LA TERRA
- il luogo della liberazione -
SCHEDE di riflessione – n°
4 – GIUBILEO 2000 – realizzazione scj ISScheda: biblica
Scheda: ecclesiale – sacramentale
Scheda: mondialità
Scheda: testi vari
L’uomo di fronte alla creazione: Gen 1–2
Occorre rifarsi al racconto delle origini per comprendere il senso del rapporto dell’uomo con la terra. Il gioco di parole che, nella lingua della Bibbia, lega il nome dell’uomo (’adam) a quello della terra (’adamah) è solo lo specchio di un rapporto più profondo, di una connessione radicale.
Il mondo è in qualche modo misurato sull’uomo, è fatto per lui e in modo che egli lo possa abitare (cf. Gen 1): è la sua casa. Tutto è messo a sua disposizione, come risorsa e cibo (Gen 1,29-30; 2,16; 9,2-3): si tratta di un grande dono per la vita dell’uomo.
Tuttavia, il mondo non è un insieme di suppellettili, di mobilio: il mondo è parte dell’uomo, condivide con lui il mistero della propria origine dalle mani di Dio. Il mondo racchiude un mistero: esso è opera di Dio; questo agire di Dio è irraggiungibile in se stesso (Gen 1,1-2), si può intuire solo nelle opere che divengono visibili o conoscibili.
Rm 1,20: infatti, dopo la creazione del mondo Dio manifestò ad essi le sue proprietà invisibili, come la sua eterna potenza e la sua divinità, che si rendono visibili all'intelligenza mediante le opere da lui fatte.
Sap 13: 1 Veramente sono vani per natura tutti gli uomini che ignorano Dio e che dai beni visibili non furono capaci di conoscere colui che è, né, considerando le opere, seppero riconoscere l'artefice, 2 ma o il fuoco o il vento o l'aria veloce o la volta stellata o l'acqua impetuosa o i luminari del cielo stimarono dèi, governatori del mondo. 3 Se, dilettati dalla loro bontà, hanno ritenuto dèi tali cose, sappiano quanto più buono di loro è il Signore, perché chi li ha creati è la sorgente della bontà. 4 Se li ha colpiti la forza e l’energia, riconoscano quanto più potente di loro è colui che le ha formate. 5 Infatti dalla grandezza e bontà delle creature, ragionando, si può conoscere il loro autore.
Il mondo è per l’uomo un cammino da percorrere per arrivare a porsi di fronte al proprio mistero.
"Ed ecco, era molto buono"
Il mondo diventa una scuola di stupore, una strategia educativa fondata sulla bellezza: una sorta di "specchio magico" che conduce alla conoscenza, non per una forza propria, ma in quanto riflette la luce e l’intelligenza di un Altro. La conoscenza di cui parliamo non è prima di tutto una somma di nozioni (dalla botanica alla zoologia, passando per la fisica e la chimica); questa conoscenza è piuttosto una sintesi di atteggiamenti di vita che ci fa stare davanti al mondo, a noi stessi e agli altri nell’atteggiamento adatto, pertinente, cioè sintonizzato con quello che Dio ha voluto esprimere di fronte al mondo che aveva creato: "E Dio guardò quanto aveva fatto; ed ecco, era molto buono" (Gen 1,31).
Questa conoscenza potremmo chiamarla "esperienza", "capacità di sentire profondamente la vita", di valorizzarla secondo il valore che Dio vi ha racchiuso. I salmi sono un esempio di come sia possibile accogliere in noi questo sguardo proprio di Dio, lasciando che il nostro ne venga trasformato. Il creato ci insegna che la vita va cantata, celebrata; che l’opera di Dio si può comprendere solo nella lode e nella riconoscenza, che rendono "eucaristia" la nostra consapevolezza ed esperienza di quel mistero che si nasconde nel suo fondamento.
Cf. i Salmi 8; 65,7-14; 104 (specialmente i vv. 24-31)…
Sal 8: 2 O Signore nostro Dio, quanto mirabile è il tuo nome su tutta la terra!
3 La tua maestà voglio adorare nei cieli con labbra di pargoli e di lattanti.
Una fortezza hai costruito per tua dimora, riducendo al silenzio i tuoi avversari,
il nemico e il vendicatore.
4 Quando contemplo i cieli, opera delle tue mani, la luna e le stelle che tu hai fissate,
5 che cos'è l'uomo perché ti ricordi di lui? Che cos'è il figlio d'uomo, ché di lui ti prendi cura?
6 Sì, di poco l'hai fatto inferiore ai celesti e di gloria e di onore tu lo circondi;
7 qual signore l'hai costituito sulle opere delle tue mani; tutto hai posto sotto i suoi piedi:
8 pecore e buoi nella loro totalità insieme a tutte le bestie del campo;
9 gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie marine.
10 O Signore nostro Dio, quanto mirabile è il tuo nome su tutta la terra!
Sal 65: 7 Tu con la tua forza hai reso stabili i monti, tu che ti cingi di potenza.
8 Tu mettesti a tacere il fragore del mare, il fragore dei suoi flutti e lo strepito dei popoli.
9 Furono presi da timore gli abitanti degli estremi confini davanti ai tuoi prodigi;
le vie d’oriente e d'occidente farai gridare di gioia...
10 Hai visitato la terra e l'hai fatta sovrabbondare, l'hai resa ricca oltre ogni misura.
Il canale divino è pieno di acqua; tu prepari per loro il frumento, perché così tu hai disposto.
11 Tu irrighi i suoi solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge, ne benedici i germogli.
12 L'anno coroni con i tuoi benefici e le tue orme stillano abbondanza.
13 Stillano i pascoli del deserto e si cingono le colline di letizia.
14 Si vestono i prati di greggi e si ammantano le valli di frumento: essi esulteranno e canteranno.
Sal 104: 24 Quanto sono numerose le tue opere, Signore!
Tutte le hai fatte con sapienza; è piena la terra delle tue creature.
25 Ecco il mare, grande e spazioso; lì vi sono rettili senza numero:
animali piccoli insieme ai grandi.
26 Lo percorrono le navi e il Leviatan che per trastullarsi tu hai plasmato.
27 Tutti da te aspettano che dia loro il cibo a tempo opportuno.
28 Tu lo provvedi ed essi lo raccolgono; apri la tua mano e si saziano di beni.
29 Copri il tuo volto ed essi vengono meno; togli il loro spirito ed essi muoiono,
ritornando alla loro polvere.
30 Mandi il tuo spirito ed essi sono creati, e rinnovi così la faccia della terra.
31 La gloria del Signore duri per sempre; s'allieti il Signore per le sue opere.
Il Sal 104,26 dice una cosa strana. Il Leviatan è un immenso animale marino (la balena, forse) che per l’uomo della Bibbia è simbolo di tutto ciò che nella creazione sfugge al dominio dell’uomo e alla sua comprensione, ma non al potere e all’intelligenza di Dio. Ebbene, lo scopo della creazione del Leviatan sembra essere… il gioco! La Bibbia sembra dirci che il segreto della creazione di Dio è un fine di "gioia", di "gratuità": non nel senso che esiste qualcosa di inutile, ma nel senso che tutto è, senza secondi fini, un puro dono di Dio, attraverso il quale egli rivela qualcosa di sé, della sua infinita ricchezza di amore. L’amore, soprattutto quello di Dio, non strumentalizza mai: ciò che Dio ama esiste nella propria bellezza e grandezza. L’amore si pone come servizio all’essere, all’essere sempre più grande.
Sap 11: 24 Ami tutte le cose che esistono e niente detesti di ciò che hai fatto, perché se tu odiassi qualche cosa, neppure l’avresti formata. 25 E come potrebbe sussistere una cosa, se tu non volessi, o conservarsi ciò che non è stato da te chiamato? 26 Ma tu hai pietà di tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita.
Il dono di Dio
L’autore del racconto della creazione non fa altro che descrivere l’inizio del mondo sulla base della esperienza storica d’Israele. Così, annuncia al lettore che il segreto dell’esistenza di ogni uomo è il medesimo dell’esistenza del popolo, nella quale tutto ciò che costituisce e alimenta la vita è dono di Dio. Soprattutto la terra, la terra della promessa, è il giardino fertile che il Signore prepara per i suoi fedeli, perché abbiano nutrimento e possano abitare in pace. La terra è il traguardo del cammino di liberazione iniziato con l’uscita dall’Egitto. Il dono di Dio supera ogni aspettativa e ogni merito:
Gen 12: 1 Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti mostrerò, 2 cosicché faccia di te una grande nazione e ti benedica e faccia grande il tuo nome, e tu possa essere una benedizione».
Gen 15,18: In quel giorno il Signore tagliò il patto con Abram in questi termini: «Alla tua razza io do questo paese, dal torrente d'Egitto fino al fiume grande, il fiume Eufrate».
Es 3,8: Voglio scendere a liberarlo dalla mano dell'Egitto e farlo salire da quella terra a una terra buona e vasta, a una terra dove scorre latte e miele…
Dt 6: 10 la terra che ha giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, tuoi padri, di darti, … le grandi e belle città che non hai edificato, 11 … le case piene di ogni bene che non hai riempito, … pozzi scavati, che non hai scavato tu, … vigne e oliveti che non hai piantato…
Dt 34,4: Il Signore gli disse: «Questa è la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe dicendo: "Alla tua posterità la donerò".
