto davvero, e che il suo vangelo propone a tutti.
Mt 25,34-36: Allora il Re dirà a quelli che stanno alla sua destra: "Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dall'origine del mondo. 35 Poiché: ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, ero pellegrino e mi ospitaste, 36 nudo e mi copriste, infermo e mi visitaste, ero in carcere e veniste a trovarmi".
Lc 3,10-14: La folla così lo interrogava: «Che cosa dobbiamo fare?». 11 Egli rispondeva: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha del cibo faccia lo stesso». 12 Vennero anche alcuni pubblicani per farsi battezzare. Gli domandarono: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13 Giovanni rispose: «Non esigete niente di più di quanto vi è stato fissato». 14 Anche alcuni soldati lo interrogavano: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose: «Non fate violenza a nessuno, non denunciate il falso, accontentatevi della vostra paga».
Lc 19,8-10: Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Signore, io do ai poveri la metà dei miei beni e se ho rubato a qualcuno gli restituisco il quadruplo». 9 Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10 Infatti il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Il motivo per il quale la giustizia è presentata come una "restituzione" è l'idea tutti siamo debitori a Dio di noi stessi, della nostra stessa vita. Tutto abbiamo ricevuto in dono. Questo interessa anche i nostri rapporti con gli altri e con le cose. Le persone non possono essere ridotte a al rango di "mezzi"; nessuno scopo è così grande da permettere lo sfruttamento dei fratelli. Esse sono piuttosto i "fini": la loro liberazione e dignità è l'unico senso accettabile della disponibilità dei mezzi, economici o di altro tipo. Di fronte alla dignità della vita del fratello, non c'è diritto acquisito che tenga.
Lc 16,19ss: «C'era un uomo ricco, che portava vesti di porpora e di bisso e faceva festa ogni giorno con grandi banchetti. 20 Un povero, di nome Lazzaro, sedeva alla sua porta a mendicare, tutto coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi con gli avanzi che cadevano dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Poi morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Finito negli inferi tra i tormenti, alzando lo sguardo verso l'alto, vide da lontano Abramo e Lazzaro che era con lui. 24 Allora gridò: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". 25 Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che hai ricevuto la tua parte di beni durante la tua vita, e Lazzaro parimenti le sofferenze. Ma adesso lui è consolato, tu invece sei tormentato. 26 Per di più, tra noi e voi c'è un grande abisso; se qualcuno di noi vuol passare da voi, non lo può fare; così pure nessuno di voi può venire da noi". 27 E quello disse: "Allora, padre, ti supplico di mandarlo a casa di mio padre. 28 Ho cinque fratelli e vorrei che li ammonisca a non venire anch'essi in questo luogo di tormento". 29 Abramo rispose: "Hanno Mosè e i profeti: li ascoltino!". 30 Quello replicò: "No, padre Abramo; ma se qualcuno dai morti andrà da loro, cambieranno modo di vivere". 31 Abramo disse: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno convincere neppure se qualcuno risorge dai morti"».
Lc 12,12-21: Un tale, tra la folla, gli disse: «Maestro, di' a mio fratello di spartire con me l'eredità». 14 Ma egli rispose: «Amico, chi mi ha costituito come giudice o come mediatore sui vostri beni?». 15 E disse loro: «Badate di tenervi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è molto ricco, la sua vita non dipende dai suoi beni». 16 Poi raccontò loro una parabola: «Le terre di un uomo ricco avevano dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé così: "Ora non ho più dove mettere i miei raccolti: che cosa farò?". 18 E disse: "Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi, così che vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Bene! Ora hai fatto molte provviste per molti anni. Ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti". 20 Ma Dio gli disse: "Stolto, questa stessa notte dovrai morire, e a chi andranno le ricchezze che hai accumulato?". 21 Così accade a chi accumula ricchezze solo per sé e non si arricchisce davanti a Dio».
Lc 12,22-34: Poi disse ai discepoli: «Per questo vi dico: Non preoccupatevi troppo del cibo di cui avete bisogno per vivere, né del vestito di cui avete bisogno per coprirvi. 23 La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24 Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio; eppure Dio li nutre. Ebbene, voi valete più degli uccelli! 25 Chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora in più alla sua vita? 26 Se dunque non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? 27 Guardate i gigli del campo: non lavorano e non si fanno vestiti. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua ricchezza, ha mai avuto un vestito così bello. 28 Se dunque Dio veste così bene i fiori del campo, che oggi ci sono e il giorno dopo vengono bruciati, a maggior ragione darà un vestito a voi, gente di poca fede! 29 Perciò non state sempre in ansia nel cercare che cosa mangerete o che cosa berrete: 30 di tutte queste cose si preoccupano gli altri, quelli che non conoscono Dio. Ma voi avete un Padre che sa ciò di cui avete bisogno. 31 Cercate piuttosto il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta. 32 Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. 33 Vendete quello che possedete e datelo in elemosina. Fatevi borse che non si consumano, procuratevi un tesoro sicuro in cielo, dove i ladri non possono arrivare e le tarme distruggere. 34 Perché dove è il vostro tesoro là sarà anche il vostro cuore».
L'avere più risorse impegna di più, aumenta la responsabilità nei confronti di un ordine più giusto.
LA LIBERTA’: UN CAMMINO
Canto di introduzione:
GRANDI COSE (intanto viene portata l’Eucaristia sull’altare)Introduzione: Per la Bibbia la libertà non è né un bene assoluto del singolo, che vada "difeso" dalla minaccia dell’altro, né un dato acquisito una volta per sempre, soprattutto se esso è
acquisto solo per qualcuno. La libertà è tale se è di tutti, e come tale essa si presenta
più come un processo (liberazione) da accelerare che come un’entità astratta (libertà)
da ritenere completa una volta che se ne è data la definizione; essa diviene progetto e
azione in cui la persona si impegna a favore degli altri.
Gli altri non sono il termine di confronto conflittuale della libertà del singolo, ma sono
l’orizzonte in cui la libertà diviene possibile e sensata; anzi essi sono la ricchezza della
libertà, che si realizza solo nel farsi dono di liberazione.
LIBERATI
Guida: La realizzazione della libertà è la comunione nell’amore e il nemico della comunione è il nemico della vera libertà:
Parola di Dio: Chi commette il peccato, è schiavo del peccato (Gv.8,38)
Rit.: GESU’ CRISTO CI HA LIBERATI, SIAMO CHIAMATI A LIBERTA’,
CAMMINANDO NEL SUO SPIRITO, SIAMO CHIAMATI A LIBERTA’
Guida: Passare dalla libertà come ‘difesa del proprio spazio’ alla libertà come impegno d’amore a favore di tutti, è possibile per il dono del Figlio:
Parola di Dio: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Gv.8,36)
Rit.: GESU’ CRISTO CI HA LIBERATI….
Guida: La libertà donata dal Figlio ci fa vivere superando la mentalità del conflitto e della difesa nei confronti del Padre e dei fratelli, per imparare da lui la lgica del dono di sé che ha come unico obiettivo l’azione liberatrice e vivificante:
Parola di Dio: Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato
Parabola del Padre misericordioso e dei due figli (Lc.15,11-32);
Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv.10,10)
Rit: GESU’ CRISTO CI HA LIBERATI…
Tutti: (salmo 125) QUANDO IL SIGNORE CI HA FATTO INCONTRARE
AVVIANDOCI SU UN CAMMINO DI LIBERAZIONE,
CI E’ SEMBRATO DI VIVERE UN SOGNO IRREALIZZABILE.
IL NOSTRO CUORE SI E’ RIEMPITO DI GIOIA,
LE NOSTRE LABBRA DI PREGHIERA RICONOSCENTE.
GLI AMICI HANNO CONSTATATO CON NOI:
"DIO VI HA FATTO UN GRANDE DONO!"
SI’, E’ PROPRIO UN DONO STUPENDO
QUELLO CHE DIO CI STA ANCORA FACENDO.
E’ UNA GIOIA INDESCRIBILE.
CONTINUA, SIGNORE, A SUSCITARE,
COME ONDATE DI PIENA DI UN FIUME,
UOMINI CHE CERCANO LIBERAZIONE
PAGANDONE IL PREZZO DI RISCATTO.
CHI ACCETTA LA FATICA DI SEMINARE,
DI COLTIVARE LA SUA VITA ALL’AMORE,
SUDA SU ARIDA TERRA
E IL SUO ANDARE E’ LENTO E INCURVATO.
MA IL RITORNO E’ A PASSO DI DANZA,
IL RACCOLTO UNA FESTA DI GIOIA
CHE DA’ GUSTO E PIENEZZA ALLA VITA.
(silenzio di meditazione e di preghiera personale)
LA VITA: IL CULTO GRADITO A DIO
Guida:
Sul piano degli atteggiamenti, camminare nella libertà, comporta innanzitutto la denuncia come falsa di ogni motivazione religiosa che tenda a giustificare il sorgere o il permanere di qualsivoglia discriminazione o schiavitù; essa, inoltre, non permette di declinare alcuna responsabilità nei confronti di un impegno concreto e coinvolgente a favore di chi è oppresso, anche quando ciò comporti l’esigenza di una trasformazione della propria vita, anche con rischio personale. Sul piano dell’azione, essa esige uno sforzo di riflessione per acquisire una sufficiente conoscenza della società civile, dei modelli che ne interpretano l’organizzazione e le dinamiche più o meno nascoste: la gestione delle risorse, i sistemi di produzione, i processi di formazione delle decisioni, le strategie di induzione dei bisogni, le logiche di mercato, gli interessi finanziari, i centri del potere....La liberazione non può ridursi al paternalismo. Essa deve invece agire sulle cause della schiavitù per rimuoverle o correggerle.(portare davanti all’Eucaristia un segno/simbolo che rappresenti le tante schiavitù dell’uomo moderno
-denaro?-)Parola di Dio: "Da ciò noi abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi. Quindi anche noi
dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Se uno possiede le ricchezze del mondo e, vedendo il proprio fratello che si trova nel bisogno, gli chiude il cuore, come l’amore di Dio può essere in lui" (1 Gv.3,16-17)Ascoltate la Parola del Signore, magistrati di Sodoma, prestate orecchio all’insegnamento
del nostro Dio, popolo di Gomorra. Che m’importa dell’abbondanza dei vostri sacrifici?,
dice il Signore. Sono sazio degli olocausti degli arieti e del grasso dei vitelli. Il sangue dei
tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco. Quando venite venite a presentarvi davanti a
me, chi richiede da voi che calpestiate i miei atri? Cessate di portare oblazioni inutili,
l’incenso è per me un’abominazione, noviluni, sabati, pubbliche assemblee, non sopporto
iniquità e feste solenni. L’anima mia odia i vostri noviluni e le vostre solennità; esse sono
per me un peso, sono stanco di sopportarle. Quando tendete le vostre mani, io chiudo i
miei occhi davanti a voi. Anche quando moltiplicate la preghiera, io non ascolto, le vostre
mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, rimuovete dal mio cospetto il male delle
vostre azioni, cessate di operare il male. Imparate a fare il bene, ricercate il diritto, soccor-
rete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la vedova. (Is.1,10-17)
Non è piuttosto questo il digiuno che preferisco: spezzare le catene inique, sciogliere i
legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e rompere ogni giogo? Non forse questo:
spezzare il pane all’affamato, introdurre in casa i poveri senza tetto, coprire colui che hai
visto nudo, senza trascurare quelli della tua carne? Allora la tua luce splenderà come
l’aurora e la tua ferita sarà presto cicatrizzata; la tua giustizia marcerà dinanzi a te e la
gloria del Signore ti seguirà. Allora se chiami, il Signore ti risponderà; se implori, egli
egli ti dirà: "Eccomi". Se rimuoverai di mezzo a te il giogo, il puntare il dito e il parlare
iniquo, se tu darai il tuo pane all’affamato, se sazierai l’anima oppressa, allora la tua
luce sorgerà tra le tenebre, la tua oscurità sarà come meriggio (Is.58,6-10)
Canto: VIVERE LA VITA
(silenzio di meditazione e di preghiera personale)
GIUBILEO: TEMPO DI GRAZIA PER UNA NUOVA FRATERNITA’
Guida: Il tempo sacro del Giubileo intende far recuperare le radici della fraternità.
