ANALISI DESCRITTIVA DI UN PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE LAVORATIVA

Alessandro Vallarino, Igor Blua, Cristina Bosio, Cristina Calvo

Dipartimento di Salute Mentale Azienda Sanitaria Locale 17 -Savigliano (CN)

 

 

INTRODUZIONE

I dati che emergono dall'osservazione quotidiana e dalla letteratura psichiatrica e sociologica (Crepet 1990, Warner 1991, Midgley 1990) concordano nel dimostrare come una condizione subita di disoccupazione e inoccupazione contribuisca a costituire situazioni di grave stress, e come le persone con severi disturbi psichici vivano una sofferenza ancora maggiore per la perdita di relazioni, autostima, autonomia conseguente alle difficoltà a trovare e reggere un lavoro. L'assistenza psichiatrica nella sua storia ha praticato il lavoro coatto come "disciplinamento" (De Bernardi 1980) e come "terapia" (Slavich 1967); ma è ormai ampiamente dimostrato (Ciompi, 1987) che, in queste forme, il lavoro per le persone affette da disturbi psichici costituisce un grave ostacolo al loro reinserimento in condizioni di vita sociale soddisfacenti (teoria degli impedimenti specifici, Wing 1970). Al contrario, il lavoro, inteso come emancipazione, diritto, aspetto fondamentale della norma sociale, pur con tutti i suoi nodi problematici (Petrella, Asioli 1997), può assumere rilevanti valenze riabilitative e "terapeutiche", come la nuova assistenza psichiatrica in Italia (Saraceno 1995, Henry 1992, 1996, Castelfranchi 1990, De Leonardis et al. 1994, Bondioli et al., 1995) ed altrove (Bond 1992, et al., 1997) sta tentando di dimostrare.

Il locale Dipartimento di Salute Mentale promuove da quattro anni, in accordo al Progetto Obiettivo "Tutela della Salute Mentale 1994 - 1996", una ricerca programmata di inserimenti formativi e lavorativi supportati per gli utenti affetti da disturbi psichici gravi. Questa ricerca è formulata da un coordinamento di operatori appartenenti a tutte le figure professionali, attraverso l'esame delle soluzioni proposte dalla letteratura ed un approfondito lavoro sul territorio, volto all'individuazione di risorse affidabili (luoghi e persone cui è "affidato" il paziente), compatibilmente con la realtà economica ed istituzionale della comunità locale. Secondo questo programma, gli utenti lavorano per una ricompensa economica (tra le 4 e le 10mila lire l'ora, in linea con la normativa vigente in tema di corsi di formazione professionale) per 16 - 20 ore la settimana, in contesti lavorativi reali ed integrati con la filosofia operativa del Centro di Salute Mentale, affiancati ad una persona titolare di un regolare rapporto di lavoro in veste di "tutor", o supervisore. Presso la sede lavorativa (Ente Pubblico, azienda privata, Cooperativa Sociale "di tipo B") gli utenti ricevono un continuo supporto da parte di un operatore psichiatrico in veste di "mediatore lavorativo". Lo psichiatra di primo riferimento per l'utente, il supervisore, il mediatore lavorativo ed un familiare dell'utente svolgono le funzioni di un modello coordinato di "gestione del caso" (Baker e Intagliata, 1992). In accordo ai criteri suggeriti dalla recente letteratura (Marrone et al., 1995), possiamo individuare all'interno del nostro programma cinque tipi di supporto:

  1. Supporti naturali, costituiti dai colleghi di lavoro e soprattutto dal supervisore. Nella nostra esperienza, questi supporti, accanto ad altri, costituiscono uno dei più importanti fattori di "de-psichiatrizzazione", ed il ruolo di queste persone è estremamente importante per la costruzione del "clima" terapeutico, determinante per il raggiungimento degli obiettivi.
  2. Supporti della famiglia, attivamente coinvolta nel programma attraverso un approccio che preferiamo definire di educazione sanitaria, piuttosto che psicoeducazione. (Piccione, 1994). Questi supporti sono orientati alla soluzione dei problemi, allo sviluppo di abilità sociali e di self-management necessarie all'attività lavorativa ed alla concretizzazione degli esiti riabilitativi nella complessiva qualità di vita dell'utente.
  3. Supporti della rete sociale, rappresentati dalla partecipazione dell'utente a gruppi di discussione con operatori del servizio (non solo quelli coinvolti nel coordinamento per gli inserimenti lavorativi) ed a gruppi di mutuo-aiuto con altri utenti partecipanti ai programmi riabilitativi.
  4. Supporti del mediatore lavorativo, finalizzati allo sviluppo dei "comportamenti socialmente competenti" individuati nel piano di trattamento (secondo Spivak) e condivisi dal supervisore. Questi supporti si concretano in una relazione d'aiuto che cerca di ispirarsi ai principi terapeutici generali, nonché alle conseguenze per la pratica, derivanti dal modello di comprensione delle malattie mentali offerto da L.Ciompi (1982)
  5. Supporti di tipo organizzativo, relativi soprattutto alla cura delle procedure per la regolare e graduale successione degli inserimenti lavorativi lungo l'"asse lavoro" (Ciompi 1987): dal lavoro in condizioni protette (retribuito con borsa-lavoro erogata dal fondo sanitario dell'A.S.L. e/o con strumenti analoghi erogati da altri enti pubblici o del volontariato), al lavoro "competitivo", ossia con retribuzione normale.

