Parrocchia san Nicolò vescovoOrtueri (Nu) Sardegna
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Storie di Giacobbee Scene mitologiche marineFirenze, Galleria del Costume di Palazzo Pitti Ricamo istoriato custodito a Palazzo Pitti (Fz)
Manifattura inizi del XVII secolo ricamo in seta su tela di lino, da disegno di Francesco Pinna (attr.) e cartone della bottega di Francesco Pinna (attr), dopo il 1607.
Il restauro di un panno istoriato a ricamo già noto (1), proveniente dalla parrocchiale di Ortueri in Sardegna, ha offerto l'opportunità, privilegiando l'aspetto conoscitivo e di manutenzione dell'opera per il suo allestimento museografico, di esaminarlo in modo più accurato e di avanzare nuove proposte d'attribuzione. Episodi della Genesi sono illustrati nel ricamo centrale, suddiviso in due riquadri, in alto Giacobbe che fugge dalla Mesopotamia (Genesi 31, 4-25) e in basso Giacobbe benedetto dal padre (Genesi 27,5-19). Scene mitologiche marine decorano invece le due bande verticali (seguendo il verso della figurazione), che rappresentano entrambe Galatea portata da Delfini con Nettuno trainato da Ippocampi e da un Tritone, e le due orizzontali, una con Nettuno e Anfitrite con Tritoni e l'altra con Nettuno e Anfitrite con Tritoni, cigni e mostri marini (2). Interamente ricamato in sete policrome a punto raso e piatto su una fitta tela di lino, ha solo alcuni piccoli inserti di punto nodino e un ricamo di applicazione (un riporto di velluto rosso su imbottitura di fili di lino, spago di canapa a punto steso, con fermature a stuoia, e cordoncino d'argento dorato, filato e lamellare) nel copricapo di Giacobbe della scena inferiore. Le incongruenze nel verso della figurazione delle quattro bande e il modo in cui erano state unite al pannello centrale avevano già fatto osservare che l'aspetto con cui il ricamo era arrivato a Firenze, dopo esser stato requisito a Golfo Aranci nel 1900 e acquistato dalla Real Galleria degli Arazzi e Stoffe di Firenze nel 1901 per evitarne l'esportazione, non corrispondeva al progetto originario (3). Inoltre, come si è potuto verificare nel corso del restauro, le strisce verticali e orizzontali risultano in parte tagliate. La banda orizzontale, con le due scene sovrapponibili di Nettuno e Anfitrite con Tritoni, è stata composta da due strisce quasi identiche cucite insieme in un momento successivo, tantoché al centro, dove i lati sono uniti, è stato ricamato un fiore per ridare una certa continuità alla figurazione. Le sue ulteriori divisioni, scoperte (con la rimozione della fodera) lungo le due figure di Nettuno, che mostrano sul retro due brani di tela il fondo identici a quelli delle altre parti del ricamo, potrebbero invece derivare da esigenze di suddivisione del lavoro o da ampliamenti in corso d'opera. Nell'altra banda orizzontale, con Nettuno e Anfitrite con Tritoni, cigni e mostri marini, che raggiunge la misura delle due congiunte, non esistono al contrario interruzioni nel disegno. Sono inoltre stati tagliati gli stessi bordi interni le figure convergono verso una scena centrale delle due strisce verticali con Galatea portata da Delfini e Nettuno trainato da Ippocampi e da un tritone, mentre nelle zone consunte del ricamo si vede ancora il disegno tracciato dal cartonista sulla tela di fondo per delimitarne i bordi all'esterno, che successivamente sono stati spostati ampliandolo. Nel corso del restauro, togliendo la fodera, si è scoperto che anche il brano con Giacobbe benedetto dal padre, apparentemente disposto come una 'predella', è stato unito a quello con Giacobbe che fugge dalla Mesopotamia con un ricamo, lungo il bordo di congiunzione dei due pezzi, che continua, completandola, la raffigurazione della 'predella' stessa. Questa integrazione potrebbe anche esser