Nell’usanza dell’antico popolo di Israele, nell’anno del giubileo, tutti i debiti erano ritenuti saldati
e chi si era venduto per insolvenza andava liberato. Chi era costretto a lavorare per saldare i debiti aveva diritto ad un trattamento umano perché doveva essere considerato un fratello.Parola di Dio: Dichiarerete sacro il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo
abitante. Sarà per voi un giubileo: ognuno tornerà nei suoi possessi, ognuno tornerà nella sua famiglia…Il giubileo sarà infatti sacro per voi…In tale anno giubilare ognuno torninei suoi possessi. Se venderai qualcosa a un tuo compatriota o se comprerai qualcosa da
un tuo compatriota, non danneggiatevi l’un l’altro…non danneggiatevi l’un l’altro e temi
il tuo Dio. Io sono il Signore Dio tuo…..Se il tuo fratello si trova in difficoltà nei tuoi
riguardi e si vende a te, non gli fari fare un lavoro da schiavo; vivrà presso di te come un
salariato o un ospite…Perché sono miei servi, che ho fatto uscire dalla terra d’Egitto:
non possono essere venduti come schiavi. (Lv.25.10ss.)
Ascolto: LA VIA DELL’AMORE (Fratel Carlo Carretto)
Tutti:
TANTE VOLTE TI HO CHIESTO, SIGNORE:PERCHE’ NON FAI NIENTE PER QUELLI CHE MUOIONO DI FAME? PERCHE’ NON FAI NIENTE
PER QUELLI CHE SONO MALATI? PERCHE’ NON FAI NIENTE PER QUELLI CHE NON
CONOSCONO L’AMORE? PERCHE’ NON FAI NIENTE PER QUELLI CHE SUBISCONO
INGIUSTIZIE? PERCHE’ NON FAI NIENTE PER QUELLI CHE SONO VITTIME DELLA GUERRA?
PERCHE’ NON FAI NIENTE PER QUELLI CHE NON TI CONOSCONO?
IO NON CAPIVO, SIGNORE.
ALLORA TU MI HAI RISPOSTO: IO HO FATTO TANTO; IO HO FATTO TUTTO QUELLO CHE
POTEVO FARE:
IO HO CREATO TE.
ORA CAPISCO, SIGNORE.
IO POSSO SFAMARE CHI HA FAME. IO POSSO VISITARE I MALATI. IO POSSO AMARE CHI NON
E’ AMATO. IO POSSO COMBATTERE LE INGIUSTIZIE. IO POSSO CREARE LA PACE. IO POSSO
FAR CONOSCERE TE.
ORA TI ASCOLTO, SIGNORE. OGNI VOLTA CHE INCONTRO IL DOLORE, TU MI CHIEDI:
PERCHE’ NON FAI NIENTE?
AIUTAMI, SIGNORE, AD ESSERE LE TUE MANI.
Verifica: 1. Quanto spazio sto dando alla presenza di Dio nella mia vita?
2. Vivo l’avventura cristiana come personale esperienza di liberazione?
3. Seguo Cristo solo a parole oppure mi lascio coinvolgere in scelte concrete di liberazione
a favore dei miei fratelli?
4. Preparandomi a vivere con tutta la Chiesa il tempo sacro del Giubileo, ho nel cuore il vivo
desiderio di costruire nei miei ambienti di vita nuovi rapporti di fraternità?
(condivisione di preghiera e/o della propria riflessione)
Canto finale: CON TE FAREMO COSE GRANDI
Scheda sulla spiritualità esistenziale personale
TUTTI SAPPIAMO CHE:
non sono poche le manifestazioni che sanno di precarietà e che riscontriamo dentro di noi – tra di noi – e con la natura.
Lo smarrimento, non di rado, è così fitto che può diventare liberante ricorrere a qualche stratagemma, del tipo:
"Un uomo batte le mani ogni dieci secondi. Interrogato sul perché di questo comportamento, risponde: ‘Per scacciare gli elefanti!’. ‘Elefanti? Ma qui non ci sono elefanti!’. E lui: ‘Appunto!’."
(da "Istruzioni per rendersi infelici" – P.Watzlawick)
CALMA, UN MOMENTO, RAGIONIAMO!
… ogni volta che uso questa chiave d’accesso al mio mondo di dentro, compare una voce, ahimè, familiare …
IO: io ci sono; anche tu ci sei e pure le cose ci sono … che novità! E’ un problema? Ho altro da pensare!
LUI (il grillo parlante): E se fosse proprio lì che hanno inizio i guai che ti fanno essere così bravo a lagnarti? Perché non ridare un occhiata al mondo (te e tutto il resto)?
IO: Dobbiamo ricominciare ancora una volta da Adamo ed Eva? E poi, con tutto quello che ho imparato su: ecologia-ecosistema-ecoumanità-ecoaffettività …Guardati attorno: perché dovrei essere io a pormi delle domande …lasciamo spazio ai verdi!
LUI: Avrai anche le tue ragioni, ma quando ripenso a quello che tu dicevi quanto ti definivi uomo-persona-immagine di Dio …
IO: Non puoi toccare certi tasti … sono delicati!!!
Va bè, proviamo. Ma niente prediche o moralismi di bassa lega.
LUI: Ok! Niente Adamo ed Eva; niente verdi; niente tuttologi …Però occorre una cartina di tornasole che ci dica cosa c’è in noi chi siamo, cosa ci sta a cuore … ma, senza fare troppo gli offesi!
Troviamo un accordo: la cartina di tornasole è la capacità d’amare (il mondo affettivo)
LO SAI CHE …
"Percependo il corpo d’altri come un oggetto qualsiasi che appare nel suo mondo, la coscienza parla d’amore come Narciso della propria immagine riflessa. La sua costante prevaricazione dell’altro, che riconosce solo come contenuto del proprio orizzonte, la sottrae a quegli sguardi e a quelle comunioni di trascendenze che potrebbero riscattarla da quel destino di solitudine per cui vaga di situazione in situazione senza fedeltà e senza memoria.
Sussumendo ogni situazione e ogni esperienza sotto un’idea, la coscienza ignora che la sua percezione oggettiva è abitata da una percezione più intima e più segreta che dischiude una tonalità affettiva dominata non dalla chiarezza delle idee, ma dalla forza del desiderio che ciecamente collega un corpo ad un corpo. Questa percezione affettiva, o se preferiamo erotica, non è un ciclo autonomo, un automatismo periferico connesso alla funzione biologica del corpo, ma è un’intenzionalità che segue il movimento generale dell’esistenza e declina con essa". (Galimberti
… ORA LO SAI!
CHICCHI DEL SAGGIO
Si dice che quello che sei e hai in te, quando "tocca" qualcuno o qualcosa … lo segna.
"L’uomo senza memoria spara sempre un po’ a casaccio" (De Andrè).
Si sa che l’imbecille è sempre gravido di … (posto a confronto il colon che c’è in noi è una reggia!)
"L’uomo è ciò che mangia" (Feuerbach) : la legge dell’assimilazione che mi trasforma in tutto ciò che mangio (ovviamente non riguarda solo il cibo fisicamente ingerito).
OBIEZIONE AL SAGGIO
… ma non basta agire con coscienza?
"La coscienza è come l’organo sessuale: o dà la vita o fa pisciare" (G.Gaber).
"Una nuova coscienza" – G.Gaber :
Io come uomo
Io vedo il mondo come un deserto di antiche rovine.
Io vedo un uomo che tocca il fondo ma forse al peggio non c’è mai una fine.
Nel frattempo la vita non si arrende e la gente si dà un gran da fare:
tanti impegni, tante storie, con l’inutile idea di colmare la mancanza di una nuova coscienza,
di una vera coscienza.
E’ come se dovessimo riempire un vuoto profondo … E allora ci mettiamo dentro: rimasugli di cattolicesimo, pezzetti di sociale, brandelli di vecchi ideali, un po’ di antirazzismo, e qualche alberello qua e là.
La decadenza che viviamo è un malessere che ti prende piano piano.
E’ una specie di assenza che prevede una sosta obbligata,
è la vita che medita ma si scopre assopita.
Siamo vivi malgrado la nostra apparenza, come uomini al minimo storico di coscienza.
E’ come se la vecchia morale non ci bastasse più. In compenso se ne sta diffondendo una nuova che consiste nel prendere più che altro in considerazione i doveri degli altri … verso di noi. Sembrerà strano ma diventa morale tutto ciò che ci conviene.
Praticamente un affare!
La decadenza che subiamo è uno scivolo che va giù piano piano.
E’ una nuova esperienza che ti toglie qualsiasi entusiasmo
e alla lunga modifica il tuo metabolismo.
Siamo lì fermi malgrado la grave emergenza
come uomini al minimo storico di coscienza.
E pensare che basterebbe pochissimo. Basterebbe spostare a stacco la nostra angolazione visiva. Guardare le cose come se fosse la prima volta. Lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza. Dubitare delle risposte già pronte. Dubitare dei nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili. Dubitare delle nostre convinzioni presuntuose e saccenti. Basterebbe smettere di sentirsi sempre delle brave persone. Smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, delle mogli, dei mariti, dei figli, … quando forse siamo vittime solo della mancanza di potere su noi stessi. Basterebbe smascherare, smascherare tutto: smascherare l’amore, il riso, il pianto, il cuore, il cervello. Smascherare la nostra falsa coscienza individuale.
Subito. Qui e ora.
Sì, basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile. Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, affermare, fare il tifo e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l’uomo più mediocre diventa geniale se guarda il mondo coi propri occhi. Smascherare con coraggio qualsiasi falsa partecipazione. Smettere di credere che l’unico obbiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni economiche perché la vera posta in gioco è la nostra vita. Basterebbe smettere una volta per tutte di sentirsi vittime del lavoro, del denaro, del destino e persino della politica, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini. Basterebbe opporsi all’idea di calpestare gli altri, ma anche alla finta uguaglianza. Basterebbe smascherare le nostre presunte sicurezze. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale.
Subito. Qui e ora.
Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualcosa. Basterebbe smettere di credere di poter salvare il mondo con l’illusione della solidarietà. Basterebbe ormai rendersi conto che la crescita del mercato è necessaria alla nostra sopravvivenza, ma che la sua espansione inarrestabile ci fa diventare sempre più amorali e più stupidi. Basterebbe abbandonare l’idea di qualsiasi facile soluzione, ma abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l’audacia di frequentare il futuro con gioia.
Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese. La spinta utopistica è subito. Qui e ora.
Io come uomo
Io vedo il mondo come un deserto di antiche rovine.
Io vedo un uomo che tocca il fondo ma forse al peggio non c’è mai fine.
Perché non c’è nessuno che dia un senso
alle cose più semplici e vere, alla vita di ogni giorno, all’urgenza di un uomo migliore.
Io vedo un uomo solo e smarrito
come accecato da false paure.
Ma la vita non muore nelle guerre, nelle acque inquinate del mare,
e i timori anche giusti sono pretesti per non affrontare la mancanza di una vera coscienza
che è la sola ragione della fine di qualsiasi civiltà.
Ci viene incontro un omino … anche lui alla ricerca (guarda caso) del PARADISO PERDUTO. Dev’essere una malattia comune.
Ci invita a teatro. Un po’ strano, il tipo.
Dopo esserci accordati ci raccomanda di prepararci leggendo:
. "L’immaginario sessuale" – Pasini. Crépault. Galimberti. – Cortina Editore.
. "Il corpo e la terra" – W.Berry – Libreria Edit. Fiorentina.
. "Gli equivoci dell’anima" – U.Galimberti – Feltrinelli.
. "Per dovere o per piacere?" – A.Plé – Gribaudi.
Siamo a teatro …
Titolo: "L’AMANTE"
Personaggi: L’uomo carnefice
L’uomo Macbeth
L’uomo foglia di fico
L’uomo clonatore
L’uomo umano
Interpreti: L’omino (fa tutto lui!)
Ecco cosa vediamo in scena:
L’uomo carnefice
– La sua specialità è di percepire l’altro/a come carne da mangiare. Vive in uno stato di oscenità esistenziale. O-SCENO : spaccatura tra la scena e ciò che viene vissuto. Un quadro di vita che dovrebbe dire qualcosa che di fatto viene tradita-smentita.Il carne-fice non sa e fa che mangiare e/o ridurre a carne ciò che potrebbe farlo entrare in una dimensione … che teme o non conosce.