Il programma enfatizza soprattutto i seguenti aspetti:

  1. Il supporto, soprattutto quello "naturale" e "della rete sociale", senza netta distinzione tra clinico ed extra-clinico, nella prospettiva di una riabilitazione intesa come "abilitazione naturale", affrancata quanto più possibile dalla psichiatria: "La totalizzazione psichiatrica è, infatti, sempre in agguato, soprattutto quando sono gli psichiatri a gestire direttamente la casa e il lavoro dei pazienti che hanno in carico, o quando pretendono di colonizzare queste attività esistenziali unicamente con i propri modelli teorici" (P. Henry, 1992). Ciò tuttavia non esclude la responsabilità terapeutica degli operatori e l'obiettivo di definire un supporto discreto ma garantito e continuo, in caso di bisogno, anche durante lo stadio del lavoro competitivo.
  2. La partecipazione e la responsabilizzazione: l'utente è direttamente coinvolto in tutte le fasi della scelta della sede di lavoro, delle strategie e della gestione dell'intervento.
  3. L'acquisizione graduale dell'autonomia da parte dell'utente e la promozione della sua indipendenza dagli elementi "istituzionali" del Dipartimento (ad esempio attraverso l'erogazione della borsa lavoro da parte di un'altra agenzia per le fasi avanzate del programma).
  4. La contrattualità dell'utente rispetto alla sede lavorativa, alla famiglia, al Dipartimento.
  5. La familiarità dell'utente con la sede lavorativa, la rapidità dell'assegnazione del posto di impiego, il feedback cognitivo, l'attento esame delle preferenze espresse dall'utente, tutti elementi che alcuni autori (Drake e Becker, 1996) segnalano come positivamente correlati con l'esito degli inserimenti lavorativi.
  6. L'integrazione dell'offerta di riabilitazione lavorativa con le altre opzioni di trattamento disponibili al Centro di Salute Mentale, all'interno del più ampio progetto di individuale presa in carico.

Nella nostra metodologia, l'inserimento lavorativo si colloca all'interno di un programma terapeutico individuale ed integrato, multidimensionale, nel quale la "riabilitazione" spesso non è distinguibile dalla "terapia". Le sedi disponibili all'inserimento lavorativo (protetto, semiprotetto, competitivo) sono Enti Pubblici (Comuni, A.S.L., sindacati), Enti di formazione professionale, Cooperative Sociali, privati.