stata rifatta, almeno in alcuni elementi, sul disegno preesistente. Traspare inoltre, nelle zone consunte del riquadro superiore, il disegno tracciato dal cartonista sulla tela di tondo per delimitarne i bordi, successivamente spostati continuando la figurazione sulla fodera cucita a sostegno del ricamo originario. Elementi curiosi compaiono proprio in questo tessuto di supporto, composto di teli diversi e frammentari, dove si notano tracce di filo marrone in corrispondenza dei contorni reintegrati delle figure e alcuni disegni e prove di ricamo che fanno pensare a scarti di bottega. I lunghi tempi di lavorazione di questo tipo di imprese, già documentati in altri contesti (4), potrebbero aver indotto anche ad un cambiamento di destinazione in corso d'opera e forse addirittura di committenza (5). Nel pezzo con Giacobbe benedetto dal padre, che per continuità narrativa appare concepito insieme alla scena principale, sono stati applicati sul bordo inferiore, dopo aver ritagliato il ricamo sottostante, quattro piccoli personaggi a mezzo busto, forse in origine a figura intera, tra i quali i due al centro potrebbero ritrarre i nuovi committenti.Le sette parti del ricamo, che appare più volte trasformato, suggeriscono, per l'omogeneità della tecnica, la resa delle figure, delle vesti e della vegetazione, e per lo stesso gusto per la narrazione che si attarda su ogni brano del racconto affollando la scena, oltre alla provenienza da una stessa manifattura, la probabile derivazione da un'unica opera. Nel restauro sono stati comunque mantenuti gli interventi precedenti, togliendo i quali si sarebbe alterata l'integrità del ricamo. Dopo averlo accuratamente spolverato, rimuovendo i grumi di fibre di seta annidati dentro le cuciture tra la fodera e l'originale, sono state integrate le piccole lacerazioni, con lino e crepeline di seta in tinta cuciti sul retro, fermando i fili sollevati o spezzati con seta a punto posato e, soprattutto lungo i bordi, con l'applicazione a pennello di sodio carbossilmetilcellulosa. Per esporre il ricamo, facendone comprendere l'attuale incompletezza, le diverse parti sono state cucite, distendendole senza orlatura, su pannelli appositamente realizzati (6), non tentando alcun progetto di ricostruzione dell'uso originario del ricamo, di cui appare arbitraria anche un'ipotetica proposta. Quali suggerimenti per una possibile destinazione dell'opera sono comunque da ricordare i pareri espressi in occasione della compravendita del panno nel 1900-1901, quando se ne fece eseguire la riproduzione pittorica, ancora esistente nella chiesa di Ortueri, da una pittrice locale, Eleonora De Marchis. In una relazione conservata nella stessa parrocchiale viene infatti descritta (simile alla copia pittorica e all'aspetto in cui il ricamo è giunto a Firenze) come "stoffa ricamata [... ] adibita per Baldacchino, per il qual uso si tagliò il bordo decorativo con il bellissimo trionfo di cavalli marini, sirene, draghi, di donne nude e lo si cucì ai quattro lati in modo da costituire il fregio verticale ricadente fra le quattro aste del baldacchino" (7). Da simile ipotesi deriva forse la definizione di "drappo [... ] convertito in baldacchino", con cui viene ricordata nella corrispondenza, dal 29 Agosto 1900 al 14 Dicembre 1901, tra le Regie Gallerie di Firenze, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Regio Ufficio Regionale dei Monumenti della Sardegna e nella successiva catalogazione come 'baldacchino episcopale' nell'inventario Tessuti Antichi del 1913 (8). Purtroppo la difficile accessibilità degli archivi sardi non ha reso possibile l'attesa verifica delle notizie contenute in fogli sparsi conservati nella chiesa di Ortueri, dove si ricorda che Pietro Puxeddu, feudatario di Forru (oggi Collinas, nella