Il tema della terra come "dono" ricorre più di 150 volte nell’Antico Testamento, e sempre l’autore del dono è Dio! Anche nei testi riguardanti i passaggi di proprietà tra gli uomini, non si usa mai il verbo "dare/donare": lo si riserva per Dio. La terra è sua ed Egli l’ha donata al suo popolo.
Anche il racconto della conquista della terra promessa, ad opera di Giosuè, avviene più che per la forza delle armi, per l’azione irresistibile di Dio. Soprattutto a Gerico (Gs 6), il popolo non combatte, ma fa una processione! È il segno chiaro che la presa di possesso della terra va attribuita solo a Dio.
Allo stesso modo è Dio che rende fertili i campi, che dà l’acqua per la coltivazione, che rende feconde le greggi e le mandrie, che assicura l’abbondanza.
Is 30: 23 Egli concederà la pioggia per il tuo seme, che avrai seminato nel suolo; il pane, frutto della terra, sarà pingue e succulento; il tuo bestiame pascolerà in quel giorno su una vasta prateria. 24 I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno una biada salata, ventilata con la pala e il ventilabro. 25 Su ogni alto monte e su ogni collina elevata vi saranno dei ruscelli e dei corsi d'acqua…
Ger 31,12: Verranno ed esulteranno sull'altura di Sion, affluiranno verso i beni del Signore: verso il frumento e il mosto e l'olio, e verso il frutto del gregge e il bestiame; e sarà la loro vita come un giardino irrigato e non continueranno a languire ancora.
Questa consapevolezza si riflette nella pratica ebraica dell’offerta delle primizie. Di ogni raccolto, i primi frutti sono presentati al Signore, nel suo santuario, in un rito che di fatto consiste nel ricordare con gratitudine che Egli è l’origine di tutti i beni.
Dt 26: 1 Quando arriverai alla terra che il Signore tuo Dio ti dona in eredità, quando l'avrai conquistata e vi abiterai, 2 prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo che avrai ricavato dalla terra che il Signore tuo Dio ti dona, le metterai in un cesto e ti recherai al luogo che il Signore tuo Dio sceglierà per farvi dimorare il suo nome. 3 Andrai dal sacerdote che sarà in funzione in quei giorni e gli dirai: "Dichiaro oggi al Signore mio Dio di essere arrivato alla terra che il Signore ha giurato ai nostri padri di darci". 4 Il sacerdote prenderà il cesto dalla tua mano e lo deporrà davanti all’altare del Signore tuo Dio; 5 allora pronuncerai queste parole al cospetto del Signore tuo Dio: "Mio padre era un arameo errante, discese in Egitto, vi abitò da forestiero con poca gente e vi divenne una nazione grande, forte e numerosa. 6 Gli Egiziani ci maltrattarono, ci oppressero, ci imposero una dura schiavitù. 7 Allora gridammo al Signore Dio dei nostri padri, ed egli ascoltò la nostra voce, vide la nostra miseria e la nostra oppressione 8 e ci fece uscire dall'Egitto con mano forte, con braccio teso, con terrore grande, con segni e prodigi; 9 ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorre latte e miele. 10 Ora, ecco, ho portato le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai concesso". Le deporrai al cospetto del Signore tuo Dio e ti prostrerai al cospetto del Signore tuo Dio. 11 E per tutto il bene che il Signore tuo Dio ha donato a te e alla tua casa, gioirai tu, il levita e il forestiero che si trova in mezzo a te.
La stessa gratitudine ispira la preghiera di benedizione che il pio israelita pronuncia all’inizio di ogni pasto. Gesù stesso, nei Vangeli, condivide questo atteggiamento di gratitudine al Padre per ogni dono, con cui sostiene la vita dei suoi figli.
Mt 6: 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono né raccolgono in granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre; e voi non valete più di loro? 27 Chi di voi, per quanto si dia da fare, è capace di aggiungere un solo cubito alla propria statura? 28 E quanto al vestito, perché vi angustiate? Osservate i gigli del campo, come crescono: non lavorano, non tessono. 29 Eppure vi dico che neanche Salomone in tutta la sua magnificenza vestiva come uno di essi. 30 Se Dio veste così l'erba del campo che oggi è e domani viene gettata nel fuoco, quanto più vestirà voi, gente di poca fede? 31 Non vi angustiate, dunque, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo?" oppure: "Di che ci vestiremo?". 32 Tutte queste cose le ricercano i gentili. Ora sa il Padre vostro celeste che avete bisogno di tutte queste cose.
Mt 7: 7 «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. 8 Infatti chi chiede riceve; chi cerca trova; a chi bussa sarà aperto. 9 C'è forse un uomo fra voi che, se suo figlio gli chiede un pane, gli darà un sasso? 10 Oppure: se gli chiede un pesce, gli darà un serpente? 11 Se dunque voi, anche se cattivi, sapete dare doni buoni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone [Lc = lo Spirito Santo]a quanti gliene fanno richiesta?».
Anzi, è rappresentato spesso nell’atto di benedire il pane per poi distribuirlo a chi mangia con lui.
Gv 6,11: Gesù prese allora i pani e, rese grazie, li distribuì a coloro che erano seduti, ugualmente fece dei pesci, quanti ne vollero.
Mt 26,26: Mentre mangiavano, Gesù prese il pane, pronunziò la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli…
Questo gesto di ringraziamento di Gesù è stato poi accolto e vissuto dalla comunità dei primi discepoli come il suo personale testamento, memoria e presenza della sua persona, delle sue parole e dei suoi gesti, della sua vita e della sua Pasqua. Ancora oggi, esso costituisce il nucleo della preghiera cristiana per eccellenza: la "eucaristia", il ringraziamento di Gesù al Padre.
Il vertice della creazione
Con il grande dono della terra e del mondo intero, Dio manifesta all’uomo la sua posizione speciale che gli ha assegnato all’interno della creazione: egli ne è il vertice. Dio lo ha chiamato a un rapporto personale di relazione con sé. Questo è il significato fondamentale dell’espressione "a sua immagine e somiglianza" (Gen 1,26). Tra tutti i viventi che popolano la terra, l’uomo a cui il Signore possa rivolgere la parola per avere una risposta libera e consapevole, iniziando un dialogo di amicizia (cf. Gen 1,28: "Dio li benedisse e disse a loro…"; per la prima volta la parola di Dio si rivolge a qualcuno!). Per la sua capacità di consapevolezza, egli diventa la coscienza del creato intero, reso da Dio capace di rispondere liberamente e con gratitudine al dono dell’amore e della vita.
La lode che l’uomo eleva a Dio per le sue opere ha sempre una funzione sacerdotale: l’uomo diviene presso Dio l’interprete delle creature inconsapevoli, la voce e il canto della loro gioia. Tutto ciò, senza presunzione alcuna, memore del mistero che lo supera; la gioia di interpretare la riconoscenza a Dio, da parte di tutta la vita che esiste, è vestita di umiltà e di venerazione davanti a ciò che conosciamo ancora troppo poco.
Sal 106,2: Chi può narrare le gesta del Signore e far risuonare tutta la sua lode?
Collaboratore di Dio
Il secondo racconto della creazione (Gen 2,4-24) aggiunge alla nostra riflessione un altro tema. L’uomo è collaboratore di Dio, suo compagno d’opera: creato dentro un processo di vita (l’universo), del quale non è solo parte, ma anche responsabile promotore. Si mette così a fuoco il "compito" dell’uomo verso il mondo: egli è posto nel giardino di Eden "per lavorarlo e custodirlo" (Gen 2,15). La Bibbia spiega il lavoro umano, in tutte le sue forme e possibilità, come una capacità di vita e una responsabilità per la vita. Si tratta di una capacità originaria, legata al suo essere, al posto che ha nel mondo. La fatica (soprattutto quella schiavizzante e disumana) che spesso lo accompagna, frutto del peccato (Gen 3,17-19), non può mai eliminare questa dimensione originale, positiva, del lavoro, che associa l’uomo alla creatività e potenza di Dio. Inserito nel mondo, descritto come un giardino, l’uomo è inserito nel flusso della vita, in questo immenso intreccio di nascite, di processi, di trasformazioni, del quale il suo lavoro e il suo impegno sono sì una manifestazione, ma anche (in qualche modo) una regia, un vertice di consapevolezza e di intelligenza. Per sua natura il lavoro dell’uomo, all’interno del mondo creato da Dio, è chiamato ad essere una risposta a Dio, un omaggio al Creatore fatto "con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza" (cf. Dt 6,5; Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27). Così, l’itinerario dell’ingegno dell’uomo e il suo progresso spirituale si incontrano nell’unico traguardo, che è anche l’unica origine di tutta la vita: Dio. Comprendiamo allora un altro suggestivo gioco di parole: la Bibbia indica il compito dell’uomo (il lavoro e la custodia del giardino) con le stesse parole che designano il culto del tempio (il "servizio" per eccellenza) e l’obbedienza alla Parola di Dio (la "custodia" dei comandamenti).
"Cammina umilmente con il tuo Dio!" (Mi 6,8)
Questo riferimento a Dio è necessario per comprendere la vera natura del potere che l’uomo ha sul mondo. Si tratta di un potere autentico, effettivo, che si estende a tutti gli esseri:
Gen 1: 28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e abbiate dominio sui pesci del mare, sui volatili del cielo, sul bestiame e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». 29 Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni sorta di graminacee produttrici di semenza, che sono sulla superficie di tutta la terra, e anche ogni sorta di alberi in cui vi sono frutti portatori di seme: essi costituiranno il vostro nutrimento.