La realtà in cui il Dipartimento opera è rappresentata da un'Azienda Sanitaria Locale cui afferisce una popolazione di circa 150.000 abitanti, con un'economia in parte industriale ed in parte agricola, con una buona presenza di attività artigianali e del settore terziario, ma con una limitata presenza di Cooperative Sociali, ancora in fase iniziale di sviluppo; ciò si distribuisce su un territorio in parte di pianura e in parte montano, suddiviso in 61 comuni. La provincia cui questo territorio appartiene, con circa mezzo milione di abitanti, si colloca al 16° posto nella graduatoria globale della qualità della vita nelle 103 provincie italiane, elaborata dal quotidiano economico "Il Sole 24 Ore" per il 1996. Ma le informazioni in materia di occupazione, fornite dall'ISTAT per il triennio 1993 - 1996, mostrano una disoccupazione crescente (dai seimila disoccupati del 1993 ai dodicimila del 1996, con un tasso pari al 5,1% nel 1996), più concentrato sulla componente femminile della forza lavoro, ed una variazione negativa del 9.7%, in assoluto, del tasso di occupazione, più marcata per il settore agricolo (che ha perso in tre anni il 40% dei suoi occupati) e meno per l'industria (perdita contenuta entro il 6%). Infine, il rapporto tra iscritti agli uffici di collocamento - che non sempre sono da considerare come dei disoccupati veri e propri - e la popolazione in età da lavoro - rapporto che risulta sempre più alto della disoccupazione "ufficiale" - è pari al 7,7% nel 1996, con 9740 iscritti agli Uffici Circoscrizionali per l'Impiego corrispondenti ai comuni dell'A.S.L.. (dati pubblicati dal periodico locale "Nuovacittà", 1997). Il Dipartimento di Salute Mentale, costituitosi per deliberazione regionale nel 1996 dalla fusione dei servizi psichiatrici di 3 USSL, può usufruire soltanto dal 1990 dell'articolazione di operatori, servizi, risorse necessarie allo svolgimento delle sue funzioni ed al raggiungimento dei suoi obiettivi, in maniera peraltro ancora incompleta.

CASISTICA, METODOLOGIA DELL'ANALISI E ASSESSMENT INIZIALE

Dal 1993, inizio dell'esperienza, al dicembre 1997, 25 utenti del Dipartimento di Salute Mentale hanno usufruito di un intervento di riabilitazione lavorativa; 17 utenti hanno avviato il progetto da un anno, 5 utenti lo seguono da quattro anni, 3 lo hanno abbandonato prima del raggiungimento degli obiettivi. Sono stati analizzati i dati clinici ed i dati relativi al loro funzionamento psico-sociale attraverso l'uso di strumenti di misurazione classici; il punto di vista dell'utente e del familiare di riferimento è stato valutato mediante appositi questionari somministrati in maniera informale in occasione delle verifiche. Gli utenti, tutti nati e residenti nell'ambito territoriale della locale A.S.L., sono 17 uomini (età media 32,2 anni) e 8 donne (età media 31 anni). All'epoca della valutazione iniziale, cui si riferiscono questi dati, 3 utenti vivono da soli, 1 con famiglia propria, 17 con la famiglia d'origine e 4 risiedono in struttura intermedia (gruppo appartamento, comunità alloggio). Relativamente all'asse lavoro, 12 utenti non hanno avuto alcuna precedente esperienza lavorativa, mentre gli altri 13 hanno lavorato per periodi variabili (ma solo 7 con rapporto regolare di impiego) ed al momento dell'avvio del programma sono disoccupati (8 di loro da più di due anni). Il numero medio di anni di educazione scolastica è pari a 9 (quattro diplomati, nessun laureato, quattro licenze elementari). La diagnosi, per quanto concordiamo con Burti nel ritenere le etichette diagnostiche tradizionali un metodo inefficace per descrivere i pazienti di un programma riabilitativo, rimanda, in accordo ai criteri ICD-10, a disturbi dello spettro schizofrenico per 15 utenti (60%), a disturbi dello spettro bipolare per 4 utenti, a disturbi di personalità (cluster B del DSM-IV) per 6 utenti. Cinque utenti, tutti appartenenti a quest'ultimo raggruppamento diagnostico, hanno avuto precedenti di rilievo nell'area dei comportamenti antisociali; nessuno ha in anamnesi tentativi di suicidio. I punteggi delle rating scales (B.P.R.S., S.A.N.S., S.A.P.S., C.G.I.), per le quali vale, dal nostro punto di vista, una considerazione analoga a quella circa la diagnosi, indicano in media uno stato di "malattia" da moderata a severa, di durata media (misurata relativamente all'esordio e con tutto il "rispetto" per il successivo decorso) pari a 11,6 anni (superiore a 10 anni nel 44% dei casi, superiore a 3 anni nel 40% dei casi). La maggior parte degli utenti, 22 (88%), ha avuto ricoveri in ambito psichiatrico, in media 4; 11 utenti hanno avuto un ricovero nel corso dell'anno precedente l'avvio del programma. Tutti gli utenti ricevono un trattamento psicofarmacologico e sono considerabili "alti utilizzatori" dei servizi medici e psichiatrici. Le funzioni psico-sociali, valutate con sub-items della D.A.S. II e del Questionario per le Condizioni di Vita, mostrano un profilo medio di disabilità ("comportamenti socialmente incompetenti" secondo Spivak) assai rilevante negli spazi vitali relativi alla cura di sé, alla vita familiare e sociale, all'indipendenza nella vita quotidiana, coerentemente, da una parte, con la "gravità della malattia" e, soprattutto, con l'importanza del processo di desocializzazione cui questi utenti sono andati incontro negli anni, anche per l'inadeguatezza dei supporti ricevuti.