provincia di Cagliari), giunto ad Ortueri verso la fine del XVI secolo, come 'delegato consultore' del Viceré spagnolo, sposò una ragazza del luogo e fece donazione del 'ricamo in seta istoriato' e di altri beni alla parrocchia'. La tecnica a ricamo, con una produzione documentata di panni istoriati, si era d'altronde molto diffusa in tutta l'Italia Meridionale, soprattutto nel napoletano e in Sicilia; già dal 1584 esisteva infatti a Napoli una ben organizzata ed attiva Corporazione di Ricamatori" (10). Le architetture del brano con Giacobbe benedetto dal padre, nelle aperture, scale e loggiato, hanno infatti un confronto con le strisce ricamate della serie con Storie di Coriolano di Termini Imerese, datate nei primi anni del Seicento" (11). Tuttavia l'assenza in Sardegna di altri ricami istoriati potrebbe suggerire, come già proposto, un'esecuzione del panno ad opera di maestranze straniere itineranti (12), di cui troviamo un esempio in Sicilia, dove è documentata la presenza del ricamatore spagnolo Andrea Assini, che nel 1623 esegue a Termini Imerese un paliotto d'altare su disegno di Vincenzo La Barbera (13). L'apparente contrasto del soggetto biblico del ricamo centrale, in cui si intuiscono gli echi di manierismi nordici, con le mediterranee divinità marine delle strisce laterali, sembra contraddetto, come già ricordato, dall'unitarietà della tecnica ricamatoria e dell'impianto stilistico compositivo dell'opera. Del resto la tendenza dei maestri ricamatori a servirsi di stampe e incisioni per il disegno del cartone, rilevata in altri esemplari e già proposta anche per quest'opera (14) , che può spiegare certe diversità d'intonazione, appare confermata dal modello della Galatea portata da Delfini, nelle due strisce verticali, identificabile in un'incisione di Agostino Caracci, datata intorno al 1590-1595 e probabilmente tratta da una stampa di Marcantonio Raimondi con il Trionfo di Galatea di Raffaello alla Farnesina (15). Lievi differenze si notano solo nelle figure degli amorini che circondano la Dea nella stampa, forse Venere, sostituite nei due brani del ricamo da un solo Tritone. I recenti studi sulla pittura sarda che hanno fatto riscoprire personalità artistiche finora quasi sconosciute, iniziandone la ricomposizione del corpus delle opere, consentono di proporre l'attribuzione del disegno e forse dello stesso cartone del ricamo a Francesco Pinna e alla sua bottega. La cultura visiva eclettica di questo pittore, nativo di Alghero, che almeno dal 1591 al 1614 ebbe una propria bottega a Cagliari, nel quartiere della Marina, e di cui le fonti archivistiche testimoniano l'ampia e multiforme produzione, comprese le incisioni (16), sembra infatti dar conto di quella varietà d'ispirazione osservata nel ricamo, sintomo più di una bramosa sperimentazione del nuovo, così faticosa nell'isolamento geografico della Sardegna, che di una mancanza di proprie personali risorse. Una collaborazione del Pinna con il pittore francese Marçe Bernier, per eseguire alcune pale perdute, è documentata però solo nel periodo più tardo della sua attività, tra il 1613 e il 1614, anche se non sembrano da escludere precedenti contatti con la Francia(17). La sua cultura visiva non appare del resto solo il frutto di una mediazione attraverso le stampe e, sebbene non esistano ancora conferme documentarie sugli spostamenti dell'artista, sembra almeno arricchita dalla conoscenza diretta di opere napoletane e siciliane, ma anche romane (18). Compositivamente la scena affollata, il brulichìo o di figurine e di edifici nel paesaggio, del brano con Giacobbe che fugge dalla Mesopotamia, in cui si mantiene tuttavia la centralità del gruppo principale, compare, oltre che nell'unico disegno firmato di Francesco Pinna ritrovato a Pari e oggi