Il Bambino e l'Acqua Sporca. Coordinamento Genitori-Insegnanti

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Il bambino tra scuola e famiglia
Ancora sul vissuto del bambino

Alla fine del precedente articolo veniva fuori la necessità di approfondire il discorso della membrana diadica e la collocazione del bambino all'interno di essa.

Per affrontare propriamente questo aspetto occorrerebbe aprire una parentesi (che sarebbe troppo lunga) su tutti quei concetti psicanalitici basilari e propedeutici alla piena comprensione dei termini utilizzati e del loro significato più profondo, ma rischieremmo di ritrovarci a condividere un articolo noioso e nozionistico, inoltre nessuna sintesi teorica, secondo me, può sostituire il diretto contatto con i testi in cui vari autori hanno trattato questi argomenti. Del resto, riguardo a ciò, penso che ciascun insegnante saprà capire dentro di sé ciò che vuole e ciò che può approfondire e compiere, conseguentemente, le scelte più opportune.

Premesso ciò, posso riprendere il discorso e dire che, semplificando i termini, eludendo vari passaggi e condensando di molto, l'essere umano si costruisce una sua membrana ioica (dell'io) che quasi lo distingue, lo caratterizza e lo definisce in termini di spazio psicodinamico.

Nell'innamoramento e poi nella vita di coppia, le membrane ioiche di ciascuno negoziano e contrattano, gradatamente i confini ioici si modificano per includere l'altro, le sue proiezioni e via via anche la sua realtà; l'altro del resto fa la stessa cosa e viene così a crearsi uno spazio condiviso delineato e delimitato dalla membrana diadica (a due).

Noi possiamo essere genitori offrendo a chi nascerà l'opportunità di vivere una "positiva" esperienza di figlio solo se la nostra vita di coppia avrà già compiuto tutti quei processi elaborativi preliminari al suo concepimento.

Come già accennammo nel precedente numero, la coppia deve aver pensato ad un figlio prima di farlo nascere, deve avergli fatto uno spazio nella membrana diadica, perché è lì che deve essere collocato, da un punto di vista psichico, alla sua nascita: "ci vuole un nido per far nascere un bambino", diceva il professore in una lezione del seminario sulla coppia. Questa frase è molto bella ed è vecchia e scontata quanto l'esistenza dell'uomo, ma concretamente, nella realtà psicodinamica, il nido è uno spazio psichico creato dalla coppia.

Dicevamo già che quando questo spazio non c'è per il bambino sono guai seri; sicuramente egli nascendo saprà trovarsi uno spazio alternativo a quello che gli spetterebbe di diritto (nonni, zii, strutture scolastiche...) ma per lui non potrà mai essere la stessa cosa!

Se è fondamentale che la coppia elabori uno spazio per il proprio bambino è altrettanto importante che i genitori permettano al proprio figlio di uscire dalla membrana diadica non appena egli si sarà costituito una sua membrana ioica ben definita.

Non esiste una data in cui ciò automaticamente accade per tutti, ognuno ha i suoi tempi ed i suoi ritmi, spesso per il bambino è necessario un "andare e tornare" per potersi separare dalla madre, ma nella nostra esperienza di insegnanti molte volte ci troviamo di fronte a genitori che non riescono a lasciare andare il figlio, a riconoscergli un proprio spazio ed un proprio confine, perché lo hanno coinvolto in una patologia di coppia

Questa, che sembra una definizione pesante, ha in realtà un suo significato naturale piuttosto comune. Ci sono infatti delle coppie che, pur essendo apparentemente normali, a causa di situazioni irrisolte, riguardanti generalmente la loro esperienza di figli, non condividono da un punto di vista psichico ed emotivo uno spazio e le loro membrane ioiche resteranno pressoché immutate nonostante la vita di coppia. Accade perciò che non si forma una membrana diadica ed il figlio stesso viene vissuto come l'unico spazio da condividere. Questo figlio purtroppo, alla sua nascita, anziché collocarsi nel "nido" della membrana diadica, dovrà essere egli stesso la membrana diadica, dovrà provvedere a tenere uniti i suoi genitori. Compito ingrato!

Nelle nostre aule bambini di questo tipo ci sono spesso: vengono a scuola già preoccupati per aver lasciato i loro genitori "incustoditi" e questi ultimi, dal canto loro, fanno delle intrusioni massive, cercano quasi di impossessarsi dello spazio scolastico del loro figlio perché non possono permettersi di distaccarlo, di concedergli una esistenza autonoma e quindi la costituzione di una membrana ioica sua, propria e ben definita, perché ciò significherebbe la frantumazione della loro membrana diadica dal momento che il bambino non potrebbe sostenere entrambe le cose (investire emotivamente sul mantenimento della membrana diadica dei suoi genitori e tentare di costituirne una propria ioica); i bambini così, se non vengono adeguatamente aiutati, sono destinati a non poter mai vivere per loro stessi, neppure da adulti. Qui il discorso va interrotto perché andremmo a sfociare nel terapeutico, comunque già stiamo toccando un punto che come insegnanti ci interessa molto e che sarà utile approfondire: le aspettative e le fantasie dei genitori in relazione al proprio bambino.

Un bambino che nasce senza essere stato pensato sta molto male, ma un bambino che nasce perché è stato pensato "troppo" forse starà peggio.

Tra un capo e l'altro di queste due estremità ci saranno sicuramente tutte quelle coppie che vivono la gravidanza in termini di normalità e che riescono a pensare al loro figlio semplicemente e solamente fornendogli un nido e garantendogli la loro vigile presenza. Gli individui che hanno risolto le loro problematiche sono sereni e serenamente possono affrontare la vita di coppia e, successivamente, la genitorialità, ma soprattutto non sentono la necessità di definire e connotare il loro figlio; dandogli la possibilità di nascere, garantiscono che egli potrà essere sostenuto nell'esistere e nel crescere senza dover forzatamente corrispondere ad uno schema di figlio precostituito per essere amato.

Nella nostra esperienza di insegnanti, di individui, di figli, sinceramente, quante coppie abbiamo conosciuto che riescono veramente a garantire questo autentico rispetto alla vita che nasce? Nella realtà quotidiana, molto spesso, le persone vivono una vita di coppia prima ancora di aver risolto le loro problematiche individuali; quando ancora il tempo non è bastato a definirsi ed a realizzarsi come persona ci si trova ad essere coppia ed allora il figlio che nasce ha uno schema ben definito: dovrà riscattarci, dovrà essere ciò che noi non abbiamo potuto, dovrà fare ciò che noi non abbiamo fatto, dovrà realizzare il nostro sogno...!

Magari proprio per noi, per non perdere il nostro amore dovrà essere bravo a scuola, non dovrà essere aggressivo... e così via.

Può un bambino difendersi da tutto questo?

A volte ce la fa, ma a volte soccombe, si crea pian piano un falso sé... e ci fermiamo qui perché sul falso sé sarà necessario un lavoro specifico ed approfondito.

Del resto mi rendo conto che questa volta nel calderone abbiamo messo cose che gradatamente andrebbero riviste e digerite da ognuno.

Come porci però, intanto, in qualità di docenti di fronte alla varietà di problematiche emerse dagli aspetti del vissuto del bambino affrontati, mantenendo il nostro ruolo di insegnanti senza rischiare di deviare inadeguatamente verso il ruolo del terapeuta?

Secondo la mia esperienza teorica e pratica ritengo occorra ridisegnare la figura del docente, e forse questo lavoro potremmo proprio farlo insieme man mano che procederemo con le nostre riflessioni... un cordiale saluto e buon lavoro.

Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Roma

Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.8, maggio 1993.

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