 

 

 

 

 

 

ESITI

La valutazione degli esiti riguarda i 22 utenti partecipanti al programma ed è stata effettuata relativamente allo status lavorativo, al profilo clinico (sintomatologia, recidive, ospedalizzazioni, frequenza del servizio ambulatoriale) ed al profilo "funzionale" (attraverso la verifica dei parametri di interesse psico-sociale esaminati in fase di assessment e di pianificazione dell'intervento), al termine di periodi differenziati di follow-up (1, 2, 4 anni). Per ciascun ambito di valutazione sono presi in considerazione anche gli eventi indesiderati. I 3 utenti che hanno abbandonato il progetto hanno interrotto per decisione concordata con gli operatori e per motivi molto diversi. Tutti questi utenti risultano diagnosticati nell'ambito dei disturbi di personalità, con disabilità relativamente meno rilevanti rispetto a problemi di disadattamento ai contesti sociali. In un caso, soggetto al drop-out nell'arco di tre mesi, la valutazione iniziale non aveva tenuto sufficientemente conto di un grave disturbo del controllo degli impulsi che ostacolava lo svolgimento dell'attività lavorativa presso una sede, la quale si era dimostrata efficace in un caso precedente con handicap di competenza sociale derivanti da un lungo periodo di istituzionalizzazione; in altri due casi l'inserimento lavorativo presso Cooperative Sociali, ad elevate aspettative (ossia con rapida potenzialità di assunzione), ha messo in luce nodi conflittuali importanti, più efficacemente affrontabili attraverso un programma terapeutico residenziale intensivo.

Esiti lavorativi

Esiti al termine del 1° anno: 3 utenti hanno trovato un lavoro competitivo, tutti ad orario settimanale ridotto; si tratta di due donne, una assunta come commessa, una assunta dall'A.S.L. con contratto provvisorio, ed un uomo, entrato come socio presso una cooperativa sociale di tipo B. I restanti 18 utenti mantengono l'impiego retribuito con borsa-lavoro: 2 di loro cominciano, con il secondo anno, una fase che prevede l'assunzione in un lavoro competitivo entro sei mesi, mentre 1 utente, 50enne, conclude l'attività lavorativa, come previsto dal suo progetto iniziale.

Esiti al termine del 2° anno (riguardano, come detto, cinque utenti, già compresi nei 18 del gruppo i cui esiti sono stati valutati a 1 anno): 2 utenti maschi sono stati assunti in un lavoro competitivo, a tempo pieno, nel settore privato (terziario e piccola industria); 1 utente ha occupazioni "a termine" con discreta continuità in impieghi competitivi nel settore pubblico e nell'agricoltura, per complessive trenta settimane l'anno; 1 utente prosegue l'impiego retribuito con borsa lavoro; 2 utenti hanno interrotto il programma e sono disoccupati da tre mesi.

Esiti a 4 anni: gli utenti impiegati al follow-up precedente proseguono il loro lavoro con le stesse caratteristiche; i due disoccupati hanno ripreso il programma con borsa-lavoro nel corso del 4° anno, uno in un laboratorio protetto, l'altro presso una cooperativa sociale di tipo B.

In conclusione: 22 utenti (88%) partecipano al programma, 3 (12%) lo hanno abbandonato; entro il primo gruppo, 5 utenti (22%) hanno ottenuto un impiego competitivo, un sesto utente svolge in quest'ambito impieghi periodici; 15 utenti (68%) mantengono l'impiego retribuito con borsa lavoro (in due casi con una interruzione di quasi 1 anno); un utente ha concluso l'attività lavorativa, come programmato. Inoltre, 10 utenti (45%) hanno svolto una singola attività lavorativa, mentre 12 utenti (55%) hanno lavorato in due o tre sedi distinte.

In questo settore della valutazione, gli unici eventi indesiderati sono stati gli abbandoni, verificatisi, in due casi, in vista dell'assunzione; non si sono verificati incidenti sul lavoro né licenziamenti o problemi di rilievo rispetto a colleghi e datori di lavoro.