L’uomo Macbeth
– La tragedia shakespeariana, nove secoli dopo, ripropone la sottile stoltezza che culla, tutti, nell’illusione di non dovere temere per la sorte personale. Ubriacatura da senza limiti e confini …L’uomo foglia di fico
– Porca miseria! Non immaginavo che la nostra vita fosse tutta un mega-mercato di foglie di fico!"Non è il sentimento di essere questo o quell’oggetto criticabile, ma in generale di essere un oggetto, cioè di riconoscermi in quell’essere degradato, dipendente e cristallizzato che io sono per gli altri. La vergogna è il sentimento della caduta originale, non del fatto che abbia commesso questo o quell’errore, ma semplicemente del fatto che sono caduto nel mondo, in mezzo alle altre cose, e che ho bisogno della mediazione di altri per essere ciò che sono. Il pudore, e in particolare il timore di essere sorpreso in stato di nudità, non sono che specificazioni simboliche della vergogna originale: il corpo simbolizza qui la nostra oggettività senza difesa. Vestirsi significa dissimulare la propria oggettività, reclamare il diritto di vedere senza essere visto, cioè di essere puro soggetto. Per questo il simbolo biblico della caduta, dopo il peccato originale, è il fatto che Adamo ed Eva ‘capiscono di essere nudi’."
("L’essere e il nulla" – Sartre).
Eppure si parla di rapporti/relazioni/ … amore!!! Falso contatto perché tutta roba da self-man.
Si vede che il vantaggio è maggiore quando si vive in proprio, pensando solo al proprio mondo: cosa non fa la paura! E poi, tra l’altro, sembra che questa paura sia insaziabile con cose e persone. Direbbe un mio amico che ognuno ha l’infinito che si merita.
* fermiamo un attimo i motori …
"L’attesa" – G.Gaber :
No, non muovetevi, c’è un’aria stranamente tesa
e un gran bisogno di silenzio … siamo come in attesa.
No, non parlatemi, bisognerebbe ritrovare
le giuste solitudini … stare in silenzio ad ascoltare.
L’attesa è una suspence elementare, è un antico idioma che non sai decifrare,
un’irrequietezza misteriosa e anonima,
è una curiosità dell’anima …
e l’uomo in quelle ore guarda fisso il suo tempo,
un tempo immune da avventure o da speciale sgomento.
No, non muovetevi, c’è un’aria stranamente tesa
e un gran bisogno di silenzio … siamo come in attesa,
perché da sempre l’attesa è il destino di chi osserva il mondo
con la curiosa sensazione di aver toccato il fondo
senza sapere se sarà il momento della sua fine o di un neo rinascimento.
Non disturbatemi, sono attirato da un brusio,
che non riesco a penetrare, non è ancora mio,
perché in fondo anche il mondo nascente è un po’ artista,
predicatore e mercante, pensatore e automobilista,
il nuovo qualunquista guarda anche lui il presente,
un po’ stupito di non aver capito niente.
L’attesa è il risultato, il retroscena, di questa nostra vita troppo piena,
è un andar via di cose dove al loro posto c’è rimasto il vuoto.
Un senso quieto e religioso in cui ti viene da pensare,
e lo confesso ci ho pensato anch’io,
al gusto della morte e dell’oblio.
No, non muovetevi, c’è un’aria stranamente tesa
e un gran bisogno di silenzio … siamo tutti in attesa.
L’uomo clonatore
– Chi non ha mai copiato durante le prove scolastiche? Lo si fa perché …è stupido non farlo!"Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina lo creò".
Genesi 2,27
Modestia a parte, se mi ci metto pure io …
PROBLEMINO (sic!): già sono un po’ bruttino, insicuro, vanitoso, cieco, malaticcio, invecchio …Se poi creo a mia immagine e somiglianza cosa salterà fuori? offesa o sano realismo?! Ma perché allora c’è la voglia di plasmare/clonare il mondo che mi circonda: persone, cose, …? Non è che, forse, siamo incinti di noi stessi? IO, il tutto! Potrà fare sorridere, ma quanto di noi e del mondo (non nostro) sacrifichiamo a questo idolo insaziabile (prova a dire come si chiama). Che bello entrare nella dinastia delle sorelle Dolly!!!
L’uomo umano
– Sulla scena solo un grande cartello: "WANTED"* P.S. FORSE IL PARADISO CHE CERCHI NON E’ QUELLO PERDUTO
MA QUELLO CHE PUOI SCOPRIRE DI GIORNO IN GIORNO
PERCHE’ TI E’ GIA’ STATO REGALATO.
APRI CON DELICATEZZA IL PACCO REGALO …
AUGURI.
"Quando sarò capace d’amare" – G.Gaber :
Quando sarò capace di amare probabilmente non avrò bisogno
di assassinare in segreto mio padre e di far l’amore con mia madre in sogno.
Quando sarò capace di amare con la mia donna non avrò nemmeno
la prepotenza e la fragilità di un uomo bambino.
Quando sarò capace di amare vorrò una donna che ci sia davvero
che non affolli la mia esistenza ma non mi stia lontana neanche col pensiero.
Vorrò una donna che se io accarezzo una poltrona, un libro o una rosa,
lei avrebbe voglia di essere solo quella cosa.
Quando sarò capace d’amare vorrò una donna che non cambi mai
ma dalle grandi alle piccole cose tutto avrà un senso perché esiste lei.
Potrò guardare dentro al suo cuore e avvicinarmi al suo mistero
non come quando io ragiono, ma come quando respiro.
Quando sarò capace di amare farò l’amore come mi viene
senza la smania di dimostrare, senza chiedere mai se siamo stati bene.
E nel silenzio delle notti con gli occhi stanchi e l’animo gioioso
percepire che anche il sonno è vita e non riposo.
Quando sarò capace di amare … mi piacerebbe un amore
che non avesse alcun appuntamento col dovere
un amore senza sensi di colpa, senza alcun rimorso,
egoista e naturale come un fiume che fa il suo corso
senza cattive o buone azioni, senza altre strane deviazioni,
che se anche il fiume le potesse avere andrebbe sempre al mare.
Così vorrei amare.
… e se la fine del mio piccolo io mi aprisse le porte del PARADISO?
Te lo auguro … con affetto.
L’omino
Scheda ecclesiale – sacramentale
OPERARE LA LIBERAZIONE
Giovanni Paolo II, Dies Domini, (1998):
72. L'Eucaristia è evento e progetto di fraternità. Dalla Messa domenicale parte un'onda di carità, destinata ad espandersi in tutta la vita dei fedeli, iniziando ad animare il modo stesso di vivere il resto della domenica. Se essa è giorno di gioia, occorre che il cristiano dica con i suoi concreti atteggiamenti che non si può essere felici « da soli ». Egli si guarda attorno, per individuare le persone che possono aver bisogno della sua solidarietà. Può accadere che nel suo vicinato o nel suo raggio di conoscenze vi siano ammalati, anziani, bambini, immigrati che proprio di domenica avvertono in modo ancora più cocente la loro solitudine, le loro necessità, la loro condizione di sofferenza. Certamente l'impegno per loro non può limitarsi ad una sporadica iniziativa domenicale. Ma posto un atteggiamento di impegno più globale, perché non dare al giorno del Signore un maggior tono di condivisione, attivando tutta l'inventiva di cui è capace la carità cristiana? Invitare a tavola con sé qualche persona sola, fare visita a degli ammalati, procurare da mangiare a qualche famiglia bisognosa, dedicare qualche ora a specifiche iniziative di volontariato e di solidarietà, sarebbe certamente un modo per portare nella vita la carità di Cristo attinta alla Mensa eucaristica.
73. Vissuta così, non solo l'Eucaristia domenicale, ma l'intera domenica diventa una grande scuola di carità, di giustizia e di pace. La presenza del Risorto in mezzo ai suoi si fa progetto di solidarietà, urgenza di rinnovamento interiore, spinta a cambiare le strutture di peccato in cui i singoli, le comunità, talvolta i popoli interi sono irretiti. Lungi dall'essere evasione, la domenica cristiana è piuttosto « profezia » inscritta nel tempo, profezia che obbliga i credenti a seguire le orme di Colui che è venuto « per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore » (Lc 4, 18-19). Mettendosi alla sua scuola, nella memoria domenicale della Pasqua, e ricordando la sua promessa: « Vi lascio la pace, vi dò la mia pace » (Gv 14, 27), il credente diventa a sua volta operatore di pace.
Giuseppe Pasini, in "Credere oggi", 2/99, pp. 67-75:
1.Anno santo, anno di liberazione.
La prima grande parola, che risuona nell'anno santo è liberazione.
Scaturisce dal filone più antico del giubileo biblico: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti: sarà per voi un giubileo» (Lv 25,10). Nella lettera apostolica Tertio Millenio Adveniente (TMA), il Santo Padre spiega il significato teologico di questo comando:
Una delle conseguenze più significative dell'anno giubilare era la generale emancipazione di tutti gli abitanti bisognosi di liberazione. Gli israeliti non potevano rimanere per sempre in una situazione di schiavitù, dato che Dio li aveva riscattati per sé, come esclusiva proprietà, liberandoli dalla schiavitù in Egitto (TMA 13).
La dimensione della liberazione è rimasta caratteristica centrale anche nella celebrazione ecclesiale degli anni santi, che ricordano la nascita del Salvatore e la sua definitiva e universale redenzione. La TMA lo sottolinea con forza:
Il giubileo per la chiesa è... l'anno di grazia, anno della remissione dei peccati e delle pene per i peccati, anno della riconciliazione tra i contendenti, anno di molteplici conversioni e di penitenza sacramentale ed extra sacramentale (TMA 13).
A questo impegno essenziale del perdono giubilare è legata anche la tradizione della Porta santa che viene aperta nelle basiliche maggiori all'inizio del giubileo e attraverso la quale passano i pellegrini. E’ Cristo con la sua misericordia che dà significato a questa porta: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo: entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9). Forse la pur doverosa accentuazione della dimensione spirituale e sacramentale rischia di lasciare un po’ in ombra la ricaduta sociale della liberazione. E compito educativo della chiesa aiutare i fedeli anzitutto accogliere sotto il profilo teologico-pastorale l'orizzonte globale della liberazione cristiana e inoltre a individuare le urgenze storiche di liberazione che salgono dall'umanità.
Certamente l'obiettivo primo della redenzione è la liberazione dalla schiavitù radicale del peccato, «ma essa comporta di conseguenza la liberazione dalle molteplici schiavitù di ordine culturale, economico, sociale, politico, che in definitiva derivano tutte dal peccato e costituiscono altrettanti ostacoli che impediscono agli uomini di vivere in conformità alla loro dignità». Di fatto la storia del popolo di Dio è tutta una storia di atti di amore che liberano (Esodo).
Quanto a Gesù, nella vita pubblica lo vediamo impegnato a liberare da tutto ciò che degrada l'uomo e la sua dignità. Libera dall'egoismo e dall'ingiustizia (Zaccheo, Lc 19); dall'emarginazione (i lebbrosi, Mt 8); dalla solitudine (il cieco nato, Gv 9,1); dalla dipendenza (il paralitico, Gv 6); dalla vergogna (emorroissa, Mt 9,18); dalla fame (Gv 6); dalla paura (la tempesta sul lago, Mt 14,22); dalla malattia (Mc 1,32); dalla morte (Lazzaro, Gv 16).
La preoccupazione di assicurare una presentazione corretta e responsabilizzante della liberazione cristiana, si può cogliere anche dal documento della CEI che ha accompagnato la comunità ecclesiale italiana nel corso del presente decennio:
Dobbiamo avere sicura coscienza che il Vangelo È il più potente e radicale agente di trasformazione e di liberazione della storia... E importante realizzare un genuino rapporto tra carità e giustizia nell'impegno sociale del cristiano, superando pigrizie e preconcetti che ancora da opposte sponde introducono fra queste una fallace alternativa.
L’amore di Gesù mette in moto le persone, le rende attive, le cambia dentro aiutandole a scoprire le cause del disagio e facendole promotrici del loro sviluppo e della loro liberazione. Gesù aiuta, ma non fa assistenzialismo. Gesù è padre, ma non paternalista.