Gen 9: 1 Dio benedisse Noè e i suoi figlioli, e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. 2 Il timore di voi e il terrore di voi sia in tutte le fiere della terra, in tutti i volatili del cielo. Tutto ciò che striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. 3 Ogni essere che si muove e ha vita sarà vostro cibo; tutto questo vi do, come già l'erba verde… 7 Quanto a voi, siate fecondi e moltiplicatevi; brulicate sulla terra e soggiogatela».
Oltre agli ovvi limiti delle sue capacità (che il progresso tecnologico riduce, ma non elimina), l’uomo riceve, con il comando di Dio a dominare, un criterio di giudizio e di esercizio del suo potere: è chiamato a riconoscere l’azione del Creatore e ad accogliere il suo progetto.
Gen 2: 16 Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Di tutti gli alberi del giardino tu puoi mangiare; 17 ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiarne, perché, nel giorno in cui tu te ne cibassi, certamente moriresti».
Il dominio dell’uomo sul creato si giustifica solo nella continuità di intenti e di azione con l’agire di Dio, che crea e custodisce la vita: su di essa Egli mantiene una sovranità inalienabile. Soprattutto, la vita dell’uomo non è disponibile, né all’uomo, né all’animale: è sacra, appartiene a Dio:
Gen 9: 5 Certamente del sangue vostro, ossia della vita vostra, io domanderò conto: ne domanderò conto ad ogni animale; della vita dell’uomo io domanderò conto alla mano dell'uomo, alla mano d'ogni suo fratello! 6 Chi sparge il sangue di un uomo, per mezzo di un uomo il suo sangue sarà sparso; perché quale immagine di Dio ha Egli fatto l'uomo.
Es 20,13: Non uccidere!
Solo se si mantiene nella corrispondenza a questo dono di vita e rimane una "collaborazione" con Dio, l’esercizio del "potere" da parte dell’uomo diventa una benedizione, un dono di vita.
Sal 128: 1 Beati tutti quelli che temono il Signore e camminano nelle sue vie!
2 Della fatica delle tue mani certamente mangerai. Beato te: avrai prosperità.
3 La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d'olivo, intorno alla tua mensa.
4 Ecco com'è benedetto l'uomo che teme il Signore.
5 Ti benedica il Signore da Sion, affinché tu goda della prosperità di Gerusalemme,
per tutti i giorni della tua vita.
6 Possa tu vedere i figli dei tuoi figli. Pace su Israele!
Il riposo della terra
Il giubileo, così come i libro del Levitico insegna a celebrarlo, chiede un ricupero di questo orientamento a Dio della signoria dell’uomo sul mondo. In particolare, l’uomo è chiamato a riconoscere in Dio il datore di ogni bene e il vero proprietario di tutta la creazione. Anche il suolo coltivabile, la terra da cui si trae il sostentamento, è di Dio.
Lev 25,23: La terra non sarà venduta perdendone ogni diritto, perché la terra è mia e voi siete residenti e ospiti presso di me.
Una forma di esprimere questo convincimento è la pratica del maggese: ogni settimo anno, la terra non viene coltivata, ma la si lascia "riposare".
Lv 25: 2 «Ordina ai figli d'Israele: Quando entrerete nel paese che vi do, la terra osserverà un tempo di riposo per il Signore: 3 per sei anni seminerai il tuo campo e per sei anni poterai la tua vigna e ne raccoglierai i prodotti; 4 nel settimo anno sarà un riposo completo per la terra, un riposo per il Signore. Non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna, 5 non mieterai il prodotto spontaneo al tempo del tuo raccolto, e non vendemmierai i grappoli della tua vite non potata. Sia un anno di riposo completo per la terra. 6 Il prodotto della terra in riposo vi servirà di cibo, a te, al tuo servo e alla tua serva e all'operaio preso a giornata e al tuo ospite, cioè a coloro che risiedono presso di te. 7 Tutto quanto essa produrrà servirà di cibo al tuo bestiame e a ogni animale che si trova nel paese… 11 Sarà un giubileo, il cinquantesimo anno, per voi; non seminerete e non raccoglierete i prodotti della terra non seminata e non vendemmierete la vite non potata. 12 Il giubileo sarà infatti sacro per voi; potrete mangiare di quanto il campo produce spontaneamente… 19 La terra darà i suoi frutti e voi mangerete a sazietà e risiederete tranquillamente in essa. 20 Se direte: "Che cosa mangeremo nell’anno settimo, se non abbiamo seminato né raccolto le nostre messi?", 21 io ho comandato che la mia benedizione sia sopra di voi nell’anno sesto, ed essa produrrà messi per tre anni. 22 Nell’ottavo anno seminerete e mangerete del vecchio raccolto fino all’anno nono; fino a che venga il raccolto di tale anno, mangerete il vecchio raccolto.
Riconoscere a Dio l’origine della vita, accogliendone le leggi e affidandosi alla sua cura provvidente, è la condizione per fare l’esperienza della sua generosità. Chi si inserisce nella logica del dono da accogliere e accetta il rischio di fidarsi, dipendendo in tutto da Colui che solo conosce ciò di cui abbiamo bisogno, non mancherà mai del necessario. È l’esperienza del popolo d’Israele nel deserto, quando riceve la manna. Chi ne raccoglie più del necessario, la vede marcire.
Es 16: 14 Lo strato di rugiada se ne andò, ed ecco sulla superficie del deserto qualcosa di fine, granuloso, minuto come la brina sulla terra. 15 I figli d’Israele videro e si dissero l’un l’altro: «Cos’è quello?», perché non sapevano che cosa era. Mosè disse loro: «Quello è il pane che il Signore vi ha dato da mangiare. 16 Ecco quello che il Signore vi ordina: "Raccoglietene ognuno per quanto ne mangia, un omer a testa, prendetene secondo il numero di quanti siete, ognuno nella propria tenda"». 17 I figli d’Israele fecero così, e raccolsero chi molto, chi poco. 18 Misuravano a omer, e non ne aveva troppo chi aveva raccolto molto e non ne mancava a chi aveva raccolto poco: ognuno aveva raccolto secondo quanto mangiava. 19 Mosè disse loro: «Nessuno ne avanzi per domani». 20 Essi non ascoltarono Mosè e alcuni ne presero di più per l’indomani: sorsero dei vermi e si corruppe. Mosè si adirò contro di loro. 21 Ne raccoglievano ogni mattina, ognuno secondo quanto ne mangiava: quando il sole scaldava, si scioglieva. 22 Il sesto giorno raccolsero il doppio di quel pane, due omer ognuno, e tutti i capi della comunità lo dissero a Mosè. 23 Egli disse loro: «È quello che ha detto il Signore: domani è giorno di riposo, un sabato santo per il Signore: quello che dovete cuocere, cuocetelo, e quello che dovete bollire, bollitelo, e quello che resta in più riponetelo, per conservarlo fino a domani». 24 Lo riposero fino all’indomani, come aveva ordinato Mosè, e non si corruppe e non ci furono vermi. 25 Mosè disse: «Mangiatelo oggi, perché oggi è sabato per il Signore: oggi non ne troverete all’aperto. 26 Per sei giorni ne raccoglierete, nel settimo giorno, sabato, non ce ne sarà». 27 Alcuni del popolo uscirono il settimo giorno per raccogliere, ma non ne trovarono. 28 Il Signore disse a Mosè: «Fino a quando rifiuterete di osservare i miei precetti e le mie leggi? 29 Vedete: il Signore vi ha dato il sabato, perciò vi dà al sesto giorno il pane per due giorni. Ognuno dimori a casa sua e nessuno esca dal suo luogo al settimo giorno». 30 Il popolo riposò nel settimo giorno.
Il dono di Dio, anche nella sua apparente precarietà, accompagna fedelmente il popolo per tutti i quarant’anni trascorsi nel deserto, vero "pane quotidiano" (cf. Mt 6,11; Lc 11,3), cessando solo quando Dio provvede diversamente, con i prodotti della terra promessa.
Es 16,35: I figli d'Israele mangiarono la manna quarant'anni, fino a quando giunsero alla terra abitata: mangiarono la manna fino a quando giunsero al confine della terra di Canaan.
Gs 5: 10 Stettero quindi accampati i figli d'Israele in Gàlgala e celebrarono la Pasqua il quattordici del mese, la sera, nella pianura di Gerico. 11 La mattina di Pasqua mangiarono dei prodotti della terra, pane azzimo e spighe abbrustolite, in quello stesso giorno. 12 Da quello stesso mattino, allorché cominciarono a mangiare i frutti del paese, non ci fu più la manna. Non ci fu più la manna per i figli d'Israele ed essi mangiarono quell’anno i frutti della terra di Canaan.
Il riposo della terra, oltre a una motivazione religiosa, ne ha una pratica: lo sfruttamento intensivo può rendere improduttiva la terra. Il comandamento di Dio è a difesa della vita, in vista di un’armonia. La terra, dono di Dio, è un dono prezioso, ma anche delicato, da trattare con riguardo. Uno sfruttamento eccessivo costituisce un’ingiustizia nei confronti della terra; essa ne rimane devastata, esaurita, incapace di sostentare i suoi abitanti. L’esperienza dell’esilio, perdita della terra, sarà conseguenza del mancato riposo della terra.
