Gli ultimi due articoli dedicati alla scuola dell’infanzia hanno suscitato sentimenti " forti " e ben definiti nei nostri lettori nel senso che o sono piaciuti molto, e senza riserve, oppure hanno provocato una decisa rabbia ed un netto rifiuto delle affermazioni in essi contenuti.
Prima di proseguire nel percorso delle nostre riflessioni ritengo utile condividere con voi il risentimento di Paola, collega ed amica di vecchia data perché ciò, oltre a dare vita ad un prezioso dibattito, mi permette di puntualizzare meglio alcuni concetti espressi negli articoli in questione. Preciso che quando la collega aveva scritto le sue riflessioni non aveva ancora letto l’ultimo articolo, sebbene fosse uscito già da tempo, forse la lettura di questo avrebbe già risposto ad alcuni dei quesiti da lei posti, ma probabilmente deve essere stata così colpita che avrà preferito elaborare la sua rabbia prima di ascoltare le altre "corbellerie" del mio ultimo articolo. (Dico ciò con molto affetto.)
Scrive Paola :
Che dire di un articolo scritto da una nostra collega della scuola elementare che denigra il lavoro svolto dalle insegnanti della Scuola dell’Infanzia.
Che dire per far capire a chi non è qualificato, né ha esperienza, né ha vissuto un cosi lungo cammino di umiliazioni, di fatiche, di studio, che la Scuola dell’Infanzia nei suoi primi anni altro non era che "L’ASILO" (un’area di parcheggio) dove i bimbi venivano assistiti, vaccinati e tolti alla famiglie che male li accudivano.
Che dire per far capire che dal 1968 anno in cui fu istituita la Scuola Materna Statale tanto è stato fatto perché assumesse un ruolo di Scuola e non di parcheggio , perché il ruolo delle insegnanti che nei "vecchi" ORIENTAMENTI era più materna che professionale diventasse finalmente con I NUOVI ORIENTAMENTI di quello del REGISTA che da spettatore stimola e organizza le attività della sezione, aiuta gli alunni a raggiungere le finalità della Scuola dell’Infanzia e cioè IDENTITA’ - AUTONOMIA - e aumento delle COMPETENZE.
Che dire di me stessa che vivo questa realtà professionale dal lontano 1974 quando eravamo una sola insegnante per sezione, stremate dall’orario di servizio 8,30 - 15,30 quasi ignorate dai Direttori e sempre accodate alla Scuola Elementare. Una me stessa pienamente cosciente che essere insegnante oggi, comprova un profilo di alta complessità, fatto di padronanza di specifiche competenze culturali, pedagogiche, psicologiche, didattiche, metodologiche unite alla sensibilità, alla disponibilità verso i bambini.
Una me stessa che sa e si avvale insieme a tante altre colleghe, di tutte le strategie e le strumentazioni che consentono di sviluppare l’apprendimento nel bambino attivando la capacità di assimilare, memorizzare, esplorare per attivare il procedimento della conquista della sicurezza di sé e dell’organizzazione delle conoscenze. E ancora una me stessa che si è sentita toccata nel profondo, quando, nell’articolo dell’amica LAILA si metteva in risalto l’impreparazione delle colleghe della Scuola dell’Infanzia perchè non permettevano al bambino di giocare per eseguire una scheda.- Assurdo - Niente di più falso, figuriamoci se i bambini non possono giocare. Voglio far notare, prima di tutto, che nelle attività di ROUTINE svolte nella sezione c’è la priorità al gioco inteso non come un " lavoro " vero e proprio del bambino. Il gioco per lo sviluppo psichico, emotivo, affettivo. Il gioco simbolico per l’interpretazione e l’assimilazione della realtà circostante. Non certo un premio, non certo una perdita di tempo, quando nelle famiglie non si gioca più con i propri figli, non gli si permette di sporcarsi, di muoversi, di manipolare, ma soltanto di restare immobili davanti alla TV o al computer. Ma non è questo che voglio approfondire quanto il giudizio negativo dell’uso del libro di schede di osservazione, di verifica, per valutare il raggiungimento dei pre-requisiti. Conosce la nostra cara amica e collega le varie fasi dell’osservazione ? Attraverso l’uso del Protocollo, delle Griglie, delle Schede .................. partendo dall’analisi clinica ( Piaget ), o dalle dimensioni di sviluppo, o dagli indicatori di osservazione stabiliti nella programmazione ? La nostra amica sa quanto è importante saper osservare sistematicamente e con metodo il comportamento di un bambino sia nel gioco, sia nelle attività di routine, sia mentre svolge una scheda ? Come crede che una professionista quale è l’insegnante della Suola dell’Infanzia possa valutare un bambino di 3-4-5 anni ?