Esiti clinici

La riduzione dei ricoveri ospedalieri è ritenuta un dato importante nella valutazione di un intervento terapeutico e/o riabilitativo. La nostra opinione è che si tratti di un indicatore impreciso e poco significativo per la prassi del Dipartimento, nella quale la precedenza è accordata alla reale integrazione degli interventi ed alla riduzione/prevenzione dei fenomeni di desocializzazione. Tuttavia abbiamo considerato la nostra casistica anche sotto quest'aspetto, attraverso il quale si mettono in evidenza i seguenti risultati: tra i 22 utenti che avevano avuto precedenti ospedalizzazioni psichiatriche, 2 hanno avuto un ricovero nel primo anno, in coincidenza con una recidiva di sintomi psicotici (di tipo maniacale in un caso); altri due utenti hanno avuto un ricovero nel terzo anno (si tratta dei due che hanno temporaneamente sospeso il programma), per lo stesso motivo; i restanti 18 (81%) non hanno avuto altri ricoveri, valutati ad un anno (16 utenti) e a quattro anni (2 utenti). Inoltre, 3 utenti hanno sofferto recidive clinicamente rilevanti, in occasione delle quali è stato possibile attuare, per la prima volta nella loro storia clinica, interventi di gestione extra-ospedaliera. L'evento recidiva riguarda uno solo degli utenti che hanno raggiunto un lavoro nel mercato concorrenziale. Gli utenti che non avevano mai avuto ricoveri hanno mantenuto questa positiva tendenza. In tutti i casi, la valutazione clinica attraverso rating-scales permette comunque di evidenziare un minore impegno in termini di sintomatologia; ciò si associa ad un complessivo minor "carico" psicofarmacologico (annullamento delle politerapie, riduzione dei dosaggi medi, variazioni dello schema di trattamento a favore di nuovi antipsicotici in 7 casi), derivante anche da un processo di razionalizzazione in corso. Da segnalare che i tre utenti che hanno abbandonato il programma hanno avuto un ricovero ospedaliero entro tre mesi, prima di avviare un programma terapeutico residenziale.

In conclusione: in questo settore della valutazione si sono verificati complessivamente 10 eventi indesiderati (recidiva e/o ricovero), coinvolgenti il 40% dei soggetti che hanno avviato il programma ed il 31% di coloro che lo hanno proseguito.

Esiti "funzionali"

Quest'area riveste il principale significato dal punto di vista riabilitativo, prestandosi tuttavia poco ad una corretta quantificazione. In generale, è stato possibile rilevare un aumento di "competenza sociale" nei comportamenti strumentali, interpersonali ed intrapersonali necessari allo "spazio vitale" del lavoro; gli utenti che hanno mantenuto l'attività lavorativa hanno acquisito capacità quali quelle di rispettare gli orari e le presenze richieste, portare a termine i compiti, eseguire il lavoro nei dettagli, interagire adeguatamente con i colleghi ed i superiori, sapersi presentare in modo adeguato, sviluppare una nozione realistica e stabile a proposito del tipo di lavoro adatto alle loro caratteristiche (quest'ultimo aspetto, invero, e forse contrariamente alle attese degli operatori psichiatrici, era sufficientemente adeguato già alla valutazione iniziale, e ciò meriterebbe un discorso a parte). Nello stesso tempo, si sono rilevati miglioramenti anche in altre aree vitali quali le interazioni sociali, gli interessi del tempo libero, la partecipazione alla vita della famiglia in 13 casi. In modo particolare, tre utenti partecipano stabilmente alle attività di associazioni e circoli ricreativi, ed un arricchimento della rete sociale riguarda anche gli altri; ciò si accompagna ad un maggiore coinvolgimento nella vita famigliare, dimostrato a titolo di esempio, dal fatto che alcuni si prendono attivamente cura dello stato di salute di loro congiunti. Una giovane utente, ottenuta una assunzione, si è sposata. In sei casi non si sono rilevate modificazioni significative in queste aree; nei restanti tre casi, si sono verificati al contrario eventi indesiderati, relativi soprattutto ad un aumento di conflittualità in ambito famigliare e alla perdita di precedenti coinvolgimenti gratificanti.