Concretamente si rende necessario recuperare all'interno della comunità cristiana la coscienza dello stretto legame esistente tra carità e giustizia. Ci sono ancora troppi cristiani - e probabilmente anche sacerdoti, religiosi e religiose - convinti di poter attuare il comandamento evangelico della carità con qualche atto sporadico di liberalità o con qualche ora di volontariato agli anziani, agli handicappati e non si fanno scrupolo di rientrare nelle file foltissime di evasori che ogni anno sottraggono al fisco globalmente 250.000 miliardi, riducendo in tal modo la possibilità di necessari investimenti, mortificando i servizi sanitari, sociali, scolastici, sacrificando l'area dei diritti delle persone. Evidenziare il legame tra giustizia e carità - Paolo VI affermava che la giustizia è il primo gradino della carità - significa, ad esempio, concretamente:
abituarsi, come comunità cristiana, ad interrogarsi sui processi e sulle cause che generano povertà ed esclusione sociale, e considerare esercizio di carità l'impegno per invertire tali processi e rimuovere le cause soprattutto strutturali delle disuguaglianze;
accentuare l'intervento di «prevenzione» rispetto a quello riparatorio, e tutto questo non tanto per motivi di risparmio economico (un giovane in carcere costa allo Stato, cioè a tutti, almeno 500.000 mila lire al giorno) quanto per rispetto alla dignità della persona e per salvaguardarla dal degrado morale.
Una tale accentuazione implica anche di conseguenza una verifica sulla collocazione dei nostri servizi caritativi, e una diversa formazione e valorizzazione delle risorse umane. In questa prospettiva di liberazione nella giustizia appare particolarmente necessaria in questo momento storico, una rivalutazione della presenza dei laici in politica. E’ solo a quel livello infatti che è possibile garantire a tutti, quindi anche alle fasce più deboli, alcuni diritti fondamentali; ed è a quel livello che si può incidere su un modello di «Stato sociale» che non privi di precisi servizi essenziali, a livello di sanità, assistenza, istruzione, quanti, nel libero gioco delle forze del mercato, rischiano di soccombere alle logiche della competitività. Naturalmente è doveroso dare all'impegno politico un orizzonte aperto. La politica è vocazione comune: siamo tutti chiamati a sviluppare questa «esigente» forma di servizio all'uomo e tutti dobbiamo sentirci responsabili:
i semplici cittadini, impegnati, ciascuno per la sua parte, a sviluppare un costume di rispetto della legalità, di trasparenza nei rapporti, di apporto alla spesa sociale sulla base della propria capacità contributiva, di partecipazione attiva alla vita pubblica...;
gli operatori dei servizi sociali, impegnandosi a sviluppare la propria mansione, in termini di efficienza e di efficacia, con spirito di servizio ed evitando qualsiasi forma di discriminazione e di preferenza;
i politici attivi e gli amministratori eletti dai cittadini, chiamati a perseguire sempre ed esclusivamente il bene comune.
Infine la chiesa è chiamata ad annunciare la liberazione nella prospettiva della giustizia, denunciando coraggiosamente le forme moderne di schiavitù che vanno sviluppandosi sotto la spinta dell'egoismo e del profitto. Si pensi allo strozzinaggio a danno dei profughi e degli immigrati che tentano di approdare alle coste italiane, dopo aver attraversato l'Adriatico, pigiati dentro le famose «carrette del mare»; si pensi al giro inverecondo di affari che prosperano attorno all'organizzazione del «turismo sessuale», o al mercato di organi di bambini sottratti alle loro famiglie e venduti a mercanti senza scrupoli. Ma oltre alla doverosa denuncia di ogni forma di schiavitù, la chiesa è chiamata ad annunciare e, in positivo, la liberazione integrale dell'uomo attraverso forme di «servizio», che rivelano il suo rispetto per ogni persona.
L’anno santo costituisce un'occasione preziosa per sviluppare ulteriormente iniziative significative fiorite negli ultimi anni e già operanti nel cuore della società italiana e, facendole diventare in termini ancora più accentuati, «segni comunitari» di carità cristiana. Ne ricordiamo due a puro titolo esemplificativo.
a) Fondazioni antiusura. Sono attive in una trentina di diocesi italiane e sono significative per vari motivi. Anzitutto costituiscono una delle forme moderne ed emergenti di povertà, investono anche persone e famiglie abituate a una condizione di dignitosa autonomia e si trovano improvvisamente precipitate in forme di gravissimo bisogno; interessano non solo regioni afflitte tradizionalmente da gravi sacche di povertà - padre Rastrelli, fondatore della prima fondazione antiusura, affermava qualche anno fa che Napoli è la capitale dell'usura, perché è la capitale della povertà -, ma anche regioni di consolidato benessere.
Inoltre costituiscono un'opportunità per quanti - credenti e non credenti - desiderano praticare la solidarietà non in termini assistenzialistici, ma di «esodo» dalla povertà, di vera liberazione.
Infine la presenza operante di queste iniziative può costituire un'occasione di educazione non solo al coraggio nel denunciare gli strozzini ma anche alla sobrietà e alla prudenza. Non va dimenticato infatti, che accanto a persone inguaiate nell'usura per cause non dipendenti dalla loro volontà, ce ne sono altre che hanno contratto debiti poi risultati insolvibili, per «motivi d'immagine», ad esempio per celebrare un matrimonio lussuoso, per organizzare il pranzo per la "prima comunione" che non facesse "sfigurare" di fronte agli altri, …
b) Organizzazioni di recupero di persone avviate alla prostituzione.
Lo sfruttamento della prostituzione, esistente da sempre, si è andato caratterizzando da alcuni anni, per quanto riguarda il nostro paese, dalla presenza di ragazze anche in giovanissima età "importate" dai paesi poveri e dai paesi dell'Est europeo. E’ proprio il caso di parlare di "importazione", realizzata in molti casi con l'inganno, con la violenza e con minacce di ritorsioni nei confronti dei familiari delle vittime, in caso di ribellione, di fughe o di denunce.
Varie iniziative sono sorte negli ultimi anni, da parte di gruppi, movimenti, realtà ecclesiali, per il recupero e il reinserimento di queste persone. L’iniziativa più significativa è, senza dubbio, la più recente, scaturita da una sinergia tra Caritas diocesane, congregazioni religiose femminili, movimenti di volontariato. La significatività, anche in questo caso è legata ad alcune circostanze:
anzitutto l'organizzazione è un fatto corale, che coinvolge organismi pastorali ufficiali, congregazioni di religiosi/e, laici;
inoltre si tratta di iniziative realizzate in un clima di comprensibile discrezione, senza "capifila", senza "primedonne": in sintesi una forma di carità di stile evangelico.
Le persone disponibili ad uscire dal giro vengono prima contattate, condotte per qualche tempo in una comunità religiosa lontana dalla città dove si praticava la prostituzione, aiutate a ritornare in patria, oppure a trovare un lavoro onesto presso famiglie o qualche azienda; infine un numero crescente di famiglie, opportunamente preparate, si sono rese disponibili ad offrire "lavori domestici" ed egualmente padroni di piccole e medie aziende hanno offerto la loro disponibilità a occupare queste persone e insieme a seguirle nella fase di reinserimento sociale e lavorativo.
2. Anno santo, anno di riconciliazione e di pace.
Una seconda grande parola del giubileo è riconciliazione. Il giubileo è un anno di grazia e di gioia prodotto dalla remissione delle colpe, dalla riconciliazione e dalla conversione. La riconciliazione con Dio suppone il riconoscimento delle nostre responsabilità, sia a livello individuale che a livello collettivo. C'è un legame misterioso che lega tra loro non solo i figli della chiesa oggi viventi, ma anche i cristiani attuali con quelli vissuti nei secoli passati.
E’ in rapporto a questo legame, che il Santo Padre chiede alla chiesa, affacciandosi al Terzo Millennio, di farsi carico del peccato dei suoi figli e anche delle loro colpe passate, con le quali hanno offerto al mondo, "anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano forme di anti testimonianza e di scandalo" (TMA 33). Non si tratta di ricorrere ad autoflagellazioni, per responsabilità poco percepite dalla coscienza attuale. Si tratta invece di guardare al passato, nell'intento di impostare un futuro diverso: "Purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi… riconoscere i cedimenti di ieri è atto di lealtà e di coraggio, che ci aiuta a rafforzare la nostra fede, rendendoci avvertiti e pronti ad affrontare le tentazioni e le difficoltà di oggi" (TMA 33).
In questa ottica la lettera apostolica in preparazione al giubileo, ripropone in particolare all'attenzione della chiesa tre lacerazioni che pesano tuttora sulla coscienza cristiana: la rottura dell'unità dei cristiani, che contraddice "apertamente alla volontà di Cristo e costituisce scandalo al mondo" (TMA 34) e l'insufficiente interiorizzazione "dell'ecclesiologia di comunione" (TMA 36) del concilio Vaticano Il; "l'acquiescenza manifestata a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio della verità" (TMA 35); "l'acquiescenza di non pochi cristiani di fronte alla violazione di fondamentali diritti umani da parte di regimi totalitari… e la corresponsabilità di tanti cristiani in gravi forme di ingiustizia e di emarginazione sociale" (TMA 36).
Si tratta di piste sempre attuali ai fini di un serio esame di coscienza e dell'individuazione di orientamenti per una presenza delle nostre chiese più fedele e più significativa.
a)Difficile recupero dell'unità delle chiese e nella chiesa. E’ appena il caso di ricordare che il cammino dell'ecumenismo non è solo problema dottrinale. E’ anche - e talvolta anzitutto - un problema di sentimenti, di stima reciproca, di disponibilità di dare e ricevere perdono, di dialogo sincero, di collaborazione su obiettivi comuni, a servizio dell'umanità, riguardanti la pace, la difesa dei diritti umani, la salvaguardia del creato, la solidarietà con i poveri. Numerose esperienze sviluppate in tal senso negli ultimi anni fra chiese cattoliche, protestanti e ortodosse, sia all'interno dei singoli paesi (ad esempio nell'accoglienza degli immigrati) sia in progetti di sviluppo attuati congiuntamente nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo, stanno a dimostrare che l'esercizio della carità verso il prossimo è fattore importante di unità. Egualmente, criterio decisivo di credibilità della chiesa nel mondo secolarizzato è la sua capacità di ricomporre lacerazioni al proprio interno, tra sacerdoti e laici, tra associazioni tradizionali e movimenti, tra famiglie cristiane. Se la chiesa non si muove verso l'unità, come potrà essere riconosciuta come portatrice di un messaggio di unità per il mondo intero? L’anno santo può costituire l'opportunità per perseguire due obiettivi funzionali a questo primo cammino:
anzitutto recuperare il dialogo, la collaborazione, la valorizzazione pastorale di quei fratelli, che per incidenti di percorso - Dio è giudice - sono stati isolati ed emarginati dalla comunità: sacerdoti che hanno lasciato il ministero, sposi divorziati o conviventi che vivono in una posizione di irregolarità, …;
inoltre ravvivare o rifondare quegli strumenti di comunicazione ecclesiale, costituiti dai consigli pastorali, dove tutti, secondo il carisma proprio di ciascuno, possono sentirsi soggetti attivi di comunità. I consigli pastorali sono strumenti, ma è bene ricordare la massima che "chi vuole il fine deve volere anche i mezzi".
b) Riconciliazione e promozione della pace e della nonviolenza. La promozione della pace costituisce un terreno sul quale storicamente la cristianità ha registrato una sproporzione tra le dichiarazioni di principio (il valore della pace) e l'attuazione di strategie coerenti ed efficaci per attuarle. Un terreno, si potrebbe dire, che ha registrato una debole capacità profetica della comunità cristiana nel suo insieme. Sia sufficiente richiamare alcune circostanze storiche:
l'abolizione della pena di morte è una proposta che è entrata solo recentissimamente nella dottrina della chiesa;
il bando delle mine antiuomo, che a tutt'oggi causano la morte di 800 persone al mese e l'inabilità di innumerevoli bambini, è una conquista degli ultimi mesi, ottenuta anche con il consenso della chiesa, ma non sotto la sua spinta determinante;
l'obiezione di coscienza al servizio militare, che pure ha fatto presa tra i giovani anche grazie al lavoro educativo della Caritas e di altri organismi pastorali, è stata accolta per anni con diffidenza in larghi strati del mondo cattolico e della stessa gerarchia;
si è puntato spesso il dito contro il commercio delle armi, ma non abbastanza contro la produzione di armi, che è alla radice del male. In un contesto di profitto è ovvio che le armi si producano per venderle e per guadagnarci. E il guadagno non manca, se nel corso del '98 la vendita delle sole armi pesanti ha fruttato 40.000 miliardi.