Lv 25: 33 Disperderò voi in mezzo ai popoli e snuderò contro di voi la spada; la vostra terra sarà desolata e le vostre città diventeranno una rovina. 34 Allora, per tutto il tempo della desolazione, la terra godrà i suoi sabati e voi starete nella terra dei vostri nemici; allora si riposerà la terra e godrà i suoi sabati. 35 Per tutto il tempo della desolazione godrà di quel riposo che non ha goduto durante i vostri sabati, quando abitavate in essa… 42 Io ricorderò il mio patto con Giacobbe, il mio patto con Isacco e il mio patto con Abramo, e mi ricorderò della terra. 43 La terra, abbandonata da loro, allora godrà i suoi sabati, mentre è deserta per colpa loro. Essi espieranno il loro peccato, proprio perché hanno disprezzato i miei precetti e hanno preso in disgusto le mie leggi.
La terra calunniata (cf. Nm 13,32; 14,37)
In Nm 13–14 si narra del popolo che, arrivato al limitare della terra promessa, non vi entra per paura. La terra che Dio gli sta per donare "è sì la terra ove scorre latte e miele" (Nm 13,27; 14,8), cioè una terra fertile e generosa, ma agli occhi degli esploratori la sua conquista si presenta gravosa e difficile. A determinare la decisione è la mancanza di fede, per la quale il popolo non tiene più conto dell’aiuto di Dio. Allora, l’ingresso nella terra pare semplicemente impossibile; la terra stessa è vista come pericolo, una minaccia per la vita: "divora i suoi abitanti".
Nm 13: 28 Solo che il popolo che abita nella terra è forte e le città sono fortezze grandissime: vi vedemmo anche gli Anakiti. 29 Gli Amaleciti abitano nella terra del Negheb, gli Hittiti, i Gebusei e gli Amorrei abitano sulla montagna, i Cananei abitano lungo il mare e lungo le rive del Giordano». 30 Solo Caleb fece tacere il popolo che mormorava contro Mosè e disse: «Saliamo e conquistiamola, perché lo possiamo». 31 Ma gli uomini che erano saliti con lui dissero: «Non possiamo salire contro quel popolo, perché è più forte di noi». 32 E screditarono davanti agl'Israeliti la terra che avevano esplorato dicendo: «La terra dove siamo passati per esplorarla è una terra che divora chi la abita, e tutto il popolo che vi abbiamo visto è di uomini di taglia. 33 Là abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, e ai nostri occhi eravamo come delle cavallette, così come lo eravamo ai loro occhi». 14,1 Tutta la comunità si sollevò e fece sentire la propria voce: il popolo pianse quella notte. 2 Tutti i figli d'Israele mormorarono contro Mosè ed Aronne e tutta la comunità disse loro: «Fossimo morti in terra d'Egitto o fossimo morti in questo deserto!
La terra che Dio ha creato per l’uomo è un giardino di "delizie" (è il significato probabile delle parola "Eden"; cf. anche Gen 1,31). Perché, allora, il rapporto dell’uomo con la natura è fatto anche di fatica ed egli sperimenta nelle cose una resistenza al suo lavoro? Da dove viene il travaglio che sembra affliggere la vita, le cui manifestazioni rimangono tante volte ambigue e limitate? Perché nella natura sono presenti forze terribili, che si manifestano a volte in modo distruttivo, colpendo alla cieca, causando sofferenze indicibili?
La Bibbia (che registra puntualmente, e con rispetto, i cammini dell’uomo, ma che al tempo stesso è la Parola di Dio che li illumina) richiama la necessità di prendere coscienza di due fattori: da una parte, il limite costitutivo della creazione e delle creature; dall’altra, le libere scelte dell’uomo, che Dio ha voluto fossero fattori necessari del cammino di perfezione del mondo.
Le creature sono limitate. Non hanno in sé la ragione della propria esistenza, che devono in fin dei conti a un Altro: esistono cioè come puro dono di un Altro. In questo modo, la loro ‘non autosufficienza’ e la loro sottomissione al tempo e ai processi naturali ne costituiscono certo la debolezza, ma anche, al tempo stesso, la ricchezza. Dal momento che le creature non sono "tutto" (o "infinite"), la loro povertà è innanzitutto il loro tesoro: non possono esistere che così, fragili; e perché fragili, possono esistere. Il mondo uscito dalle mani di Dio è un mondo limitato, ma è l’unico che Dio ha creato e, perciò, anche il migliore possibile (anche considerando il compito affidato all’uomo, che abbiamo già accennato e che riprenderemo più avanti). La Bibbia ci dice che all’inizio l’uomo e la donna, pur essendo creature limitate, senza difese l’uno di fronte all’altra, non vivevano questa condizione con paura, come se fosse per loro una minaccia.
Gen 2,25: Or ambedue erano nudi, l'uomo e la sua donna, ma non sentivano mutua vergogna.
Anche l’originaria vocazione al lavoro (Gen 2,5.15) e la sottomissione alle leggi della natura e del tempo erano vissuti in armonia, quell’armonia che nasce da una completa e perfetta fiducia in Dio e nel suo amore. Per l’uomo, i suoi limiti di creatura costituivano il punto di partenza del suo cammino con Dio, attraverso il quale era chiamato a condurre a progredire verso la perfezione del proprio essere e, insieme, anche del mondo. È probabile che anche la fatica e una certa sofferenza (pur diversa da quella che noi sperimentiamo oggi) potesse essere serenamente integrata nel cammino, con un valore legato alla loro capacità di esprimere e realizzare l’impegno interiore e la dedizione dell’amore.
Sono l’egoismo e la violenza che abitano nel cuore dell’uomo che hanno reso difficile il rapporto dell’uomo con la terra, oltre che con Dio e con i suoi simili.
Gen 3: 8 Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio allorché passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo fuggì con la moglie dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Allora il Signore Dio chiamò l’uomo e gli domandò: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino, e ho avuto paura, perché io sono nudo, e mi sono nascosto». 11 Riprese: «Chi ti ha indicato che eri nudo? Hai dunque mangiato dell’albero del quale ti avevo comandato di non mangiare?». 12 Rispose l’uomo: «La donna che tu hai messo vicino a me mi ha dato dell’albero, e io ho mangiato». 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Come hai fatto questo?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». 14 Allora il Signore Dio disse al serpente: «Perché hai fatto questo, maledetto sii tu fra tutto il bestiame e tra tutti gli animali della campagna: sul tuo ventre dovrai camminare e polvere dovrai mangiare per tutti i giorni della tua vita. 15 Ed io porrò un’ostilità tra te e la donna e tra la tua stirpe e la sua stirpe: essa ti schiaccerà la testa e tu la assalirai al tallone». 16 Alla donna disse: «Moltiplicherò le tue sofferenze e le tue gravidanze, con doglie dovrai partorire figlioli. Verso tuo marito ti spingerà la tua passione, ma egli vorrà dominare su te». 17 E all’uomo disse: «Perché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, per il quale t’avevo comandato: "Non ne devi mangiare": Maledetto sia il suolo per causa tua! Con affanno ne trarrai il nutrimento, per tutti i giorni della tua vita. 18 Spine e cardi farà spuntare per te, mentre tu dovrai mangiare le erbe della campagna. 19 Con il sudore della tua faccia mangerai pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto, perché polvere sei e in polvere devi tornare!».
Gen 4: 8 Poi Caino ebbe da dire con suo fratello Abele. E com'essi furono nei campi, Caino si scagliò contro suo fratello Abele e lo uccise. 9 Il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io custode di mio fratello?». 10 Il Signore riprese: «Che hai tu fatto? Sento il fiotto di sangue di tuo fratello che grida a me dal suolo! 11 E ora tu sei maledetto dalla terra che per mano tua ha spalancato la bocca per ricevere il fiotto di sangue di tuo fratello. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi frutti; errante e vagabondo sarai per la terra».
Questo rifiuto di vivere nel progetto di Dio ha introdotto una disarmonia, un allontanamento dal proprio fine che ha colpito la debolezza creaturale dell’uomo e del mondo. La sua debolezza ora è vissuta non come l’occasione di accoglienza di un puro dono, ma come una minaccia, una negatività subita con paura e aggressività. La soggezione alle leggi del tempo e ai processi biologici rendono terribile non solo l’esperienza della morte, ma perfino la vita stessa nel suo apparentemente insensato fluire. La fatica e la sofferenza, se potevano essere espressione di amore, divengono anche il segno di una schiavitù insostenibile.
Anche nel resto della creazione, quello slancio vitale, quel processo di trasformazione per una sempre maggiore trasparenza alla bellezza e alla vita di Dio, diviene un travaglio oscuro, spesso incerto, difficile da sopportare e da orientare a un fine positivo.
Comunque, bisogna dire con la Bibbia che le scelte di egoismo e di violenza dell’uomo (scelte che hanno avvelenato la sua esperienza del mondo e della vita) non hanno spento lo slancio di bellezza e di vita che Dio ha messo nella creazione, e nell’uomo stesso.
Il piano di vita di Dio non è fallito. L’uomo è chiamato a conoscerlo, ad assumerlo, ad interpretarlo con tutta la sua creatività, assecondando la spinta trasformatrice dello Spirito che sospinge la creazione incontro alla sua perfezione.