al Metropolitan Museum New York, nella Natività della Pala cagliaritana di San Saturno, oggi nella casa parrocchiale di Ploaghe, datati entrambi tra il 1607 e il 1614(19). La stessa esuberante presenza di elementi architettonici si trovava anche nel fondale della scena con Giacobbe benedetto dal padre. Pur tenendo conto dell'interpretazione in ricamo, l'uso delle linee di contorno fortemente incise, ripreso in ogni figura del panno istoriato, è uno dei peculiari tratti espressivi del Pinna, come gli asciutti e inconfondibili modi di ritrarre i suoi personaggi, che sembrano accomunare ad esempio il volto di Rachele nel ricamo con quelli delle due Madonne nella Natività di Ploaghe e nella lunetta della Pala di Sant'Alberto nella cagliaritana chiesa del Carmine, datata quest'ultima tra il 1593 e il 1607 (20). Il piglio disinvolto e sicuro del San Gavino della Pala di Mogoro (oggi incompleta e in collezione privata), finita di pagare al pittore nel settembre 1607, si riconosce nella figura di Giacobbe benedetto dal padre, in cui, oltre alla somiglianza dei tratti fisionomia, compare quella stessa esecuzione veloce che ha suggerito già l'influsso di manierismi francesi. Anche l'uso di elementi architettonici nello scomparto di predella conservato della pala(21) rivela un'ulteriore affinità con il ricamo istoriato, che potrebbe essere datato dopo il 1607. Lucia Meoni
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Antonella Fadda nella missione di Muhura (Ruanda)
Lesperienza della missione in memoria di Michele Con la morte del mio giovane marito, mentre scompaiono le certezze dei miei 30 anni, vengo spinta dal forte desiderio di non sprecare la vita e la morte del mio unico pilastro, Michele, rendendo questa triste esperienza oggetto di profonda riflessione e non solo di disperazione improduttiva. Certa della sua continua presenza, decido nel bivio più importante della mia vita di lavorare in suo nome al servizio dei più bisognosi. Così, come medico, avvio una grande esperienza dal punto di vista professionale e soprattutto umano in Ruanda, il paese dalle mille colline nellAfrica equatoriale. Una mattina del mese dagosto, giungo nel villaggio di Muhura, ove ho potuto prestare la mia opera nellospedale della missione, costruito e gestito con grande abilità dalle Suore Oblate del Santo Spirito, sorrette da una fiducia assoluta nella bontà della Provvidenza ma severamente penalizzate nel lavoro dalla mancanza di un medico, di strumenti e materiale indispensabili alla conduzione del centro sanitario. La loro preghiera è il lavoro, lassistenza a questo popolo decimato dalla fame, dalle malattie e dalla guerra. Per un medico come me, formato nelle nostre corsie, lavorare in simili condizioni è unimpresa. Ogni giorno, quando alle 18 la notte scende nel cuore dellAfrica nera, mi chiedo: "come sarà la notte di questo popolo diviso dalle continue lotte etniche, colpito dalla miseria quasi palpabile, provato dalle continue perdite umane? Come sarà la mia notte, dopo aver visitato i bambini denutriti che hanno cantato per me la gioia di aver ricevuto una fetta di pane? Come sarà la mia notte, dopo aver assistito impotente a tante morti? dopo aver letto nel loro volto il dramma della loro esistenza o aver ascoltato le tragedie vissute dai reduci del genocidio del 1994?". Riscopro lancestrale spirito dellAfrica nera, quello semplice e festoso, solo in occasione di qualche rito religioso, quando la danza e la musica fanno resuscitare i loro animi e scompare lombra dai loro volti. Mi rendo conto che il raggiungere altri punti di vista e altre realtà sia sempre gratificante ma può anche essere destabilizzante. Non posso più far finta di non aver visto! Antonella Fadda Faa
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