Questi e altri dati costituiscono ragioni sufficienti per giustificare la richiesta di perdono del Santo Padre. Naturalmente la richiesta di perdono ha senso se è seguita da cambiamenti.
Certo non mancano naturalmente nemmeno in questo campo le opportunità per le chiese locali di mostrare, in occasione del giubileo, la concreta volontà di pace. Ricordiamo a titolo esemplificativo:
una maggiore fermezza e chiarezza nel condannare ogni forma di guerra, senza riserve e "senza aggettivi", come giusta o ingiusta, mettendosi così in linea con il Santo Padre: "Invocherò la fine dei conflitti, fin quando non si capirà che con la guerra fallisce ogni vero umanesimo"(Messaggio giornata della pace '99);
un deciso impegno educativo per sviluppare nei giovani la "nonviolenza", come obiettivo e come metodo, promuovendo l'obiezione di coscienza al servizio militare ed educando alla nonviolenza a livello di comportamento quotidiano. Anche in questo campo il Papa insegna "Scegliere la vita, comporta il rigetto di ogni forma di violenza: povertà, fame, guerre, droga, inquinamento…" (Messaggio giornata della pace '99);
collaborare attivamente alla creazione e promozione dei "corpi di pace" previsti nelle risoluzioni dell'ONU, ossia di persone professionalmente preparate e motivate per operare per la riconciliazione tra le popolazioni delle varie zone del mondo in conflitto. La pace infatti non coincide con la cessazione delle violenze armate: è necessario un lavoro paziente per ricucire le lacerazioni degli animi.
c) Riconciliazione con i poveri. Una terza pista per dare contenuto alle grandi parole bibliche del giubileo, è la riconciliazione con i poveri. Può creare meraviglia questa sottolineatura della lettera apostolica di indizione dell'anno santo, dal momento che la chiesa nel corso dei secoli si è costantemente distinta per l'esercizio della carità nei confronti dei poveri, attraverso innumerevoli servizi. Si deve parlare di riconciliazione, soprattutto in rapporto alla doverosa collocazione dei poveri nella società e nella chiesa alla luce del Vangelo, paragonata con la condizione effettiva da essi sperimentata.
La collocazione dei poveri nella chiesa dovrebbe essere quella di tutti i cristiani: membri del corpo mistico di Cristo, su un piano di uguale dignità, di comunione piena vissuta nella reciprocità, di collaborazione attiva per la vitalità dell'insieme. Molto spesso invece, nel passato e anche nel presente, i poveri sono trattati come semplici "destinatari di aiuto e di assistenza", portatori di bisogni ma non "detentori" di valori, quasi membri di serie B, come collocati in un circuito esterno alla comunità, funzionale in certo senso ad essa agli effetti di consentirle l'esercizio della carità, ma raramente percepiti come "sacramento" di Cristo, dono di Dio alla sua chiesa. C'è quindi spazio di conversione e di riconciliazione, che in occasione del giubileo potrebbe concretizzarsi in alcuni itinerari:
verificare anzitutto il grado di ecclesialità dell'impegno caritativo, ossia il livello di coinvolgimento della chiesa nel suo insieme. C'è sempre il rischio che psicologicamente si attribuisca dignità pastorale ad alcuni servizi ecclesiali (ad esempio, alla catechesi e alla liturgia) mentre si deleghi a qualche gruppo di laici, "di più basso livello", l'esercizio della carità, svuotando quest'ultimo del valore di evangelizzazione;
questo squilibrio nella valorizzazione degli ambiti pastorali, si registra anche nella scelta delle persone che compongono le commissioni pastorali, a tutti i livelli, da quello parrocchiale a quello diocesano, a quello nazionale della CEI. Le commissioni che si occupano dei poveri e, più in generale, che si occupano della testimonianza della carità sono considerate meno importanti di quelle che si occupano della cultura, della catechesi, della scuola, della liturgia, ecc. Nella scelta dei componenti delle commissioni si crea una specie di gerarchia: alla carità e ai poveri viene lasciato l'ultimo posto. In tal modo però si capovolge la logica del Vangelo;
impegnarsi affinché i "poveri" passino dalla posizione di destinatari di aiuto a "soggetti" di chiesa, mettendoli perciò in condizione di esprimere nella comunità il loro pensiero, la loro sensibilità, le loro attese, e anzitutto consentendo loro di far parte degli organismi pastorali. Ne guadagnerà la credibilità della chiesa;
rivisitare infine le nostre presenze e i nostri servizi di carità, riqualificandoli nell'ottica della difesa dei diritti dei poveri e nella prospettiva dell'uscita dei poveri dalla condizione di povertà e di dipendenza. In sintesi, meno assistenzialismo, più promozione umana; meno terapia, più prevenzione.
ALTRI RIFERIMENTI:
Giovanni Paolo II – "Sollicitudo rei socialis" – 1987 – n°19.33.39.40.46.48.
CEI, Eucaristia – "Comunione e Comunità" – 1983 – n°28.
Giovanni Paolo II – "Centesimus annus" – 1991 – n°34.35.36.39.41.42.46.47.48.
Concilio Vaticano II – "Gaudium et spes" – 1965 – n°17.26.31.
O.Benzi – "Le fabbriche dei poveri partono dall’interno del cuore umano" – in: "Danaro e coscienza cristiana" – AA.VV. – EDB 1987 – pp. 131-141.
Scheda di spiritualità e mondialità
IL DEBITO INTERNAZIONALE: APPELLO DI "NIGRIZIA"
Nell'ottobre del 1996, la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale approvarono un programma di risanamento del debito estero degli 8-10 paesi più poveri. Ma sono 41 "quelli il cui reddito pro capite è il più basso: 600 milioni di uomini e donne che sopravvivono con appena un dollaro al giorno in nazioni i cui interessi sui debiti contratti con paesi terzi assorbono più della metà dell'export, impedendo perciò qualsiasi possibilità di sviluppo" ("Avvenire" 9/11/96).
Questo risanamento verrebbe finanziato con parte dei propri utili e con la vendita di parte dello stock d'oro della Banca Mondiale, delle banche regionali di sviluppo e dei paesi ad alto reddito. Ma sembra che ci siano già degli impedimenti alla realizzazione di questo programma: la Banca Africana ha fatto sapere di non essere in grado di contribuire, e diversi paesi del Nord, fra cui l'Italia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e la Finlandia, sono restii ad accettare questo programma.
Sempre nell'ottobre scorso mons. Monsengwo, vescovo congolese, durante una conferenza a Roma nell'ambito della Settimana per la pace organizzata dalla Comunità di S. Egidio, faceva notare il ciclo perverso dell'indebitamento al quale sono sottoposti i paesi più poveri, denunciando fra l'altro il fatto che buona parte dei capitali "prestati" in realtà non lasciano mai le banche dei creditori per varie ragioni: sia per coprire debiti precedenti o i loro interessi, sia per pagare servizi, materiale e personale occidentale impegnati in programmi di stato o di armamento, sia perché parte degli aiuti sono trasferiti in conti più o meno privati di rappresentanti dei paesi beneficiari. Poco o niente arriva realmente alla base. E, per colmo d'ironia, quei soldi sono "riciclati" due, tre, quattro volte in nuovi prestiti, gonfiando naturalmente il debito di questi paesi con lo stesso capitale, fenomeno tipico dell'usura più spietata.
È di dominio pubblico, inoltre, che i crediti concessi sono spesso utilizzati in modo non appropriato per incrementare l'armamento o semplicemente sviati dal loro utilizzo originale di risanamento dell'economia del paese a favore dei pochi che sono al potere e che appropriandosene per uso privato, li reinvestono nelle banche occidentali.
Alla luce di queste realtà unendoci all'appello di Giovanni Paolo II
Chiediamo alle autorità competenti:
A. di liberare dai debiti i 41 paesi più poveri, ADESSO e non fra tre o sei anni come proposto dal programma;
B. che i nuovi prestiti non siano utilizzati per pagare vecchi debiti, ma investiti per la lotta contro la povertà nei paesi beneficiari.
Chiediamo inoltre:
C. che venga istituita una commissione internazionale d'inchiesta, composta di rappresentanti di istituzioni intergovernative e di organizzazioni non governative, per raccogliere dati circa la destinazione e l'utilizzo dei prestiti concessi a governi sospettati di appropriazione indebita;
D. che le violazioni estese e reiterate del diritto allo sviluppo, riconosciuto come diritto umano individuale e collettivo dalla Dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1986 e dall'articolo 22 della Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli del 1986, siano inseriti nella lista dei "crimini contro l'umanità" e vengano pertanto perseguite dalla Corte penale internazionale permanente, di cui sollecitiamo la rapida costituzione.
E. Ci rivolgiamo infine al Tribunale permanente dei popoli perché indica una sessione speciale che giudichi sia delle responsabilità dei governi dei paesi del Sud in ordine alla gestione degli aiuti pubblici allo sviluppo, sia delle responsabilità dei governi dei paesi industriali del Nord in ordine alla destinazione e utilizzazione dei fondi pubblici per la cooperazione allo sviluppo.
BOSIO R., Una pietra al collo, lo scandalo dell’indebitamento dei paesi poveri, EMI, 1998, pp.93-95.
LA FIONDA DI DAVIDE
«Noi non incontriamo Gesù in un povero astratto», dice Chad Myers nel suo commento al Vangelo di Marco. «Il controllo che le nostre illusioni hanno su di noi, rafforzato dalle finzioni della nostra cultura borghese, è allentato solo quando noi incontriamo i volti umani e le voci delle vittime reali che intuiscono la verità imperiale. Ma noi, classe media del Nord siamo strutturalmente tagliati fuori dai poveri. La presenza storica dei poveri è sistematicamente repressa, distorta o mercificata nei mass-media imperiali». Noi possiamo incontrare Gesù solo nel povero concreto, non nel povero astratto o nelle statistiche.
Sono i volti delle vittime che ci richiamano alle nostre responsabilità. È quanto posso testimoniare vivendo a Korogocho, dove vivo adesso, una baraccopoli di cento mila baraccati. Lì incontro i volti e ascolto il grido delle vittime di questo impero. I volti di Njeri o Wangoi o Martin. I volti delle vittime che hanno toccato la mia vita e hanno fatto scattare qualcosa dentro di me. È questo che mi porta a gridare, a protestare.
Ed è proprio guardando i volti delle vittime, ascoltando il loro grido, che mi sono reso conto che sono vittime di un sistema economico. È un sistema di «apartheid economica» (è la definizione che ne dà il più grande quotidiano del Kenya, il Daily Nation). Ma è altrettanto apartheid economica a livello mondiale, dove il venti per cento del mondo possedendo l'ottanta per cento della ricchezza schiaccia e uccide i poveri. Un miliardo e 250 milioni di esseri inutili, dice la Banca Mondiale; 40 milioni all'anno di morti per fame, affermano le organizzazioni dell'Onu. I volti delle vittime sono il risultato di una tragedia colossale. Questo sistema economico -l’Impero del denaro- crea vittime a non finire.
Primato dell’economico?
Io non finirò mai di parlare di primato dell'economico. Oggi è l'economia, in fondo, che decide tutto. E soprattutto il primato dell'economico-finanziario: sono i soldi, il denaro, la finanza... sono questi enormi spostamenti di denaro che fanno soldi. Non è più il lavoro che fa soldi. E questo in barba a tutti gli Stati e a tutti i regolamenti. È il mondo del «virtuale», non del reale. Molto di questo passa attraverso i cosiddetti «processi bancari». Sappiamo molto bene che sono le banche che sostengono, tra l'altro, il riciclaggio del denaro sporco, le mafie, le tangenti a politici e amministratori, il traffico di armi e droga, i governi antidemocratici, lo sfruttamento dei Paesi impoveriti. Il problema grave del sistema bancario è proprio questa mancanza di trasparenza nell'operato degli istituti di credito, e forse il cuore di questa mancanza di trasparenza è proprio quel segreto bancario che è espresso così chiaramente in un Paese come la Svizzera, emblematico dell'attuale sistema.