Rm 8: 18 Penso infatti che le sofferenze del tempo presente non hanno un valore proporzionato alla gloria che si manifesterà in noi. 19 L'attesa spasmodica delle cose create sta infatti in aspettativa della manifestazione dei figli di Dio. 20 Le cose create infatti furono sottoposte alla caducità non di loro volontà, ma a causa di colui che ve le sottopose, nella speranza 21 che la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per ottenere la libertà della gloria dei figli di Dio. 22 Sappiamo infatti che tutta la creazione geme e soffre unitamente le doglie del parto fino al momento presente. 23 Non solo essa, ma anche noi, che abbiamo il primo dono dello Spirito, a nostra volta gemiamo in noi stessi, in attesa dell'adozione a figli, del riscatto del nostro corpo. 24 Fummo infatti salvati nella speranza; ma una speranza che si vede non è più speranza: chi infatti spera ciò che vede? 25 Ma se noi speriamo ciò che non vediamo, stiamo in attesa mediante la costanza. 26 Nello stesso modo anche lo Spirito, coadiuvandoci, viene in aiuto alla nostra debolezza; infatti noi non sappiamo che cosa dobbiamo chiedere convenientemente, ma è lo Spirito stesso che prega per noi con gemiti inespressi. 27 Ma Colui che scruta i cuori, sa quali sono i pensieri e le aspirazioni dello Spirito, poiché intercede per i santi secondo Dio.
È lo Spirito di Gesù risorto la potenza inarrestabile che sostiene la creazione limitata e ferita: come fu lo Spirito a far rivestire al Figlio di Dio, totalmente e veramente, la povertà della nostra condizione umana, così sarà lo Spirito ha cambiare l’aspetto del mondo, a cui il Figlio di Dio si è legato, a immagine della sua eterna bellezza – una bellezza di vita più forte della morte –.
Mt 22: 31 Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto ciò che a voi disse Dio: 32 Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe? Dio non è un Dio di morti, ma di viventi».
Ef 1: 3 Benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il quale nei cieli ci ha colmati di ogni sorta di benedizione spirituale in Cristo. 4 Egli ci elesse in lui prima della creazione del mondo, perché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell'amore, 5 predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, tramite Gesù Cristo, secondo il benevolo disegno della sua volontà, 6 a lode dello splendore della sua grazia, con la quale ci ha gratificati nel Diletto. 7 In lui, mediante il suo sangue, otteniamo la redenzione, il perdono dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia, 8 che si è generosamente riversata in noi con ogni sorta di sapienza e intelligenza. 9 Egli ci ha manifestato il mistero della sua volontà secondo il suo benevolo disegno che aveva in lui formato, 10 per realizzarlo nella pienezza dei tempi: accentrare nel Cristo tutti gli esseri, quelli celesti e quelli terrestri. 11 In lui poi siamo stati scelti, essendo stati predestinati secondo il disegno di colui che tutto compie in conformità del suo volere, 12 per essere noi, i primi che hanno sperato in Cristo, a lode della sua gloria. 13 In lui anche voi, dopo avere udita la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e aver anche creduto, siete stati segnati con lo Spirito Santo che fu promesso; 14 questi è l'anticipo della nostra eredità, per il riscatto della sua proprietà, a lode della sua gloria.
Il Signore Gesù, il Risorto, è il prototipo (cioè, il modello e la causa) di ciò che noi e il mondo intero siamo incamminati a diventare.
1Cor 15: 20 Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che dormono. 21 Poiché, se per un uomo venne la morte, per un uomo c'è anche la risurrezione dei morti; 22 e come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo. 23 Ma ciascuno al suo posto. Prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli di Cristo; 24 quindi la fine, quando consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver annientato ogni principato, potestà e potenza. 25 Deve infatti regnare finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26 L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha sottoposto ai suoi piedi… 49 E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di polvere, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste… 54 Quando questo corpo corruttibile sarà rivestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si realizzerà la parola che sta scritta: La morte è stata ingoiata nella vittoria. 55 Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? 56 Il pungiglione della morte è il peccato e la potenza del peccato è la legge. 57 Ma siano rese grazie a Dio che ci concede la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
È la convinzione che il cristiano esprime con le parole del ‘Credo’: "Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita… Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà!".
Non compromettere il (proprio) futuro
L’uomo, in conformità all’incarico che Dio gli ha dato all’inizio, è ancora una volta il vertice di consapevolezza di questo processo, al quale è chiamato a collaborare. È questo il quadro in cui i cristiani leggono il senso dell’impegno umano nel mondo e per il mondo, anche per ciò che riguarda il rapporto con la natura e con le risorse che essa mette a disposizione dell’uomo.
Il nostro tempo, con il suo enorme progresso tecnico - scientifico, ci ha permesso di conoscere come mai prima i segreti della natura, dotando l’uomo di un potere che mai prima aveva conosciuto. Nello stesso tempo, l’uomo ha conosciuto anche i rischi di uno sviluppo incontrollato: oltre all’ingiustizia costituita dall’esclusione di interi popoli dalla partecipazione ai benefici recati da questo progresso, l’uomo è consapevole di avere oggi il potere di distruggere la vita del pianeta su larga scala. Inoltre, si è reso conto che a costituire una minaccia non sono solo malfunzionamenti imprevisti e terribili dei propri apparati bellici, ma anche standard di sviluppo incontrollati, il consumo irreversibile delle materie prime e l’inquinamento ambientale, fenomeni sovente alimentati da ignare – ma letali – abitudini quotidiane.
La sensibilità ecologica è chiamata a manifestarsi anzitutto con la presa di coscienza che i modelli di sviluppo occidentali (i nostri!) sono alla lunga insostenibili, e che realmente si stanno intaccando le possibilità di sussistenza delle generazioni future. Beni che sembravano inesauribili si rivelano ora mal gestiti e poco condivisi, o addirittura in pericolo (vedi il suolo coltivabile minacciato dalla desertificazione, anche in Italia; la progressiva scarsità di acqua potabile; l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, con il conseguente innalzamento della temperatura media del pianeta…).
La gestione responsabile di risorse non illimitate chiede, tra le altre cose, di verificare gli attuali livelli di fabbisogno energetico, nonché di intraprendere seriamente la via dell’utilizzo di energie alternative ai combustibili fossili. Sono scelte impegnative anche dal punto di vista finanziario, ma improrogabili.
A un’etica dell’economia è legata anche un’etica della scienza. In un mondo dove ciò che è possibile tecnicamente diviene automaticamente lecito, l’uomo è in pericolo.
Sempre più viva è l’esigenza della formazione di una coscienza morale ancorata a valori tali che permettano agli operatori del settore economico – scientifico di essere liberi dalla logica implacabile del profitto ad ogni costo e li renda in grado di umanizzare quei processi che, in un mercato globale, tendono a sfuggire ad ogni controllo.
Il compito si preannuncia arduo, e tendenzialmente sempre più complesso, in futuro, per la progressiva velocità delle scoperte e delle innovazioni. È importante cominciare a porre da subito le premesse di una più tarda maturazione.
Gc 5,7: Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Ecco che l'agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra, attendendo con pazienza che essa riceva le prime e le ultime piogge.
Mc 4: 26 Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che abbia gettato il seme in terra, 27 e poi dorme e veglia, di notte e di giorno, mentre il seme germina e si sviluppa, senza che egli sappia come. 28 La terra da sé produce prima l'erba, poi la spiga e poi nella spiga il grano pieno. 29 Quando, infine, il frutto lo permette, subito si mette mano alla falce, poiché è giunta la mietitura».
Scheda ecclesiale – sacramentale
"Il modo in cui noi esseri umani trattiamo la creazione è pieno di tensioni. Ne usiamo, e nello stesso tempo minacciamo la sua sopravvivenza. Nella maniera in cui continuiamo a sfruttare la natura, nel modo in cui viviamo come se fossimo l’ultima generazione sulla terra, dimostriamo di non essere riconciliati con la creazione. La riconciliazione presuppone un cambiamento del nostro atteggiamento verso la natura, e questo presuppone a sua volta un cambiamento nel modo in cui comprendiamo noi stessi. Come cristiani sappiamo di lasciare ancora a desiderare circa la nostra responsabilità, non soltanto nei riguardi della natura ma anche delle generazioni future, e di molte persone che vivono oggi nel mondo. Per noi cristiani la ‘salvaguardia del creato’ costituisce un aspetto della riconciliazione con Dio, con noi stessi, con l’umanità e con la natura.""Riconciliazione dono di Dio e sorgente di vita nuova",
documento di lavoro per l’Assemblea Ecumenica di Graz 1997, a cura di G. Chiaretti,
collana Documenti Chiese Locali 62, EDB 1996, n°91; e anche i nn.92-105.
"Lo stile poetico del racconto genesiaco della creazione rende bene lo stupore che l’uomo avverte di fronte all’immensità del creato e il sentimento di adorazione che ne deriva verso Colui che ha tratto dal nulla tutte le cose. E’ una pagina di intenso significato religioso, un inno al Creatore dell’universo, additato come l’unico Signore di fronte alle ricorrenti tentazioni di divinizzare il mondo stesso. E’ insieme un inno alla bontà del creato, tutto plasmato dalla mano potente e misericordiosa di Dio.
