seconda stazione: il rapporto docente-alunno
quarta stazione: il bambino nella scuola elementare
Per effettuare considerazioni sull’argomento che ci proponiamo, sento la necessità di schematizzare il percorso di riflessione perché ritengo che tale riflessione sia ardua e, particolarmente nel nostro tempo storico, intricata da vari fili che si intrecciano e si aggrovigliano. Mi sembra essenziale evidenziare i vari per districare i bandoli della matassa.
L’abbondanza e la specificità dei punti che ho evidenziato sono determinati sicuramente dal fatto che in tale ordine di scuola lavoro da quasi vent’anni.
Vorrei inoltre precisare che anche gli aspetti dello schema che apparentemente sembrano non collegarsi con "le stazioni" di cui ci stiamo occupando, in realtà influiscono sulla vita quotidiana dal bambino, nella scuola che frequento. In questo momento storico, caratterizzato dal disagio infantile e dal disagio docente, sento l’urgenza di cominciare le nostre riflessioni a riguardo partendo dai punti tre e quattro.
Spesso, nei numeri precedenti della nostra rivista, abbiamo affrontato le problematiche e le caratteristiche psicodinamiche del rapporto docente-alunno, ma se andassimo ad analizzare tale tematica in relazione al modello organizzativo scolastico ed al tempo scuola, ne accadrebbero delle belle.
Vediamo un po’...
Nel 1990 con la riforma, definita nella 148, s’insinuava, nella scuola elementare, l’organizzazione modulare. La nostra associazione e le linee progettuali di questa rivista nascevano proprio all’interno di un movimento di contestazione sull’attuazione della citata legge. Ricordo che nelle riunioni e nelle assemblee azzardavamo previsioni di cosa sarebbe accaduto se nella scuola elementare fossero passati tutti gli articoli della 148. Purtroppo ogni nostra previsione si è dimostrata, con il tempo, veritiera. Il tentativo di modificarla nei punti peggiori attraverso l’iniziativa "Riformiamo la Riforma" sembra, almeno per ora, non aver prodotto un cambiamento di rotta, anzi, l’incombente attuazione dell’autonomia sicuramente contribuirà ad affossare ancora di più le autentiche finalità dell’istituzione scolastica. A onor del vero c’è da dire che la 148 è fallita nel suo intento laddove non è riuscita a "congelare" il tempo pieno e ciò grazie alla tenace resistenza dei genitori e degli insegnanti che lo hanno difeso ed incrementato.
Certamente posso dire, dati alla mano, che la scuola dei moduli ha causato non poco disagio sia agli insegnanti che ai bambini. In due classi possono ruotare da 5 a 6 insegnanti (dei tre ambiti disciplinari, del sostegno, di religione, della lingua straniera). Con l’applicazione della 148 quando il Collegio delibera di destinare le ore di compresenza alla sostituzione dei colleghi assenti per meno di cinque giorni, nell’arco di tale tempo, in una classe, in teoria (e spesso anche in pratica) possono ruotare da 12 a 15 persone diverse. Alla faccia della relazione!
Ricordo quel filo quasi magico che c’era tra me e la maestra Giolena; ricordo le varie espressioni del suo volto attraverso le quali comprendevo il suo stato d’animo; ricordo alcuni dei suoi vestiti ed il movimento delle piegoline di una sua gonna, mentre camminava su e giù per l’aula tra le file dei banchi; ricordo i suoi capelli lunghi e neri; ricordo, in modo particolare, il tintinnare dei suoi tre bracciali mentre gesticolava ed il leggero ticchettio che facevano sulla cattedra mentre correggeva i nostri compiti. Ma soprattutto ricordo che, proprio per come mi relazionavo con lei, decisi allora che da grande avrei fatto la maestra e, meglio ancora, so che da lei ho profondamente appreso i "trucchi" del mio mestiere.
Oggi capita di ritrovarci, tra vecchie compagne di collegio, anche se raramente, dato che risiedono a notevoli distanze, ed è bello sentire che ognuna di noi conserva di lei un ricordo autentico e forte, come se ella fosse riuscita ad instaurare con ciascuna una relazione significativa (il filo magico di cui parlavo), capace di far sentire ogni alunna importante agli occhi suoi. Oltre a ciò, ognuna di noi aveva la sensazione di essere cardine e cerniera di relazioni significative con il gruppo-classe. Non credo che il tempo mi abbia fatto enfatizzare questo ricordo. Sono sicura che Anna, Lucia, Lidia, Loredana, Rita... vi confermerebbero le mie parole.
E probabilmente molti di voi conserveranno la memoria di una relazione significativa vissuta con una/un insegnante.
Sensazioni di questo tipo, così radicate, dovrebbero darci concretamente la misura di come l’apprendimento e la formazione passino attraverso la qualità della relazione. A mio avviso, in proposito, la scuola dei moduli, particolarmente quando la sua organizzazione si coniuga con una politica di taglio della spesa pubblica, produce danni non indifferenti nella misura in cui moltiplica (quando non eleva alla potenza) il numero delle figure docenti.
I direttori didattici (gli attuali dirigenti scolastici!) guardano con sospettoso timore quei docenti che durante i collegi deliberano ed intervengono con la finalità di tutelare il diritto del bambino; e cercano di convincerli del fatto che gestire l’orario scolastico effettuando ore di supplenza qua e là, li qualifichi professionalmente. Anzi, secondo il più recente concetto di professionalità docente, non esiste una classe di appartenenza né per gli insegnanti né per gli alunni.
