All'interno dei progetti di riforma/ristrutturazione della scuola particolare significato assumono i disegni di legge che disegnano i nuovi organi collegiali. Sono questi infatti che si troveranno a gestire la scuola post-riforme. E' chiaro quindi che su di essi e sui loro compiti si riversa l'intero processo ristrutturativo del quale costituiscono un tassello indispensabile.
Questo è evidente fin dall'inizio leggendo le due proposte di riforma (una governativa e l'altra dell'opposizione) fin qui presentate. Alla data in cui scriviamo l'articolo (30 aprile) non risultano ancora depositate in Parlamento altre proposte anche se siamo a conoscenza che Alleanza Nazionale, Rinnovamento Italiano e Rifondazione Comunista stanno elaborando le loro.
Il testo dell'Ulivo parla fin dall'intestazione di "Organi Collegiali dell'Autonomia"; il testo del Polo rinomina il Consiglio di Circolo o di Istituto definito, senza mezzi termini, Consiglio di Amministrazione.
Leggendo le due proposte di legge la prima cosa che salta agli occhi è la scomparsa di qualsiasi riferimento a Organi Collegiali che non siano quelli del singolo Istituto. Il testo presentato dal Polo (primo firmatario Aprea) è, in questo senso, esplicito: l'art. 7 ne prevede infatti la soppressione. Citiamo testualmente: "Entro il 30 settembre 1998 sono soppressi il Comitato di Valutazione, il Consiglio Scolastico Distrettuale, il Consiglio Scolastico Provinciale ed il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione" (art. 7, comma 1). Il disegno di legge dell'Ulivo (primo firmatario Acciarini) è meno esplicito, ma poiché nel testo si elencano esclusivamente organi previsti nel singolo Istituto e si prevede la possibilità di collegamenti "in rete" tra scuole, sorge il dubbio che quando si parla nell'art. 10 di delega al governo per "aggiornare" i decreti delegati "modificando le disposizioni che appaiano incongrue o superate alla luce dei nuovi inserimenti e sopprimendo le disposizioni con essi contrastanti" precisamente a ciò ci si riferisca. E' evidente infatti che nel filo logico che porta all'Autonomia delle scuole, non ci possa essere spazio per organismi "centralizzati".
Il paradosso è che la critica sia alla scarsa rappresentatività degli Organi Collegiali in questione sia al loro manifesto burocraticismo è sempre stato patrimonio di chi in questi anni si è battuto per una scuola realmente partecipata. A questa area di pensiero ci sentiamo di appartenere. Ciò nonostante, ed i nostri lettori lo sanno bene, in questi ultimi anni vedevamo con preoccupazione il tentativo di delegittimare l'esistenza di questi organismi avendo chiaro che il fine ultimo sarebbe stato precisamente questo: la loro eliminazione. Un passo indietro perciò e non un passo avanti. Per questo avevamo anche deciso di presentare liste alle ultime elezioni. Evidentemente anche quel poco di democrazia dal basso presente nei Consigli Scolastici Distrettuali e Provinciali infastidisce soprattutto nel momento in cui si trovano ad avere una qualche voce in capitolo. Ci riferiamo ai piani cosiddetti di razionalizzazione (noi preferiamo definirli di concentrazione alunni) contro i quali i Consigli spesso si pronunciano e che comunque dibattono dovendo il Provveditore tener conto del loro parere.
Questa ci appare come una prima grave conseguenza di ciò che accadrebbe se passassero questi progetti di riforma che, sotto questo aspetto ed in modo più o meno esplicito, ci sembrano coincidere.
Questo è ciò che riguarda gli organi collegiali di territorio. Vediamo ora il resto di questi progetti di legge e cioè ciò che riguarda gli organi collegiali del singolo istituto. A chi scrive non pare che ci siano poi grosse differenze tra i due testi tali da impedire un accordo di fondo. Le differenze non si giocano tanto sui criteri ispiratori quanto sulle loro applicazioni. Da questo punto di vista la proposta del Polo è più coerente con la visione liberale della nuova scuola "autonoma e concorrenziale". Non a caso l'ex ministro della Pubblica Istruzione Lombardi, parlamentare del Partito Popolare e, per molti anni, responsabile della Confindustria per il settore educazione, è tra i suoi firmatari. La proposta dell' Ulivo pur partendo da presupposti simili (il contratto formativo gestito ed applicato scuola per scuola) prevede già una serie di organismi interni all'Istituto che priverebbero lo stesso della decisionalità sulla sua articolazione interna. Scendendo nel particolare vediamo di cogliere le novità essenziali dei due testi.