I fiumi di denaro che alimentano il sistema finanziario svizzero sono di tre tipi: il denaro pulito, solo il venti per cento del totale, frutto di transazioni lecite, regolari; il denaro grigio, per un valore di 300 mila miliardi di lire, che proviene dall'evasione fiscale di Francia, Italia, Germania, Nord-Europa o dalle sottrazioni fraudolente di molti capi di Stato del Sud del mondo; il denaro nero e sporco, di gran lunga il più importante. Ogni anno le banche svizzere camuffano, lavano, investono milioni di dollari che costituiscono il bottino delle reti internazionali del traffico di droga, delle armi, delle altre attività criminali, corruzione politica compresa. È questo il cuore del sistema: questo primato dell'economico, dell'economico-finanziario.
Fionda di Davide – Banca Etica
Davanti a tutto questo ognuno di noi potrebbe sentirsi impotente. Dopo il peccato dell'idolatria, penso che il peccato più grave per tutti noi sia quello dell'impotenza, del sentirsi impotenti davanti ad un Golia economico. È vero che ci si può sentire come il giovane Davide che lottava contro il gigante Golia. Eppure, come Davide ha sfidato Golia e lo ha vinto, così anche noi, ne sono profondamente convinto, possiamo sfidare con la fionda di Davide il Golia imperial-finanziario. Lo possiamo sfidare proprio con la fionda di Davide. Coniugando i valori in cui crediamo con le scelte quotidiane e, se siamo credenti, coniugando i valori evangelici con le nostre scelte.
In questo contesto economico-finanziario, nel quale le banche sembrando giocare un ruolo incredibile, ritengo che la Banca Etica sia una stupenda fionda di Davide. Dobbiamo fare di tutto perché questa possa nascere e svilupparsi. Guai a noi se questo esperimento dovesse fallire. Per questo mi appello a tutti, soprattutto a tutte le forze della Chiesa, a tutte le forze missionarie. Io so quanti soldi le Curie delle varie diocesi in Italia hanno depositato in banca. Perché non investirli nella Banca Etica? E so quanti soldi gli istituti missionari fanno girare. Perché non investirli in questa? Ritengo davvero fondamentale che tutti diamo una mano perché questa scommessa possa vincere. Ma questo non è il solo modo per sfidare il Golia imperiale. Ritengo importante sottolineare anche il ruolo delle Mag, «banche» legate al commercio equo e solidale. Mi auguro che la sfida divenga anche scelta di Consigli comunali, sull'esempio di quello di Fano, che si impegna sia sulla Banca Etica sia sul commercio equo e solidale (delibera del 18/10/95).
È importante anche darsi da fare per far nascere un'opinione pubblica che domandi, per esempio, l'abolizione del segreto bancario. Penso che se riuscissimo a togliere il segreto bancario potremmo avere tanta più trasparenza. Sarebbe una vittoria etica di enorme importanza. È chiaro che tutto questo sembra essere qualcosa di impossibile oggi: può nascere soltanto dal basso, attraverso una forma di «pulizia mentale». Mi sono molto meravigliato che, in questa Italia che ha avuto la grazia dell'operazione «Manipulite», non sia nata dal basso un'ondata etica o di pulizia che portasse poi a galla volti nuovi, espressione di gente pulita, di una base che vuole trasparenza a tutti i livelli nelle istituzioni pubbliche.
Tutto questo potrebbe sembrare temerarietà. Ma c'è bisogno proprio di temerarietà se vogliamo affrontare il gigante imperiale. E come affermava un grande resistente danese contro Hitler, il pastore Kaj Munk, ucciso come un cane dai nazisti nel 1944: «Quale dunque il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere Fede, Speranza, Carità? Sembra una bella risposta. Ma vorrei dire piuttosto coraggio. Ma neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l'intera verità. Il nostro compito oggi è la temerarietà, perché ciò di cui noi, come Chiesa, manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura, quello che a noi manca è una santa collera».
La santa collera, la temerarietà che scaturisce dalla conoscenza di Dio e dell'umanità. La capacità di indignarsi quando la giustizia è bandita e la menzogna furoreggia sulla faccia della Terra.
La capacità di indignarsi quando il sistema economico-finanziario è capace di sacrificare oltre un miliardo di persone. Quando al Moloch del libero mercato e delle banche si immolano quaranta milioni di vittime l'anno. E allora diventano veramente provocatorie le parole di Kaj Munk: «I simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba, il pesce, ma mai il camaleonte».
CATTANEO A.-CINCERA M. (a cura di), Capitali coraggiosi, verso la Banca Etica, ALFAZETA,1996, pp.107-110.
"Operazione bilanci di giustizia"
«Quando l'economia uccide bisogna cambiare", era il motto del 5° incontro programmato dai "Beati i costruttori di pace" nell'Arena di Verona ("Arena 5", del 19 settembre 1993). Ma cosa cambiare? La proposta concreta lanciata nella manifestazione è stata questa: cambiare i bilanci familiari, perché siano sempre più "bilanci di giustizia". Ecco allora 1’ "Operazione bilanci di giustizia" e l’omonimo libretto distribuito in 12.000 copie nel corso della manifestazione. Riportiamo di seguito alcuni stralci della presentazione dell'iniziativa contenuta nel libretto.
Presentazione
In occasione dell'incontro "Arena 5" del 19 settembre 1993, sul tema dell’economia, "Beati i costruttori di pace" presentano con questo documento una proposta di Revisione dei bilanci familiari indirizzata sia ai nuclei già sensibilizzati ai temi sociali e ambientali (offrendo alcuni spunti di applicazione pratica delle loro scelte), sia a potenziali nuovi soggetti che potrebbero trovare in questa "guida" e nelle persone di riferimento un supporto per sperimentare uno stile di vita revisionato.
La Proposta
L'idea di partenza è molto semplice. Il nucleo familiare (o singolo o comunità) dovrebbe rivedere i propri consumi, operazione comunemente fatta solo su valutazioni economiche, e decidere quali di questi sono incompatibili con i propri valori di riferimento e con un modello sostenibile di sviluppo. Naturalmente la possibilità di incidere sui modelli economici dominanti è data dal collegamento di tanti nuclei nella medesima azione.
Le finalità
Nel suo insieme la proposta persegue le finalità di:
- modificare la struttura dei consumi di un Paese "ricco" per raggiungere un modello di consumo più giusto soprattutto nei confronti del Sud del mondo;
- migliorare la qualità della vita nel nostro Paese eliminando, sostituendo o riducendo i consumi dannosi per le persone e per l'ambiente;
- orientare i consumi familiari del Nord verso un modello di "società a basso uso di energie" e spingere enti pubblici e imprese a "spostarsi" verso fonti di energia rinnovabili;
- incanalare risorse economiche per il finanziamento, anche al Nord, di iniziative ad alto valore sociale (risparmio etico);
- promuovere la creazione di una società multiculturale e multirazziale;
- proporsi di incidere in modo concreto sui meccanismi economici dominanti anche attraverso la sperimentazione di consumi e meccanismi economici alternativi (ad es. Commercio Equo e Solidale, Mag, ecc.).
I contenuti
Molte delle finalità dell'operazione possono essere ricondotte, pur nei loro termini più concretamente economici, agli scopi perseguiti da altre organizzazioni, quali le associazioni e i movimenti ambientalisti, il movimento per la pace, le organizzazioni non governative per lo sviluppo, i gruppi che operano nel volontariato e per la solidarietà, ecc.. La pratica coincidenza di fini, lungi dall'alimentare conflitti e concorrenze, potrà stimolare scambi e collaborazioni di cui è superfluo sottolineare l'importanza. Un accurato impiego dei "bilanci" dovrebbe permettere di contribuire in modo "trasversale" a molti dei movimenti che perseguono una alternativa. Il contatto con molte e diverse realtà, dovrebbe permettere ai nuclei familiari aderenti di osservare da vicino gli aspetti più dinamici della società italiana.
La proposta non mette in discussione le "entrate" dei singoli membri in quanto "produttori" (sia autonomi che dipendenti) e nemmeno le spese di grandi dimensioni effettuate raramente (ad esempio l'acquisto di una casa). L'obiettivo è invece quello di modificare la struttura dei consumi correnti, quotidiani, perché "cambiare la vita" possa diventare un impegno verificato costantemente e perché molti meccanismi economici possano convertirsi in una equa organizzazione economica alimentati e giustificati dalle piccole scelte giornaliere.
Il "bilancio di giustizia" non consiste quindi nel quantificare tutte le entrate e le uscite del nucleo familiare, ma soltanto nell'evidenziare le voci di spesa per le quali si è deciso di operare un risparmio o uno spostamento dei consumi e i relativi investimenti "di giustizia". Lo strumento base di tale operazione è il bilancio familiare che ogni nucleo dovrà compilare, decidendo in primo luogo su quali voci "in uscita" intende agire e in secondo luogo qual è il tipo d'intervento che intende operare. ( ... )
Ogni riduzione o sostituzione di prodotto consumato, ogni impiego alternativo delle risorse resesi disponibili diventano, per i nuclei familiari aderenti all'iniziativa, l'occasione di entrare in contatto o di partecipare in modo concreto a delle campagne o a dei movimenti da tempo attivi in Italia. Le cooperative per il risparmio etico (Mag) presenti ormai in molte regioni, le attività per il Commercio Equo e Solidale (botteghe Ctm, Commercio Alternativo, Ram), le associazioni per le adozioni a distanza di bambini di altri Paesi (ad esempio "Salaam, ragazzi dell'olivo"), sono solo alcuni degli esempi concreti di collegamento e collaborazione che i nuclei familiari aderenti possono realizzare. ( ... )
L'adesione dovrà essere comunicata ai referenti di zona. Ogni mese dovrà essere consegnato in copia il bilancio riempito, anche se non completo o con eventuali errori. I responsabili di zona saranno disponibili per fornire informazioni o chiarimenti ( ... ).
Per sua natura l'iniziativa richiede tempi lunghi di attuazione; l'impegno dovrà essere almeno triennale poiché è probabile che le adesioni si diffondano lentamente in ogni zona ed è necessario superare certi livelli quantitativi degli "spostamenti" dei consumi prima di poter valutare l'incidenza reale sui meccanismi economici. Almeno ogni sei mesi dovrà essere elaborata una valutazione dei progressi realizzati; la presentazione al pubblico di tali dati costituirà una occasione per richiamare l'attenzione sull'iniziativa.
BATTISTELLA G., Nuovi stili di vita, EMI, 1995, pp.255-257.
"Sud/NorD Nuove Alleanze per la Dignità del Lavoro":
DICHIARAZIONE FINALE della Conferenza Internazionale.
Noi, delegati del Sud e del Nord, in rappresentanza di organizzazioni sindacali, di associazioni per i diritti umani, di organizzazioni per la cooperazione internazionale, di associazioni del commercio equo e solidale, di associazioni di consumatori, di Chiese, di associazioni per i diritti dei minori, di associazioni per i diritti delle donne, di associazioni ambientaliste, a conclusione dell'Incontro che abbiamo tenuto a Pisa l’1-2-3 ottobre 1995 sul tema "Nuove alleanze per la dignità del lavoro" dichiariamo:
1. Nel momento in cui l'economia mondiale si sta integrando sotto il dominio di grandi multinazionali che sfuggono a qualsiasi controllo e a qualsiasi regolamentazione sociale, riconosciamo l'urgenza di rinsaldare i legami fra forze sindacali e sociali del Sud, del Nord e dell'Est del mondo per riuscire a programmare azioni comuni in difesa dei fondamentali diritti umani, sociali, economici e ambientali, che in tutto il mondo sono sempre più calpestati.
2. Riconosciamo che l'informazione e la possibilità di poter comunicare rapidamente sono due condizioni di fondo per poter costruire valide alleanze internazionali e per poter organizzare prontamente iniziative a difesa della dignità umana nell'ambito del lavoro. Per questo ci impegneremo per rafforzare i collegamenti fra le organizzazioni del Sud e del Nord e dell'Est, utilizzando tutti i mezzi possibili, compresi quelli più moderni della telematica.