La valutazione di queste esperienze è, nel complesso, positiva, sia per gli operatori direttamente coinvolti nel coordinamento, sia per i colleghi e per le persone che qui abbiamo chiamato "supervisori", che in qualche caso si collocano ormai alla pari degli operatori, venendo a costituire una delle "risorse" del Servizio. Questi aspetti saranno discussi nelle conclusioni; qui accenniamo, infine, al punto di vista degli utenti e delle loro famiglie, che abbiamo voluto cogliere attraverso brevi questionari miranti ad evidenziare, anche se in modo grossolano, gli aspetti soggettivi dell'esperienza di lavoro e gli eventuali problemi. Una serie di domande sono state poste ai ventidue utenti che partecipano in maniera costante alle diverse fasi del programma, volte a indagare le aspettative dall'inserimento lavorativo, la soddisfazione rispetto al suo andamento, i rapporti con i compagni di lavoro, gli aspetti positivi e quelli negativi, un giudizio soggettivo sulla corrispondenza tra il tipo di attività in svolgimento e le aspettative e possibilità individuali e sulla valutazione complessiva dell'esperienza.. In sintesi, il campione si distribuisce equamente tra chi valorizza l'aspetto economico e chi sceglie quello relazionale con riferimento alle aspettative iniziali e al motivo dell'attuale soddisfazione, elevata per 11 utenti, tutti in condizioni psichiche in miglioramento o stabili durante il periodo di follow-up e 4 dei quali appartengono al ristretto novero di coloro che hanno raggiunto l'assunzione in un lavoro normale. Tra questi 11, 7 si sentono trattati alla pari dai colleghi , con alcuni dei quali hanno instaurato relazioni che vanno al di fuori dell'orario di lavoro, e tre riferiscono un clima nei rapporti di lavoro tra il modicamente partecipe e l'indifferente; un utente dice di sopportare "prese in giro" soprattutto da parte di uno dei capi. A fronte di questi dati , che giustificano una valutazione complessiva tra il positivo e il molto positivo, gli aspetti negativi rilevati fanno riferimento soprattutto alla ristrettezza della paga, in qualche caso (tre utenti) alla fatica, in altri (due) alla ripetitività delle operazioni quotidiane e, infine, alla limitatezza (tre utenti) dell'impegno richiesto; otto utenti vorrebbero "fare di più". Accanto a questi, 8 utenti si pongono in una posizione di sospensione o incertezza del giudizio: alcuni forniscono risposte doppie alle domande o non rispondono, altri (quattro) si dicono modestamente soddisfatti e giudicano abbastanza positiva l'esperienza. Infine, tre utenti sono, nel complesso, insoddisfatti; rilevano il miglioramento delle loro condizioni psichiche e la corrispondenza, sotto quest'aspetto, con le aspettative iniziali; negano problemi di rapporto con i colleghi e sono soddisfatti del fatto di avere una paga, che giudicano tuttavia l'aspetto negativo dell'esperienza perché insufficiente; un utente di questo gruppo ritiene poco stimolante e al di sotto delle sue possibilità l'attività che svolge. È degno di nota il fatto che quest'ultimo è assunto da una Cooperativa Sociale di tipo B ed un altro ha buone prospettive di raggiungere la stessa posizione, ed entrambi hanno sofferto una recidiva durante la partecipazione all'inserimento lavorativo; il terzo svolge lavori periodici nel mercato concorrenziale. L'aspettativa della maggior parte degli utenti ancora retribuiti con borsa lavoro è quella di trovare un lavoro "vero".

Il punto di vista delle famiglie è stato valutato nel corso dei colloqui finalizzati alla verifica dell'esperienza in corso, attraverso una serie di domande in parte sovrapponibili a quelle rivolte agli utenti.. L'elaborazione dei dati non è definitiva, essendo in corso un esame relativo alla messa in luce delle relazioni tra le risposte dei singoli utenti e quelle dei loro famigliari. In generale, è più elevato il numero dei famigliari soddisfatti, corrispondente a 15; gli aspetti positivi fanno riferimento al minor numero di ore trascorse nell'inattività da parte del congiunto, che tende a manifestare una ripresa di interessi spontanei, al rilievo di un miglioramento della sintomatologia e della riduzione del fenomeno ricovero, al riscontro di un certo sollievo dallo stress in famiglia. Si riscontra una difficoltà nella famiglia a definire aspetti negativi dell'esperienza lavorativa del congiunto, mentre è frequentemente espressa la preoccupazione che l'inserimento lavorativo comporti la perdita di previdenze assistenziali acquisite o attese. Quasi tutte le famiglie consiglierebbero ad altre l'avvio di un intervento analogo per il loro congiunto malato, in fasi più precoci di decorso; molte sottolineano l'importanza del fattore tempo anche relativamente alle modalità di assegnazione dell'impiego protetto.

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