‘Dio vide che era cosa buona’ (Gen 1,10.12, ecc.). Questo ritornello che scandisce il racconto proietta una luce positiva su ogni elemento dell’universo, lasciando al tempo stesso intravedere il segreto per la sua appropriata comprensione e per la sua possibile rigenerazione: il mondo è buono nella misura in cui rimane ancorato alla sua origine e, dopo che il peccato lo ha deturpato, ridiventa buono, se torna, con l’aiuto della grazia, a Colui che lo ha fatto. Questa dialettica, ovviamente, non riguarda direttamente le cose inanimate e gli animali, ma gli esseri umani, ai quali è stato concesso il dono incomparabile, ma anche il rischio, della libertà.
La Bibbia, subito dopo i racconti della creazione, mette appunto in evidenza il drammatico contrasto tra la grandezza dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, e la sua caduta, che apre nel mondo l’oscuro scenario del peccato e della morte (Cf.Gen 3)."
"Dies Domini" di Giovanni Paolo II, EDB 1998, n°9; e inoltre i nn.8; 10; 15-17.
"Per i credenti una cosa è certa: l’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio. L’uomo, infatti, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l’universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutte le realtà all’uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra …"
"Gaudium et Spes" del Concilio Vaticano II, n°34; e anche i nn.39 e 69.
"La chiesa trova già ‘nelle prime pagine del libro della Genesi’ la fonte della sua convinzione che il lavoro costituisce una fondamentale dimensione dell’esistenza umana sulla terra. L’analisi di tali testi ci rende consapevoli del fatto che in essi – a volte con un modo arcaico di manifestare il pensiero – sono state espresse le verità fondamentali intorno all’uomo, già nel contesto del mistero della creazione. Sono queste le verità che decidono dell’uomo sin dall’inizio e che, al tempo stesso, tracciano le grandi linee della sua esistenza sulla terra, sia nello stato della giustizia originaria, sia anche dopo la rottura, determinata dal peccato, dell’originaria alleanza del Creatore con il creato, nell’uomo. Quando questi, fatto "a immagine di Dio…maschio e femmina", sente le parole: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela", anche se queste parole non si riferiscono direttamente ed esplicitamente al lavoro, indirettamente già glielo indicano al di là di ogni dubbio come un’attività da svolgere nel mondo. Anzi, esse ne dimostrano la stessa essenza più profonda. L’uomo è immagine di Dio, tra l’altro, per il mandato ricevuto dal suo Creatore di soggiogare, di dominare la terra. Nell’adempimento di tale mandato, l’uomo, ogni essere umano, riflette l’azione stessa del Creatore dell’universo."
"Laborem exercens" di Giovanni Paolo II, EDB 1981, n°4; e anche il n°25.
"Affermando il principio che un futuro sostenibile richiede un'equa divisione delle risorse, le nazioni dell'Europa Occidentale devono assumersi una speciale responsabilità nel fare cambiamenti nei loro modi e livelli di crescita e di consumo. Le nazioni dell'Europa Orientale hanno bisogno di un intervento urgente per risolvere i propri seri problemi di inquinamento in modo da poter raggiungere gli scopi ambientali senza destabilizzazione economica. In molti casi ciò può essere fatto insieme ai Paesi dell'Europa Occidentale. La questione dell'energia nucleare e della sicurezza è particolarmente critica. È ora evidente che la terra non può sopportare che tutte le nazioni del mondo raggiungano i livelli e le abitudini di produzione e consumo già praticati in Europa Occidentale. Questa situazione mette di nuovo l'Europa in una ingiusta posizione di vantaggio e di potere nei confronti del processo di sviluppo. Simili disuguaglianze devono essere tenute in considerazione anche come attuali e potenziali profonde cause di disordini internazionali e di conflitti.
I paesi in via di sviluppo e quelli in fase di transizione hanno diritto ad un'equa condivisione delle comuni risorse della terra. Il loro sviluppo non può essere guidato dalle insostenibili pratiche adottate in Europa Occidentale. Piuttosto, i Paesi più industrializzati devono ridurre le proprie pretese sull'ambiente, raggiungere tecnologie ambientalmente sostenibili e stili di vita sostenibili per se stessi e, al momento opportuno, assistere gli altri Paesi a fare lo stesso. Riguardo al problema cruciale del cambiamento del clima e del forte inquinamento dell'atmosfera, ad esempio, è chiara responsabilità dell'Europa Occidentale ridurre drasticamente le domande di energia e la combustione di combustibili fossili. Deve anche fare ogni sforzo per perfezionare ed applicare le appropriate tecnologie ed infrastrutture che consentano l'impiego di fonti di energia rinnovabile e le misure di qualità.
Inoltre l'Europa Occidentale deve essere preparata a condividere, con le aree più povere dell'Europa e del mondo in via di sviluppo, le proprie efficienti tecnologie rinnovabili e sostenibili.
C'è necessità di dare ai popoli delle diverse nazioni e di differenti culture lo spazio per sviluppare i propri modelli di società sostenibili. L'esportazione di un modello «occidentale» di società in Europa Orientale o nelle nazioni in via di sviluppo, attraverso l'uso dell' «aiuto allo sviluppo», deve essere messa in discussione. I partecipanti delle nazioni dell'Europa dell'Est hanno espresso fortemente l'opinione che la società dei consumi, caratteristica dell'Europa Occidentale, non è il modello che si augurano di seguire. Hanno dichiarato: «Speriamo di costruire una società più umana, imparando dagli errori delle nazioni occidentali».
La sostenibilità avrà naturalmente implicazioni che interessano il nostro personale stile di vita. Sebbene le misure sia politiche che economiche siano indispensabili, da sole non basterebbero per operare il necessario cambiamento. Non c'è nessuna «soluzione magica».
Ogni cittadino è chiamato a contribuire per la sostenibilità attraverso il proprio stile di vita. Come potrebbe essere un tale stile di vita? Ne citiamo solo alcune caratteristiche:
Dal momento che gli attuali livelli di consumo di energia non possono essere mantenuti, dobbiamo fare ogni sforzo possibile per evitare consumi energetici non necessari. Qualche riduzione può essere ottenuta attraverso l'applicazione di misure inerenti l'utilizzazione efficiente dell'energia in casa, nelle strutture comunitarie e negli ambienti di lavoro, ma in definitiva verrà richiesto un differente stile di vita che implichi una riduzione del riscaldamento, dell'illuminazione, dell'uso di elettrodomestici, di macchinari e così via. Campagne di impegno ambientale personale, nelle quali gli individui si impegnano a ridurre il proprio consumo d'energia del 2% ogni anno entro i prossimi dieci anni, sono state lanciate in diversi Paesi.
È necessario trovare un nuovo approccio alla mobilità e al trasporto. Per diverse ragioni, le forme attuali di mobilità non sono sostenibili. Per la maggior parte delle persone, uno stile di vita responsabile rappresenterà un significativo ritorno sui propri passi riguardo all'uso della propria auto privata, e all'utilizzo, al contrario, dei trasporti pubblici, della bicicletta o del muoversi a piedi. Questo può essere faticoso, ma è uno dei problemi ambientali con cui maggiormente si scontra il nostro modo occidentale di vivere. Altre misure includono la diminuzione dell'utilizzo dei mezzi aerei, in particolare per brevi viaggi via terra dove il treno sarebbe sufficiente.
Allo scopo di evitare trasporti e refrigerazioni non necessari, un nuovo stile di vita darà preferenza al consumo di beni locali e stagionali.
La produzione di carne è un modo inefficiente di utilizzare le risorse naturali per l'alimentazione e sta ponendo, specialmente nelle sue forme moderne di produzione di massa, tensioni indesiderabili sull'ambiente. Un sostenibile stile di vita chiama perciò ad un consumo minore di carne.
Ogni sforzo è necessario per evitare il deterioramento. In generale, quindi, i beni saranno fatti per durare il più a lungo possibile. Dovremmo ritornare a una «cultura del riutilizzo e del riciclaggio».
Soprattutto, il nuovo stile di vita dovrebbe essere caratterizzato da un nuovo uso del tempo. Nel nostro uso del tempo, valori come relazioni umane, comunità, cura, lealtà verso le altre persone e rispetto per la natura, richiedono la giusta priorità. Un nuovo utilizzo del tempo aumenterà lo spazio dato alla meditazione e alla preghiera.
Nella situazione attuale, uno stile di vita governato da tali valori resta in contraddizione rispetto all'andamento generale. Tale stile di vita può richiedere una forma di «esodo» dalla cultura dominante di consumo. Esso comporta la resistenza alle pressioni economiche e materialistiche che influenzano il significato ed il contenuto di ogni vita individuale. L'esortazione di Paolo è qui rilevante: «Non conformatevi agli schemi di questo mondo, ma lasciate che Dio vi trasformi intimamente con un radicale mutamento della vostra mente; allora potrete conoscere la volontà di Dio, che cos'è buono, accettabile e perfetto» (Rom 12,2).