3. Mentre confermiamo l’insostituibilità della contrattazione collettiva e dello sciopero, ribadiamo la necessità di utilizzare anche altre forme di pressione sulle imprese come le campagne di lettere, le campagne di stampa, le azioni attraverso i1 consumo e il risparmio.
Riconosciamo che le campagne di consumo sono particolarmente efficaci perché provocano un danno economico alle imprese. Per questo ci impegneremo per fare aumentare la sensibilità sociale dei consumatori e dei lavoratori, per rafforzare le reti del commercio equo e solidale, per introdurre i marchi di garanzia sociale. Ma ci impegneremo anche ad approfondire altre forme più potenti di condizionamento delle imprese, come il boicottaggio, per capire come si possono utilizzare senza provocare effetti indesiderati sui lavoratori.
4. Pretendiamo che le multinazionali adottino codici di condotta completi e controllati democraticamente. Ribadiamo che i codici di condotta possono avere un impatto positivo solo se sono concordati con le forze sindacali e se le multinazionali si sottopongono al controllo di commissioni indipendenti formate da sindacati ed altre organizzazioni non governative.
5. Riconosciamo che è fondamentale indurre i governi di tutto il mondo a garantire gli standard minimi di lavoro e ci impegneremo per trovare degli strumenti internazionali di natura istituzionale capaci di esercitare pressione sui governi inadempienti, evitando tuttavia il rischio di sottoporre i paesi del Sud a forme di ricatti o di strumentalizzazioni da parte dei paesi del Nord.
6. Riconosciamo, infine, che mentre dobbiamo impegnarci nel quotidiano per difendere e ripristinare i fondamentali diritti lesi, nello stesso tempo dobbiamo impegnarci in un progetto più ampio per la costruzione di un nuovo modello economico che non veda più il commercio come un fine in se stesso, ma come un mezzo per garantire a tutti gli abitanti della terra una vita più dignitosa.
CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, Sud-Nord, nuove alleanze per la dignità del lavoro, EMI, 1996, pp. 133-134.
Bibliografia
. AA.VV., Banca etica l’interesse di tutti, supplemento al n. 5-09/95 di «Altrafinanza», Ed. CTM-Mag Servizi, Padova.
. AA.VV., Il futuro che ci unisce, EMI, 1996.
. AA.VV., Guida al consumo critico, EMI, 1996.
. DAVICO L., Solidarietà, Macroedizioni, 1992.
. GAUDIO A., Cooperazione inganno dei poveri, EMI, 1993.
. ZANOTELLI A., Inno alla vita, il grido dei poveri contro il vitello d’oro, EMI, 1998, pp. 27-33.
. LORENZETTI L., La banca nel sistema economico occidentale, in Rivista di Teologia Morale n. 59, 1993.
Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata della Pace: 1° GENNAIO 1998.
"DALLA GIUSTIZIA DI CIASCUNO NASCE LA PACE PER TUTTI":
Globalizzazione nella solidarietà
3. I vasti mutamenti geo-politici succedutisi dopo il 1989 sono stati accompagnati da vere rivoluzioni nel campo sociale ed economico. La globalizzazione dell'economia e della finanza è ormai una realtà e sempre più chiaramente si vanno raccogliendo gli effetti dei rapidi progressi legati alle tecnologie informatiche. Siamo alle soglie di una nuova era, che porta con sé grandi speranze ed inquietanti interrogativi. Quali saranno le conseguenze dei cambiamenti in atto? Potranno tutti trarre vantaggio da un mercato globale? Avranno finalmente tutti la possibilità di godere della pace? Le relazioni tra gli Stati saranno più eque, oppure le competizioni economiche e le rivalità tra popoli e nazioni condurranno l'umanità verso una situazione di instabilità ancora maggiore?
Per una società più equa, per una pace più stabile in un mondo in cammino sulla strada della globalizzazione, è compito urgente delle organizzazioni internazionali contribuire a promuovere il senso di responsabilità per il bene comune. Ma per giungere a ciò è necessario non perdere mai di vista la persona umana, che deve essere posta al centro di ogni progetto sociale. Solo così le Nazioni Unite possono diventare una vera «famiglia di Nazioni», secondo il loro originario mandato di «promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà» (8). È questa la strada per costruire una Comunità mondiale basata sulla «fiducia reciproca, sul sostegno vicendevole, sul rispetto sincero» (9). La sfida insomma è quella di assicurare una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione. Ecco un evidente dovere di giustizia, che comporta notevoli implicazioni morali nell'organizzazione della vita economica, sociale, culturale e politica delle Nazioni.
Il pesante fardello del debito estero
4. Nazioni ed intere regioni del mondo, a causa del loro fragile potenziale finanziario o economico, rischiano di essere escluse da un'economia che si globalizza. Altre hanno maggiori risorse, ma non possono purtroppo trarne vantaggio per diversi motivi: disordini, conflitti interni, mancanza di strutture adeguate, degrado ambientale, diffusa corruzione, criminalità ed altre ragioni ancora. La globalizzazione va coniugata con la solidarietà. Si devono, pertanto, stanziare aiuti speciali, grazie ai quali Paesi che, con le sole loro forze, non sono in grado di entrare con successo nel mercato globale, possano superare la loro attuale situazione di svantaggio. È cosa che si deve ad essi per giustizia. In un'autentica «famiglia di Nazioni», nessuno può essere escluso; al contrario, è il più debole, il più fragile che va sostenuto, perché possa sviluppare appieno le proprie potenzialità.
Il mio pensiero va qui ad una delle maggiori difficoltà a cui le Nazioni più povere devono oggi far fronte. Intendo riferirmi al pesante fardello del debito estero, che compromette le economie di Popoli interi, frenando il loro progresso sociale e politico. Al riguardo, recenti iniziative delle istituzioni finanziarie internazionali hanno posto in essere un importante tentativo di coordinata riduzione di tale debito. Auspico di cuore che si continui ad avanzare su questo cammino, applicando con flessibilità le condizioni previste, in modo che tutte le Nazioni aventi diritto possano trarne vantaggio prima dell'anno 2000. Molto potranno fare in tal senso i Paesi più ricchi, offrendo il loro sostegno nell'attuazione delle iniziative menzionate.
La questione del debito fa parte di un problema più vasto: quello del persistere della povertà, talvolta anche estrema, e dell'emergere di nuove disuguaglianze che accompagnano il processo di globalizzazione. Se l'obiettivo è una globalizzazione senza marginalizzazione, non si può più tollerare un mondo in cui vivono a fianco a fianco straricchi e miserabili, nullatenenti privi persino dell'essenziale e gente che sciupa senza ritegno ciò di cui altri hanno disperato bisogno. Simili contrasti sono un affronto alla dignità della persona umana. Non mancano certo mezzi adeguati per eliminare la miseria, quali la promozione di consistenti investimenti sociali e produttivi da parte di tutte le istanze economiche mondiali. Ciò tuttavia suppone che la Comunità internazionale intenda agire con la necessaria determinazione politica. Passi lodevoli in questa direzione sono già stati fatti, ma una soluzione duratura richiede lo sforzo concertato di tutti, incluso quello degli stessi Stati interessati.
Urge una cultura della legalità
5. E che dire delle gravi ineguaglianze esistenti all'interno delle Nazioni? Situazioni di povertà estrema, dovunque si manifestino, costituiscono la prima ingiustizia. Eliminarle deve rappresentare per tutti una priorità sia a livello nazionale che internazionale.
Non si può, poi, sottacere il vizio della corruzione, che mina lo sviluppo sociale e politico di tanti popoli. È un fenomeno crescente, che si insinua insidiosamente in molti settori della società, beffandosi della legge ed ignorando le norme di giustizia e di verità. La corruzione è difficile da contrastare, perché assume molteplici forme: soffocata in un'area, rinasce talora in un'altra. Occorre coraggio anche solo per denunciarla. Per stroncarla poi si richiede, insieme con la volontà tenace delle Autorità, il sostegno generoso di tutti i cittadini, sorretti da una forte coscienza morale. Una grande responsabilità in questa battaglia ricade sulle persone che hanno cariche pubbliche. È loro compito impegnarsi per l'equa applicazione della legge e la trasparenza in tutti gli atti della pubblica amministrazione. Posto al servizio dei cittadini, lo Stato è il gestore dei beni del popolo, che deve amministrare in vista del bene comune. Il buon governo richiede il controllo puntuale e la piena correttezza di tutte le transazioni economiche e finanziarie. In nessuna maniera si può permettere che le risorse destinate al bene pubblico servano ad altri interessi di carattere privato o addirittura criminoso. L'uso fraudolento del denaro pubblico penalizza soprattutto i poveri, che sono i primi a subire la privazione dei servizi di base indispensabili per lo sviluppo della persona. Quando poi la corruzione si infiltra nell'amministrazione della giustizia, sono ancora i poveri a portarne più pesantemente le conseguenze: ritardi, inefficienze, carenze strutturali, assenza di un'adeguata difesa. Sovente ad essi non resta altra via che subire il sopruso."
Testi per comprendere:
"Liberi e fedeli in Cristo" – B.Haring – vol. III: cap.VII (l’etica …) – Paoline 1987.
"Liberi e fedeli in Cristo" – B.Haring – vol. III: cap.VIII (l’etica della politica) – Paoline 1987.
"Piccolo è bello" – E.F.Schumacher – Milano 1976 – pag.296:
"Vi è perfetta libertà soltanto nel servizio della verità; e purtroppo anche coloro che oggi ci domandano di ‘liberare la nostra immaginazione dallo schiavo conformismo al sistema esistente' evitano di indicare la via per riconoscere la verità".
"Il martire oggi" Per una teologia della giustizia – G.Bof – Paoline 1999.
Articoli …:
"Il debito estero oggi" – J.Gorosquieta – in "Civiltà Cattolica" – 5 giugno 1999 –pagg. 464-476.
ARTICOLI in preparazione alla Conferenza Generale scj = ECONIMIA E REGNO DI DIO:
Le cause e le conseguenze sociali dell'indebitamento dei paesi in via di sviluppo.
La fenomenologia del debito, di R.Moro.
L'origine della crisi
Quando si parla del problema del debito internazionale ci si riferisce alla forte esposizione debitoria dei Paesi in via di sviluppo verso creditori stranieri. Questo problema nasce con la prima crisi petrolifera del 1973. In quell'anno il prezzo del petrolio venne quadruplicato. Questo fece affluire una grandissima quantità di denaro nelle casse dei paesi produttori, i quali si trovarono con una liquidità largamente superiore al fabbisogno e alla capacità di spesa interna. La grandissima liquidità in esubero (i cosiddetti petrodollari) venne collocata, attraverso le grandi banche d'affari internazionali, sul mercato finanziario mondiale e venne in particolare offerta ai Paesi in via di sviluppo, assetati di nuovi investimenti per creare infrastrutture per lo sviluppo.
In quelle condizioni indebitarsi era molto conveniente. I petrodollari avevano abbassato i tassi di interesse (più denaro è disponibile, più bassi saranno i prezzi, cioè gli interessi, che le banche chiederanno pur di collocarlo tra gli operatori) e contemporaneamente lo shock petrolifero aveva generato inflazione in tutto il mondo. In qualche caso l'inflazione superò i tassi di interesse, determinando tassi di interesse reali negativi. I Paesi in via di sviluppo, invitati ad indebitarsi, risposero prontamente.
In occasione della seconda crisi petrolifera del 1979, i prezzi del greggio rincararono addirittura di venti volte, spingendo verso l'alto con nuova forza l'inflazione nei paesi consumatori di petrolio, cioè, in tutti i paesi del mondo, industrializzati e in via di sviluppo. Questa volta, però, la presenza sui mercati finanziari di nuova liquidità da collocare non tenne bassi i tassi di interesse, perché negli Usa e in Gran Bretagna si stavano affermando le tesi neoliberiste dei monetaristi. Ronald Reagan e la signora Thatcher sposarono infatti le tesi di Milton Friedman e dei suoi seguaci, secondo i quali il male peggiore dell'economia è l'inflazione, che dipende strettamente dalla quantità di moneta in circolazione all'interno di una nazione. Secondo i monetaristi maggiore è la quantità di moneta disponibile e maggiore sarà la domanda di beni di consumo; alla maggiore domanda di consumi i produttori rispondono con aumenti di prezzo, cioè con inflazione; per combattere l'inflazione occorre quindi ridurre la quantità di moneta, e a questo risultato si giunge tenendo alti i tassi di interesse per rendere costoso il detenere moneta da usare per acquisti.