Gruppi di lavoro e pseudolaboratori vengono "improvvisati" nel nome di una professionalità che nasconde un solo motto: "il risparmio economico".
In questa moderna confusione salta ogni tipo di relazione. Ciascuna relazione, infatti, per essere significativa, trova alimento nella continuità e, se tale principio, è valido nei confronti delle figure docenti che l’alunno assume come riferimento ed orientamento, tanto più lo è per quanto concerne il gruppo dei coetanei.
I criteri con cui i docenti decidono l’aggregazione degli alunni devono tenere conto della necessità di stabilità che ha il bambino; oltre a ciò, la continuità delle relazioni consente all’insegnante di comprendere le dinamiche, di elaborare sociogrammi e di intervenire, utilizzando le sue competenze e le opportune strategie, al fine di favorire l’evoluzione delle relazioni conflittuali o, comunque problematiche. E’ opportuno quindi che anche i gruppi di lavoro vengano organizzati tra alunni che già interagiscono quotidianamente, affinché si rimanga saldamentre ancorati al principio promotore di tutelare, prioritariamente, il diritto del bambino. Un lavoro di gruppo può avere la finalità di rafforzare relazioni e favorire la comunicazione, saldare legami, nell’ottica della collaborazione e della cooperazione, della divisione dei ruoli per il conseguimento di un obiettivo comune. Ma il conseguimento di tali finalità non s’improvvisa e non può (oltre al fatto che non deve) essere il frutto del lavoro di gruppi estemporanei, organizzati con lo scopo primario di far quadrare il bilancio (sempre secondo le più moderne teorie riguardanti la professionalità docente!).
Il sodalizio tra la creatività degli alunni e dei docenti ha "inventato", nel tempo, una scuola elementare vivace, propositiva, ricca di sperimentazioni metodologiche attente all’evoluzione del singolo e della comunità. Le indicazioni metodologiche emerse dall’esperienza del tempo pieno, dellle attività integrative, di molteplici relazioni significative di tipo interculturale ed interdisciplinare, dovevano essere, per il legislatore, solidi punti di riferimento nell’impostazione di una riforma della scuola elementare capace di superare autenticamente i limiti dell’insegnante unico.
Invece, come spesso accade, gli anni di sperimentazioni floride ed effervescenti e di evoluzione culturale, vissuti come esperienza della base, sono state del tutto ignorate; ma non basta: la riforma è andata addirittura in una direzione opposta nel suo capillare tentativo di bloccare ogni prezioso orientamento della sperimentazione, nel nome di una professionalità docente "capace" di frammentare l’unitarietà del sapere e, quindi, dell’insegnamento, dell’apprendimento e della relazione.
Il tempo pieno non modularizzato, infatti, superando i limiti del docente unico, offre al bambino garanzie sia nel campo relazionale che in quello dell’apprendimento, nel pieno rispetto dei suoi ritmi e dei suoi bisogni, laddove le strutture siano adeguate. Un tempo scuola disteso sicuramente può consentire al bambino di stare bene a scuola senza vivere quella punta ansiosa determinata dalla fretta di "produrre" in poco tempo e di adattare continuamente la sua mente ai rapidi cambi di linguaggio, di stile, di richieste, di relazione, in una corsa frenetica verso la nevrosi (infantile e docente).
Un tempo scuola disteso lascia uno spazio vitale alle relazioni significative con i coetanei e con gli adulti per quanto concerne il fare, il pensare, l’ascoltare, il parlare..., l’esistere secondo la "dignità umana" (diritto prioritario di ogni alunno e di ogni insegnante)
Il recente scenario della scuola elementare, nella sua "accuratamente caotica" organizzazione, così "sapientemente programmata", sta negando, alle soglie del duemila, principi (elementari?) sanciti dalle varie Carte dei diritti.
Mi piace concludere rispolverando l’articolo 13 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (ONU, 1966).
"(...) Essi (gli Stati) convengono sul fatto che l’istruzione deve mirare al pieno sviluppo della persona umana e del senso della sua dignità e rafforzare il rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. Essi convengono, inoltre, che l’istruzione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e l’amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici o religiosi (...)".
Penso proprio di dover dire che ci stiamo allontanando dall’assicurare la piena attuazione di tutto ciò e ritengo che ogni insegnante lo potrà verificare nella sua esperienza quotidiana.
Laila Scorcelletti
Insegnante elementare - Velletri
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.26, aprile 1999.
IL BAMBINO DELLA SCUOLA ELEMENTARE
1) le sue caratteristiche psicoevolutive
2) lo sviluppo e la tutela del vero Sé
3) la relazione con il docente e con i coetanei
4) il modello organizzativo scolastico ed il tempo scuola
5) i programmi della scuola elementare, la programmazione, i progetti
6) la relazione tra i docenti e con il dirigente scolastico
7) scuola elementare ed insegnamento della religione cattollica
8) scuola e mass-media
9) carta dei servizi, autonomia e competizione scolastica
10) l’atmosfera educante di una scuola nel territorio circostante
11) le linee pedagogiche del nostro tempo
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