Conosce la nostra collega i Nuovi Orientamenti con i Campi d’Esperienza che tanto critica? E conosce l’organizzazione di una sezione della Scuola dell’Infanzia nella scansione dei tempi, spazi e soprattutto nell’accoglienza e nell’accettazione di un bimbo di 3 anni ?
Con questo non voglio certo negare o annullare gli studi di Winnicott sul gioco, ma semplicemente far conoscere la complessità del lavoro nella Scuola dell’Infanzia che non merita sicuramente, tanto discredito.
Paola Vasta
Insegnante Scuola dell’Infanzia - Velletri
Certamente intendo dire a Paola e a tutte le colleghe che hanno, o avessero ancora da esprimere, le sue stesse perplessità che nessuna delle mie parole era o sarà intenzionalmente scritta per denigrare la Scuola dell’Infanzia o per sminuire la funzione docente e la professionalità delle insegnanti e degli insegnanti del medesimo ordine di scuola. Gli ultimi due articoli sono stati scritti con l’obiettivo di rispondere alla seguente domanda : " La Scuola dell’Infanzia di oggi offre spazi e tempi capaci di garantire al bambino l’ opportunità di sviluppare il vero Sé considerandolo come capacità di essere creativi nel senso winnicottiano del termine? ".
La risposta, derivata da una riflessione impostata sul confronto della definizione di Vero Sé data da Winnicott e quelle parti di testo degli Orientamenti riguardanti il gioco, è stata NO.
Questo significa sminuire la portata culturale dei Nuovi Orientamenti. Vuol dire piuttosto che gli Orientamenti, e probabilmente, quindi anche le programmazioni curriculari, non si pongono tra gli obiettivi lo sviluppo del Vero Sé.
Ma non se lo pongono semplicemente perché rappresentano il frutto di una sintesi culturale che parte da altre elaborazioni psicologiche e pedagogiche, sicuramente apprezzabili e qualificate, ma che perseguono la formazione della personalità senza effettuare considerazioni sul vero Sé.
Con le mie considerazioni io voglio semplicemente dire " attenzione ": ad un livello pedagogico e didattico dobbiamo fare i conti con la letteratura freudiana e post-freudiana sia per quanto concerne la formulazione dei programmi dei vari ordini di scuola sia per quello che riguarda la preparazione dei docenti. Il mondo della scuola si ostina a non elabora, proprio nella sua struttura generale e capillare tali contenuti che pure sarebbero preziosi strumenti a servizio del bambino. Infatti la scuola di oggi sta andando in un’altra direzione, sicuramente con professionalità e competenza, ma si cura lo sviluppo della personalità con particolare riferimento alla produttività e ciò si verifica a discapito del vero Sé.
Del resto, anche le parole di Paola ce lo fanno capire quando ci dice: " Voglio far notare, prima di tutto, che nelle attività (...) svolta nelle sezioni c’è la priorità del gioco inteso non come una perdita di tempo ma come un "lavoro" vero e proprio del bambino.
Il gioco per lo sviluppo psichico, emotivo, affettivo. "
E’ proprio questo l’ aspetto che ho voluto mettere in discussione negli ultimi due articoli a al quale voglio ancora dedicare alcuni pensieri.
Lasciamo che i bambini perdano il loro tempo a discapito del nostro lavoro finalizzato. Lasciamo che i bambini possano " perdersi " nel tempo del loro gioco. Rilassiamoci e osserviamoli, ma non solo per compilare le griglie di osservazione e di valutazione, ma soprattutto perché loro ci indicano chiaramente quale dovrebbe essere il percorso della nostra azione educativa.
Il gioco per il gioco, se sappiamo attendere " produce " ( voglio usare questa parola con un pizzico di provocazione ) il sapere giocare. Saper giocare significa essere creativi e capaci di concentrarsi, di godere dell’esperienza personale e collettiva relazionandosi con il vero Sé, ciò significherà essere capaci di apprendere in modo originale e critico, di gioire, di innamorarsi .... Ci pare poco ?
Saper giocare, quindi, dovrebbe costituire una finalità fondamentale negli Orientamenti della Scuola dell’Infanzia e per il conseguimento andrebbe adeguata la preparazione del personale docente, perché comprendere profondamente e nelle sue radici l’essenza di tale finalità significa salire " SU UN ALTRO TRENO ".
Ma questa è solo una mia opinione.
Ringrazio Paola per averci dato l’occasione di esprimerle meglio fornendoci il suo contributo.
BUON LAVORO
Laila Scorcelletti
Insegnante elementare - Velletri
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.25, novembre 1998.