Per i paesi debitori questo fu particolarmente gravoso, perché i contratti erano stati sottoscritti a tassi variabili e da una fase iniziale di tassi di interesse annuali inferiori al 10% ci si trovò a pagare ogni anno interessi anche superiori al 30%. Ma i Paesi in via di sviluppo, sia pure con fatica, riuscirono a far fronte all'aumento dei tassi. ciò che li mise in ginocchio fu l'impennata del dollaro.
Tra il 1979 e il 1982 la divisa americana aumentò il proprio valore rispetto a tutte le altre valute, fenomeno senza precedenti nella storia dell'economia. In Italia il dollaro passò da un valore di circa 500 lire nel 1978 a 2200 nel 1982. Per le monete del Sud del mondo l'aumento fu incommensurabilmente più elevato. Si pensi che in Brasile, ad esempio, l'apprezzamento del dollaro rispetto alla valuta nazionale fu in un solo anno del 1500 per cento!
I prestiti erano stati sottoscritti in dollari e questo rese proibitivo il servizio del debito. Un paese che si fosse indebitato per 100 milioni di dollari con un cambio della propria moneta rispetto al dollaro di 1 a 1 (1$ = 1 peso): questo poteva aver programmato un servizio del debito di 10.000 dollari = 10.000 pesos annui (il servizio del debito è la somma degli interessi e della rata di restituzione del capitale). Supponiamo un tasso di interesse del 5%, cioè 5.000 dollari/pesos, e una rata di restituzione del capitale di 5.000 dollari/pesos. Con l'aumento dei tassi di interesse passiamo dal 5% al 25% che significa da 5.000 a 25.000 dollari! Ma con l'apprezzamento del dollaro il cambio passa da 1$ = 1 peso a 1$ = 10 pesos. I 5.000 dollari di rata di restituzione del capitale diventano 50.000 pesos e i 25.000 dollari di interesse 250.000 pesos. Il servizio del debito è diventato di 300.000 pesos l'anno!!! Una cifra tre volte superiore non al servizio del debito precedente ma addirittura al valore in pesos del denaro prestato.
Nessuno può restituire né servire debiti di questa entità e nell'estate del 1982 il Messico dichiarò la propria insolvenza aprendo così la crisi dei Paesi in via di sviluppo.
Le cause collaterali
Altri fattori si composero a queste dinamiche, fattori che vedono responsabilità anche in chi operava nel mercato finanziario e nelle classi dirigenti di molti paesi del Sud.
Innanzi tutto in molti casi, soprattutto dopo il 1978, molti Paesi in via di sviluppo vennero spinti a sottoscrivere prestiti quando era ampiamente prevedibile che l'onere del servizio del debito era largamente superiore alle loro capacità di restituzione. Ma gli operatori finanziari erano pagati a provvigioni sugli ammontari sottoscritti, senza alcuna penalità in caso di insolvenza del debitore... In molti paesi poi, per l'utilizzo dei soldi prestati, vennero proposti modelli di sviluppo che scimmiottavano quelli del Nord senza tenere conto della caratteristiche locali (anche solo dal punto di vista della formazione professionale: non si può impiantare "qualunque" impresa industriale in "qualunque" sito senza progettare gli interventi necessari perché quell'impianto possa essere mantenuto in funzione e in efficienza, senza tenere conto delle persone che lo dovranno mantenere). Un capitolo grave inoltre è quello dello sperpero del denaro ricevuto in spese militari, insieme a quello della fuga dei capitali, cioè il vero e proprio furto e trasferimento al Nord dei capitali ricevuti in prestito operato da diversi rappresentanti delle classi dirigenti del Sud.
Infine in alcuni casi i soldi vennero destinati al finanziamento del consumo anziché a investimenti di sviluppo. Venivano ridotti, cioè, con finanziamenti pubblici, i prezzi dei beni di prima necessità, troppo cari per molta parte della popolazione. In casi non rari invece il finanziamento al consumo fu addirittura un finanziamento ai consumi delle classi dirigenti, senza alcuno scopo sociale.
La somma di questi fattori determinò la crisi che perdura tuttora, sottraendo notevoli risorse allo sviluppo. Si pensi che il totale delle somme pagate per interessi dai debitori ai creditori è superiore di svariate volte, a seconda dei paesi, all'ammontare del capitale prestato, senza contare poi gli effetti perversi della contabilità del debito tenuta solo in dollari che rende apparentemente i Paesi in via di sviluppo ancora debitori, mentre il calcolo con unità di monete diverse dal dollaro mostra che la maggior parte dei debiti sono già stati restituiti.
Chi paga realmente il prezzo del debito?
Oggi i crediti che le grandi banche d'affari avevano verso i Paesi in via di sviluppo sono stati in gran parte assorbiti dagli Stati del Nord, che sono divenuti così i principali creditori. Anche i governi simbolo del neoliberismo, in sostanza, hanno provveduto alla "pubblicizzazione delle perdite" per evitare il collasso delle principali banche da cui negli anni Ottanta dipendeva l'intero sistema finanziario occidentale. I governi del Nord, da quando sono divenuti i creditori determinanti dei Paesi in via di sviluppo, hanno delegato al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale la guida della gestione del rapporto coi debitori. I governi debitori hanno quindi come interlocutori principali le cosiddette Ifi (istituzioni Finanziarie Internazionali), che in realtà, poiché sono organismi formati da più Stati, subiscono maggiormente la pressione politica delle lobbie finanziarie internazionali, che non quella dei governi che li compongono.
I Paesi in via di sviluppo hanno tuttora bisogno di nuovi flussi di denaro. Condizione posta dalle Ifi per accedere a nuovi prestiti è però il pagamento degli interessi sui debiti pregressi. Ma questo che significa per un paese debitore?
Il peso del debito estero grava sulla capacità di spesa dello Stato. Un paese indebitato deve pagare gli interessi e programmare la restituzione del capitale. Se ha investito bene i soldi, le risorse per fare questo gli arriveranno proprio dalla remunerazione dell'investimento che ha realizzato. Se ha speso male i soldi presi a prestito dovrà trovare altre risorse.
Molti investimenti realizzati con i soldi ricevuti in prestito non danno più alcuna redditività. Peraltro nella maggior parte dei casi il denaro è stato sprecato (o rubato come nel caso della fuga dei capitali). L'unica risorsa per pagare gli interessi è il prelievo fiscale. Ma con quelle entrate lo Stato deve provvedere alla spesa pubblica, cioè alla fornitura dei servizi di cui i cittadini hanno bisogno: scuola, sanità, polizia, giustizia, strade... Per servire il debito occorre ridurre la spesa pubblica nelle altre voci. Pagare il debito oggi significa strozzare la spesa sociale, che in molti paesi poveri è una parte rilevante della spesa pubblica. Se il governo usa il denaro che ha ricavato dalle tasse per pagare i debiti, ovviamente non ne avrà per pagare gli insegnanti o aprire nuove scuole o comprare medicine per garantire a tutti i cittadini la possibilità di curarsi.
Vi è una altra risorsa, indiretta, per pagare il debito. Tanto più un paese esporta e tanto più facilmente dal reddito delle proprie esportazioni ricaverà risorse per il pagamento del debito estero, senza intaccare le risorse interne necessarie al sostentamento primario. O almeno questo è ciò che afferma l'ortodossia economica. Per questo i paesi poveri sono stati spesso forzati dalle Istituzioni finanziarie internazionali a investire nella produzione di beni da esportare. Di fatto il crollo delle loro monete ha fatto sì che il ricavato delle esportazioni risultasse spesso poco più che simbolico.
Un debito da cancellare non perché il debitore tende la mano, ma perché ha già pagato.
Riflessioni e ragioni …, di r.m.
La necessità di intraprendere la cura della case comune secondo il progetto di Dio.
Il tradimento dell’etica finanziaria, di G.M.Miglietta.
* Questi articoli sono reperibili al sito dei SACERDOTI DEL S.CUORE – DEHONIANI:
www.scj.org = La Conferenza Generale.
Percorsi catechistici:
"Io ho scelto voi" – catechismo dei giovani I – CEI
. cap.4 "Liberi per amare": educarsi al servizio: insieme per servire
"Venite e vedrete" – catechismo dei giovani II – CEI
. cap.9 "Per trasformare il mondo"
Economia e solidarietà:
"Gli affari hanno un’anima?" – G.Devine – Edizioni S.Paolo 1999.
"Nuove vie per l’altruismo" Il privato sociale in Italia – P.Donati e I.Colozzi – Monti 1998.
"Giusto movimento" Nuovi stili di vita – EMI 1999.
"Etica ed economia …" – P.Spirito – S.Paolo 1999.
"Quadrare il cerchio" – Durendorf …
Musica …
"Un grosso no" – E.Ramazzotti.
"Non è mai stato subito" – B.Antonacci – Biagio Antonacci:
NON E’ MAI STATO FACILE, NON E’ MAI STATO SUBITO
QUEL CHE HO VOLUTO L’HO OTTENUTO
A VOLTE HO PIANTO UN PO’
LASCIA CHE SIA UNA FAVOLA MIA, SE CREDI CHE
LE MIE PAROLE FANNO SOLO RUMORE, RUMORE, RUMORE
LA VITA E’ BELLA E UNICA, LA DEVI RICONOSCERE
NON BASTA CHE SIA SOLO RESPIRARE, LA INVENTI TUTTI I GIORNI
PREGO, E SPUTO UN NO, PREGO, DOVRESTI FARLO ANCHE TU
NON E’ MAI STATO SUBITO, NON E’ MAI STATO FACILE
NON C’E’ PIU’ FRETTA, NON C’E’ PIU’ DISTANZA
C’E’ SOLO VOLONTA’
NON E’ MAI STATO SUBITO, NON E’ MAI STATO FACILE
ANCHE L’AMORE E’ IN TRENO D’ASPETTARE
SE ARRIVA IN FONDO AL CUORE
LASCIA CHE SIA UNA FAVOLA MIA, SE CREDI CHE
LE MIE PAROLE FANNO SOLO RUMORE, RUMORE, RUMORE
LA VITA E’ BELLA E UNICA, LA INVENTI TUTTI I GIORNI
PREGO, E SPUTO UN NO, PREGO E SCELGO UN SI’
PREGO, DOVRESTI FARLO ANCHE TU
NON E’ MAI STATO SUBITO, NON E’ MAI STATO FACILE
IL TEMPO PASSA E GIUDICA, QUELLO CHE HAI FATTO E CHE FARAI
LA VERITA’ E’ CHE NESSUNO TI REGALA NIENTE
CHE DEVI SEMPRE LAVORARE DURO
E STARE ATTENTO A NON USCIRE DAL GIRO
LA VERITA’ E’ CHE NESSUNO TI REGALA NIENTE
CHE DEVI SEMPRE LAVORARE DURO
E STARE ATTENTI A NON USCIRE DAL GIRO
IO PREGO, PREGO
DOVRESTI FARLO ANCHE TU
PREGO, PREGO …
PERCHE’ NON PROVI ANCHE TU
NON E’ MAI STATO SUBITO, NON E’ MAI STATO FACILE
QUEL CHE HO VOLUTO L’HO OTTENUTO
A VOLTE HO PIANTO SAI
PREGO, E SPUTO UN NO
NON E’ MAI STATO SUBITO
"Si può fare" – A.Branduardi.
Film …
"L’avvocato del diavolo".
"Genio ribelle".
"Romero".
"Dead man walking".
Visita il sito:
"www.bancaetica.com"
"www.noprofit.org"
"www.arpa92.com/bts/"
"www.unimondo.org/"
Riflessioni scj …
"Economia e Regno di Dio" in: DEHONIANA 98/3.
E la Conferenza Generale SCJ del 2000: ECONOMIA E REGNO DI DIO.