Tale cambiamento di stile di vita non implica assolutamente un atteggiamento negativo verso i beni del mondo. Al contrario, aiuterà lo schiudersi di nuove dimensioni della vita umana e condurrà a forme di realizzazione e soddisfazione qualitativamente più elevate. In primo luogo significa «riconquistare perdute terre di libertà all'interno di noi» (da un rapporto della Chiesa norvegese: La Società dei Consumi come sfida etica). Uniformarsi alla società consumistica conduce alla dipendenza. Fondamentalmente, la tradizione cristiana afferma la bontà del mondo e gradisce le gioie che il mondo è in grado di procurare. Ma solo nella libertà le bontà del mondo possono essere realmente apprezzate; uno stile di vita più libero conduce ad una qualità più profonda della vita stessa."
Documento finale dell’incontro ecumenico: «Ambiente e sviluppo», CEC e CCEE, Creta, estate 1995.
Altri riferimenti:
"Tertio millenio adveniente" di Giovanni Paolo II, EDB 1994, nn.1-8.
"L’uomo custode del creato", in "Letture dei giorni", a cura della Comunità di Bose, PIEMME 1999, pag. 887-899.
Scheda di spiritualità e mondialità
1-Sviluppo economico e squilibrio mondiale socio-ecologico
Più lontano, più veloce in maggior quantità. È questo il credo che anima la società industriale. Produzione e consumo vengono stimolati, le distanze superate più velocemente, la comunicazione accelerata.
Eppure sempre più persone si rendono conto che una crescita illimitata in un mondo limitato non è possibile. Le variazioni del clima e l'effetto serra, il buco nell'ozono e la morìa dei boschi sono soltanto alcuni segni. Un avanti così non funziona più: il nostro modo di vivere e di fare economia non è più sostenibile, né tanto meno può essere un modello per il domani e per i Paesi del Sud del mondo.
È indiscutibile che la crescita economica ha portato a molti uomini un benessere senza precedenti, come pure la liberazione dalla fatica. Però non ha eliminato la povertà di massa in molte regioni del Sud e ha aumentato l'abisso fra vincenti e perdenti, sia nel rapporto Nord-Sud, sia nei Paesi industrializzati. Intanto il pianeta viene saccheggiato e le conseguenze colpiscono più duramente gli abitanti dei Paesi poveri del Sud, né si intravede una fine di questo processo funesto.
Viviamo oggi una lacerazione: si parla di ambiente e di un mondo, ma non si pongono le fondamenta per il necessario cambiamento di struttura.
Questa divaricazione tra sapere e agire, la ritroviamo sia nella politica ufficiale sia nell'ambito privato. Per superare questa discrepanza occorrono ben più che semplici informazioni sull’attualità.
Occorrono accurate analisi e la presentazione di possibilità realistiche di intervento. Occorre una visione, un progetto di vita in un mondo in cui le limitate risorse siano provvidamente utilizzate e suddivise in modo più equo.
La sfida è enorme. Solo con l'unione delle forze e delle competenze si possono ottenere progressi e realizzare cambiamenti. La cooperazione allo sviluppo diventa credibile e ha senso a lungo termine solo se affronta la questione del vivere diversamente nel proprio Paese. La politica per l'ambiente recupera così la reale prospettiva di un futuro possibile, attraverso l'assunzione di una responsabilità planetaria e attraverso l'impegno per la giustizia sociale.
A.A.VV, Per una civiltà capace di futuro, EMI, pag. 4
2- Il capitalismo totalitario e lo sfruttamento strutturale
Un’ulteriore sfida proviene dalle enormi disuguaglianze sociali ed economiche che esistono nel mondo, in modo particolare quelle tra Nord e Sud. I poveri diventano più poveri e il divario tra quelli che stanno bene e quelli che stanno male diventa sempre maggiore.
Secondo dati forniti dalla Banca mondiale tale divario negli ultimi dieci anni è aumentato dei 30%. La popolazione mondiale si sta avvicinando ai sei miliardi. Il miliardo di gente più ricca sta, almeno dal punto di vista materiale, 150 volte meglio del miliardo di gente più povera. In base a dati forniti dalla World Health Organisation, gli Stati Uniti con una popolazione pari al 4% della popolazione mondiale consumano il 42% del totale delle risorse per l'igiene e l'assistenza sanitaria usate nel mondo. (Ma allo stesso tempo all'interno degli Stati Uniti il divario tra ricchi e poveri, tra «forti» e «deboli» non fa che crescere).
Il 30% della popolazione mondiale non ha abbastanza da mangiare e mezzo miliardo di esseri umani abitanti nelle regioni più povere del mondo soffrono di «fame assoluta». In base alla definizione datane da Robert McNamara al tempo in cui era presidente della Banca mondiale, per condizioni di «fame assoluta» si intende «condizioni di vita così limitate da sottodenutrizione, analfabetismo, malattie, ambiente contaminato, alto tasso di mortalità di neonati e breve durata della vita, da essere incompatibili con ogni ragionevole definizione di dignità umana».
Recenti statistiche della Banca mondiale mostrano che il 65% della popolazione africana vive in siffatte condizioni. 190 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni di età soffrono di denutrizione cronica. Seicento milioni di persone non hanno accesso ad acqua fresca e un recente rapporto dell'UNICEF ci dice che due milioni di bambini al di sotto dei cinque anni muoiono a causa di infezioni contratte in seguito alla mancanza di acqua fresca.
Le cause principali di tutte queste morti e sofferenze, non vanno cercate nelle forze della natura e nelle calamità naturali che di tanto in tanto si abbattono su certe regioni. Le cause principali vanno cercate nelle strutture esistenti sia nei paesi del terzo mondo sia in quelli del primo e del secondo, e vanno altresì cercate nelle politiche economiche dei paesi più ricchi del Nord del mondo. Ad esempio: soltanto le politiche protezioniste di questi paesi costano ai paesi poveri del Sud del mondo miliardi di dollari all'anno. E gli interessi e ammortamenti che i paesi poveri del Terzo mondo debbono pagare sul debito estero assommano a circa 50 miliardi di dollari annui. Questo costituisce uno dei maggiori e più perversi ostacoli al loro sviluppo. Nel 1993 il debito estero totale dei Sud assommava a 1500 miliardi di dollari e il 20% dei soldi presi in prestito sono stati spesi nell'acquisto di armi. I morenti di fame nel mondo non sono vittime di catastrofi naturali; sono vittime di sfruttamento strutturale.
La caduta del sistema di socialismo reale ha lasciato un vuoto che è stato prontamente riempito dall'espandente sistema del capitalismo totalitario, caratterizzato da politiche rapaci nei confronti della natura, dei gruppi più deboli e dei paesi del Terzo mondo. Il sistema delle potenti e onnicomprensive società multinazionali e transnazionali sta assumendo sempre di più il posto e le funzioni dello stato totalitario: esse ci sfruttano, ci manipolano, ci indottrinano, ci condizionano dal momento in cui nasciamo fino al momento in cui moriamo. Sono loro che producono i cibi per i nostri bambini, i semi che usiamo per seminare i nostri campi, le macchine che usiamo per ararli le medicine di cui abbiamo bisogno per sopravvivere, i chiodi con i quali viene per sempre chiusa la nostra bara. Come se ciò non bastasse, veniamo martellati giorno e notte da una pubblicità, a volte rozza, a volte molto sottile e strisciante, in cui investono miliardi di dollari, manipolando e condizionando così il mercato in modo tale per cui parlare di un mercato libero non è parlare del nostro mondo. In conseguenza di ciò i parlamenti nei paesi a regime democratico sono sempre di più ridotti a istituzioni la cui funzione è quella di scegliere tra alternative imposte dal di fuori, dal sistema globale delle multinazionali più spesso chiamato il Mercato. Un sistema che minaccia continuamente la pace e la giustizia nel mondo.
G.Pontara, La personalità non violenta, Ed. Gruppo Abele, pag. 17-20
3-Pace, giustizia e salvaguardia del creato
Qualcuno potrebbe pensare che il bisogno di allargare i consensi, con l'ammiccamento ai temi di moda, abbia provocato l’inclusione del problema ambientale nell'area degli interessi di coloro che si battono per la pace.
Non è così. Alla radice di questa coscienza, che potremmo chiamare "trinitaria", visto che la pace oggi si declina inevitabilmente con la giustizia e con la salvaguardia del creato, c'è la constatazione che, a produrre tanti guasti inesorabili della natura, è sempre il seme del profitto. Lo stesso che genera le guerre.
L'utero che partorisce la guerra è sempre gravido, diceva Brecht.
E i suoi parti sono trigemini, dal momento che, oltre alla guerra e all’ingiustizia, si porta dentro anche il mostro ecologico.
Isaia le aveva intuite prima di noi queste articolazioni, quando annunciava la discesa dello Spirito che avrebbe trasformato il deserto in giardino, all'interno del quale sarebbe fiorito l'albero della giustizia, sui cui rami sarebbe spuntato il frutto della pace. "In noi sarà infuso uno Spirito dall’alto. Allora il deserto diventerà un giardino… e la giustizia regnerà nel giardino… e frutto della giustizia sarà la pace" (Is 32,15-17).
A.Bello, Sui sentieri di Isaia, La meridiana, pag.17
4- Per una spiritualità ecologica
Negli ultimi anni, la riflessione sull'ecologia ha superato il conservatorismo di chi si preoccupava solo della protezione delle specie minacciate di estinzione o della creazione di riserve ecologiche in un mondo che, per il resto, poteva anche essere l'immondezzaio per tutte le scorie dell'umanità. Ha evidenziato, al contrario, la necessità di un approccio che si dimostri capace di coniugare una giusta preoccupazione per la terra e per l'armonia dell'universo e quella per la relazione tra le persone e la giustizia sociale, mirando nel contempo a ciò che potremmo chiamare una spiritualità ecologica.