La prima cosa che salta agli occhi è che attraverso la riforma degli Organi Collegiali vengono introdotti per legge nella scuola cambiamenti che dovrebbero essere oggetto di contrattazione. E' chiaro che questa distinzione per noi non esiste ma siccome i nostri cari sindacati ci spiegano che non bisogna sconfinare in richieste improprie e che con ragionevolezza bisogna ogni volta riconoscere il piano di discussione (cosa va chiesto nei contratti e cosa va chiesto nelle leggi) attendiamo da loro una immediata levata di scudi per una così manifesta violazione del diritto alla contrattazione!
Le novità sotto questo aspetto sono essenzialmente due. La prima riguarda le aree contrattuali; la seconda le figure di sistema.
In tutti e due i testi viene definitivamente sancita la separazione delle aree contrattuali della dirigenza e della docenza (art. 8, comma 5 nel testo Acciarini e art. 9, comma 2 nel testo Aprea). Nello stesso comma del testo dell'Ulivo si prevede pure la distinzione delle aree contrattuali per il personale docente e personale ATA. Ma non tutti i presidi e i direttori didattici passeranno automaticamente al ruolo di dirigenti. Una serie di condizioni vengono poste. Nel testo del Polo (art. 6, comma 2) è sufficiente essere a capo di un Istituto dotato di "personalità giuridica di livello dirigenziale" individuato con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione, il che, tradotto in termini più comprensibilli, significherà dover essere dirigenti di un Megaistituto (200 dipendenti?); il resto viene demandato alla contrattazione collettiva nazionale. E' evidente che questa modalità di riconoscimento della dirigenza, nella testa di chi l'ha formulata, dovrebbe indurre presidi e direttori a favorire al massimo i piani di razionalizzazione (accorpamenti e soppressioni). Nel testo dell'Ulivo invece si riconosce la qualifica di "dirigenti scolastici a presidi e direttori didattici in servizio al momento della entrata in vigore della presente legge, che prendano parte a specifici corsi d'aggiornamento professionale organizzati dalle università o dalla scuola superiore della pubblica amministrazione. Le nomine, in prima applicazione, sono disposte tenendo conto dell'anzianità, del luogo di residenza, della pregressa titolarità di direzioni o presidenze" (art. 8, comma 3). Il meccanismo sembra alquanto contorto e confuso e lascia ampio spazio alla solita miriade di interventi successivi "chiarificatori".
Resta il fatto che all'interno di una proposta di legge che dovrebbe favorire la partecipazione di tutte le componenti scolastiche alla vita dell'Istituto, il Capo dello stesso vede notevolmente accresciuti reddito e poteri e ciò in virtù anche del ruolo dei Consigli su cui ci soffermeremo in seguito.
Ancora più scandalosa è l'introduzione extracontrattuale delle famigerate figure di sistema. Per dire il vero questa perla è presente nel solo testo dell'Ulivo. Citiamo testualmente: "In relazione ai vari aspetti del profilo professionale docente sono enucleate funzioni educative, organizzative e di coordinamento coerenti col progetto educativo ed organizzativo delle istituzioni scolastiche e sono identificate figure di sistema responsabili della loro attuazione. I docenti componenti la giunta di collegio sono figure di sistema" (art. 6, comma1). Ad una prima lettura siamo rimasti esterrefatti, poi ci siamo resi conto che non soffrivamo di allucinazioni. I sindacati confederali e il governo si sono sicuramente messi preventivamente d'accordo su questo articolo cercando così di far rientrare dalla finestra ciò che era stato cacciato di fatto dalla porta del contratto del '95 dalla mobilitazione di docenti e Ata. Ogni disputa sul chi doveva identificare le figure di sistema è così scongiurata ed è anche eliminata una patata bollente che i sindacati avrebbero dovuto gestire nella ormai prossima tornata contrattuale. Il bello è che, se dovesse passare questo incredibile articolo, i confederali sarebbero capaci di lavarsene le mani di fronte ai lavoratori della scuola accusando magari il governo di averli scavalcati (ricordate la distinzione di piani di cui prima?). La responsabilità dell'identificazione di queste figure ricadrebbe perciò sulla singola istituzione scolastica garantendo però comunque i docenti della giunta di collegio.
A questo punto è necessario entrare nello specifico dei nuovi organi collegiali iniziando dalla proposta dell'Ulivo e dalla giunta di collegio. Nel testo Acciarini l'art. 2 identifica come organi delle istituzioni scolastiche:
a) il consiglio di autonomia e la giunta di consiglio;
b) il collegio dei docenti e la giunta di collegio;
c) il comitato dei genitori e il comitato degli studenti;
d) il consiglio di classe;
e) l'assemblea di classe dei genitori e l'assemblea di classe degli studenti;
f ) il dirigente preposto .
