Manca ancora un'ora, la frescura mattutina conservata gelosamente da quelle possenti pietre, non stempera la calura degli animi di questa gente che si irraggia intorno a coinvolgere i più freddi.
Schierati nel sagrato ciascuno
a suo posto, anno dopo anno, per generazioni insieme, si vocalizza rimbombando
tra le fastose dorature della chiesa l'atavico urlo dei fedeli che iniziano
in questo modo un rito molto antico e suggestivo.
Prima i più intraprendenti
poi via via il resto del gruppo chiedono ciclicamente il sostegno di tutti
i fedeli nel ribadire alzando lo sguardo al cielo la comune devozione.
Questa atmosfera riesce a eccitare persino colui che in veste di semplice osservatore si trova nel sagrato e galvanizza letteralmente i fedeli sotto la vara.
Ci siamo, si fa largo tra la gente la vara del santo patrono e delle reliquie; questa viene già sistemata in penombra sotto gli archi di uscita.
Ma stavolta la nebbia si alza velocemente facendo spazio alla luce accecante del sole estivo, sotto la vara una borgia,sudore e sofferenza, decine di braccia trasportano vocianti la vara dell'imponente patrono che si affaccia alla piazza tra la devozione dei fedeli.
Un'esplosione cromatica saluta il patrono, le lunghe trecce di "nzareddi" si lasciano sventolare dal caldo vento estivo.
Solo dopo l'uscita della vara
si appaga l'aspettativa dei fedeli mentre i bambini tolgono nel sospetto
le mani dalle orecchie.
Si dirada il fumo, il serpentone
inizia la sua lenta marcia sotto il sole per le minute e antiche vie medievali...
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Copyright © 1998 Gaetano Belverde