Mi rendo conto che questa espressione è ambigua e che potrebbe suonare come significativa solo per chi condivida un cammino di fede o che comunque accetti di stabilire un nesso tra l'universo e Dio. Per questo, forse, sarebbe meglio parlare di un'etica dell'ecologia integrale.
In ogni caso, per me che scrivo e per voi cui mi rivolgo con questa lettera, le due dimensioni sono entrambe valide e presenti. È fondamentale esplicitare un'etica ecologica. Nello stesso tempo, come cristiani crediamo che ciò sia opera dello Spirito di Dio in noi e siamo tenuti a rispettare questa ispirazione.
Pur sapendo che la maggior parte di voi non è coinvolta direttamente in progetti ecologici, so che tutti partecipate di questa grande preoccupazione comune con la madre terra e dell'esigenza di collegare questa relazione di giustizia e amore all'universo con la fede e l'espressione della nostra alleanza con Dio.
M.Barros, Camminando con voi, EMI, pag.43-44
5- Quali prospettive per le generazioni future?
Si tratta di una questione intimamente connessa con gli effetti delle nostre azioni sulla natura e uppo sostenibile è definito come quel processo che «va incontro ai bisogni prese
l'ambiente, con fenomeni come l'impoverimento della biodiversità, l'assottigliamento della fascia di ozono, l'effetto serra, l'erosione del suolo, l'acidità delle piogge, la diminuzione di terreni coltivabili, e con problemi come quello del deposito in luoghi sicuri delle scorie radioattive. La sfida è nientemeno che quella di realizzare uno sviluppo sostenibile, a livello globale.
Come è noto, il problema è stato messo in primo piano verso la metà degli anni '80 dal rapporto della Commissione Bruntland. In questo rapporto, lo svil
nti senza mettere in pericolo la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri». Vi è vasto accordo che per rispondere a questa sfida tre misure sono necessarie, anche se certamente non sufficienti. Occorre, in primo luogo, porre fine allo sfruttamento rapace sia delle risorse non rinnovabili sia di quelle rinnovabili del pianeta. In secondo luogo, occorre ridurre drasticamente tutte quelle azioni (di regola collettive) che comportano una seria minaccia ai beni pubblici - come gli oceani, l'atmosfera, il clima. La terza misura necessaria per mettersi sulla strada dello sviluppo sostenibile è la limitazione alla crescita sempre più rapida della popolazione mondiale.
G.Pontara, La personalità non violenta, Ed. Gruppo Abele, pag. 23-24
ALTRI TESTI UTILI:
AA.VV., Nord-Sud: predatori, predati, opportunisti, EMI.
P.Visonà, Azzurro terra, La meridiana, pag. 81-120.
AA.VV., Lettera ad un consumatore del nord, EMI.
Testi per comprendere:
"Dio nella creazione" – J.Moltmann – Queriniana 1992.
"Liberi e fedeli in Cristo" – B.Haring – vol.III: cap.IX (la pace sulla terra) – Paoline 1987.
Articoli …
"La terra è di Dio" – abate Franzoni – in Regno Documenti, luglio 1973 – pag. 338-351.
* Vediamo alcuni numeri: 57.58.59.60.98.
"Che la terra sia di Dio la bibbia lo ripete a più riprese. Con formula che richiama la posizione di dominio dei sovrani dell’antico oriente essa proclama che Dio è il ‘Signore di tutta la terra’ (Gios.3,11.13; sal.97,5; Mi.4,13; Zach.4,14 e 6,5). In essa si esprime la fede nell’unico Signore dell’universo da lui creato e certamente amato …
Altri testi proclamano la fondamentale ed essenziale proprietà di Dio sulla terra … ‘Mia è tutta la terra’ (Es.19,5) …
Ma Dio ciò che crea dona e la terra la dona con liberalità all’uomo: ‘I cieli appartengono a Dio, ma la terra egli l’ha data ai figli dell’uomo’ (sal.115.16).
‘Data’, certamente, ed anche in ‘proprietà’, purché questa nuova ‘proprietà’ non sia a detrimento o in contrasto con quel primordiale e fondamentale rapporto che la terra ha con Dio. Più che di ‘proprietà’ si deve parlare di ‘eredità’, di cui l’uomo è costituito ‘depositario’. Resta infatti quell’originale relazione intima che passa tra Dio e la terra e che è fondata sulla creazione e sulla costante divina presenza, per cui non sarebbe tollerabile qualcosa di contrario a Dio, senza essere responsabili di profanazione e dissacrazione.
…Un elemento nuovo che ci fa leggere la nostra realtà … è la presenza operante del vero Dio ed il valore trascendente del suo regno attualmente disponibile tra gli uomini grazie a Gesù Cristo. L’uomo saggio e prudente opera la scelta ed agisce di conseguenza. Per tale ‘acquisto’ non c’è davvero costo che spaventi. Anche se gli si chiede tutto ciò che possiede sulla terra, egli sa bene l’enorme, incalcolabile valore della vita eterna …
E’ il regno che bisogna ‘cercare prima di tutto’ … e Dio non lascerà senza il necessario (Mt.7,7-11; Lc.11,9-13; Ebr.13,5 ss.), anzi già in questa terra sarà dato il ‘centuplo’ (Mc.10,29; Lc.18,29; Mt.19,29). E’ il diverso atteggiamento che contraddistingue ‘colui che non conosce Dio’, cioè il pagano, dai discepoli di Gesù che hanno abbracciato e vivono la fede nella paternità di Dio rivelato loro da Gesù e in Gesù, nella buona novella della salvezza: preoccuparsi del cibo e del vestito (e tanto più per il superfluo) va attribuito in definitiva ad una mancanza di fede, quasi ad uno professione di ateismo pratico, mentre il vero e fedele cristiano cerca e contribuisce alla realizzazione concreta del regno e lascia ogni preoccupazione del genere a Dio, ‘il quale conosce tutte le vostre necessità’ e ‘vi ricolmerà di tutte queste cose’ (Mt.6,8,31ss.; Lc.12,29 ss.)."
Interventi …
"Rispetto dei diritti umani: vivere con il creato" – Giovanni Paolo II – 12 marzo 1999:
intervento alla Pontificia Accademia delle Scienze.
Ricerca ecumenica …
"Natura divina" – di G.Ferrò – in JESUS – agosto 1999: pag.14-18.
Altri testi …
"Un contatto con la terra" – J.David – Rizzoli (BUR) 1983:
"Mi voltai e nascosi il viso nell’erba alta. La terra girava a una velocità vertiginosa rombando nella notte eterna, e mi ci aggrappai con tutte e due le mani, schiacciandomi contro la sua superficie dura. Se solo avessi potuto esservi dentro, come tutti coloro che erano già al sicuro, morti e sepolti. Come mi sarei sentita sicura finalmente. Ma ero fuori, la terra non mi voleva ancora, e non c’era alcun modo di raggiungere quelli che erano dentro. Non serviva a nulla battervi coi pugni e piangere per esservi ammessa. Dovevo continuare a vivere il destino che mi era stato assegnato, da sola.Chiusi gli occhi, premetti la schiena sulla terra e ripetei forte: ‘I miei genitori sono morti. Sono morti in campi di concentramento, o su una strada di città. Non saprò mai come o quando o esattamente dove è successo e dove sono stati sepolti. Non ci sarà nessuna tomba ad accogliere i loro resti. Tutto questo paese è una tomba, la terra intera è una tomba e loro ne fanno parte. Posso andare via ora, ma finché potrò toccare la terra sarò in contatto con loro’.
Attraverso gli occhi socchiusi il cielo luminoso scintillava. C’era un frastagliato disegno di foglie che danzavano contro il suo fondo, di un azzurro intenso. Mi svegliai dopo un lungo sonno in cui il profumo delle mele e delle pere che maturavano al sole era miracolosamente tornato e riempiva ancora l’aria attorno a me. La terra era soffice. Stavo sdraiata sulla schiena, sentendo cedere la terra sotto di me, come una calda culla. L’erba cresceva tra le mie dita e sopra il mio corpo; le formiche si arrampicavano sulle mie gambe. Le guardai con calma, senza un brivido di paura. Esse, e tutti noi, appartenevamo alla terra.
La terra era l’unica base indistruttibile e fondamentale della vita. Ci dava la vita e a lei un giorno saremmo tornati. Quella era l’unica certezza, l’unica consolazione. Dai frutteti, che sognavano nel sole autunnale, il vento caldo portava un profumo di frutta che maturava. Un profumo di vita che tornava. Un profumo di pace".
Corporeità …
"Il corpo di carne" – X.Lacroix – EDB 1998.
"Trascendenze. Saggio su Dio e il corpo" – Y.Ledure – EDB 1991.
"Il mio corpo sono io" – E.Moltmann Wendel – teologia al femminile – Queriniana 1996.
Lavoro …
"Per una cultura del lavoro" – M.Toso – EDB 1989.
"Il lavoro nel duemila" – L.Bobba e G.Cionti – EDB 1990.
"Nuove mete dell’azione sociale" – A.Cavagna – EDB 1992.
"Il vangelo del lavoro"– … – EDB.
Musica …
"E’ il mio corpo che cambia" – Litfiba.