Al suo interno il collegio dei docenti può prevedere una serie di articolazioni. Ogni articolazione deve eleggere un proprio coordinatore. I coordinatori designano i docenti (da tre a sei) che faranno parte della giunta di collegio insieme al dirigente e al vicario designato dal dirigente (art. 3, commi 5 e 8). A questo punto ci si riannoda con le figure di sistema. Insomma una organizzazione piramidale niente male che ben poco ha a che fare con l'idea di una scuola democraticamente e comunitariamente gestita.
Nell' art. 3, comma 1 viene definita la composizione del consiglio di autonomia il cui numero dei facenti parte può variare da nove a diciotto. Inoltre quando "una singola istituzione è costituita da scuola di diverso tipo e indirizzo, il regolamento prevede riserve nell' attribuzione dei seggi in modo tale da garantire la rappresentanza delle differenti scuole". Anche qui torna il piano di razionalizzazione attraverso le verticalizzazioni e gli accorpamenti. Il comma 4 dello stesso articolo attribuisce i compiti al consiglio di autonomia, compiti quasi tutti di ordine finanziario.
Nel disegno di legge Aprea gli organi collegiali previsti dall'art. 1 sono solamente tre:
a) consiglio di amministrazione;
b) assemblea del corpo docente;
c) consigli di classe, interclasse, intersezione.
"Il consiglio di amministrazione è l'organo di gestione dell'istituzione scolastica, elabora gli indirizzi generali, predispone e delibera il regolamento, comprese le modalità di elezione degli organi interni, determina i criteri di partecipazione alla vita della scuola, la destinazione delle risorse finanziarie comprese quelle dell'aggiornamento, le forme di autofinanziamento ed approva il bilancio consuntivo e preventivo" (art. 2, comma 1).
La proposta del Polo è assolutamente scarna, volutamente non entra in nessun tentativo di ulteriori articolazioni interne all' Istituto demandando tutto al consiglio di amministrazione. I rischi di chiusura di tutti gli spazi democratici per genitori e studenti in presenza di un consiglio "impermeabile" sono evidenti in questa proposta. Evidente è anche il previsto introito in bilancio di somme richieste direttamente alle famiglie, introito non esplicitato ma non escluso nel testo dell'Ulivo: i parlamentari del Polo sono solo più sfacciatamente sinceri o più realisti?
Siamo arrivati infatti al punto cruciale della riforma. Questi nuovi organi collegiali nascono in un contesto politico economico generale che tutti conosciamo; gli investimenti per l'istruzione ci vedono in coda ai paesi industrializzati ma anche dietro a paesi ritenuti economicamente più deboli.
Un esempio concreto di che cosa dovranno discutere vecchi o nuovi consigli in regime di autonomia ce lo ha già offerto quest'anno la questione supplenze nella scuola elementare. Collegi dei Docenti e Consigli di Circolo stretti tra l'esigenza di funzionalità della scuola e di quadratura del bilancio si sono spesso lasciati prendere dal panico o hanno delegato al Capo d' Istituto la soluzione del problema.
Questo arrabattarsi quotidiano è la triste realtà economica della nostra scuola. In queste condizioni è in discussione la funzionalità minima delle scuole figuriamoci se si provasse ad introdurre progetti sperimentali, allungamenti d'orario, e via dicendo. Tutto ciò con quali risorse potrebbe essere garantito? La "faccia tosta" della proposta del Polo è per questo estremamente realista: molte scuole non avranno necessità di ulteriori articolazioni oltre i tre organismi già previsti perché non potranno fare nulla di più mentre quelle situate in zone dove non sarà un problema chiedere i contributi alle famiglie saranno comunque in grado di offrire un migliore contratto formativo indipendentemente dalla quantità di organi collegiali presenti.
E noi che ruolo possiamo svolgere? Difendere i vecchi decreti delegati che non sono patrimonio del nostro fare scuola, sapendo che è una battaglia già persa? Provare a mobilitare docenti, genitori e studenti per una proposta alternativa sapendo che è una strada tutta in salita e controcorrente? Forse per una volta converrà seguire il proverbio cinese e aspettare lungo la riva del fiume il cadavere di questa farsa di democrazia scolastica non offrendo nessuna disponibilità a collaborare nei consigli siano essi di autonomia o di amministrazione non occultando, in tal modo, l'unico ruolo centrale che emerge dalle proposte di riforma: quello del dirigente scolastico.
Mario Sanguinetti
insegnante elementare - Bracciano