Prima stazione : il vissuto del bambino
Seconda stazione : il rapporto docente - alunno
Negli ultimi numeri della rivista abbiamo definito più
o meno sinteticamente, molti dei termini psicoanalitici di base:
incorporazione, introiezione, identificazione primaria e secondaria,
narcismo primario e secondario, oggetto transizionale, spazio
transizionale, spazio potenziale, Io, Super Io, Falso sé,
Vero sé.
Tali definizioni sono state utili per comprendere i meccanismi
psichici che il bambino usa per passare dallo stato di fusione
con la madre a quello di separatezza, "diventando gradualmente
capace di funzionare come un Io distinto da quello materno"
(Il Bambino e l'Acqua Sporca n. 17 "Su un altro treno")
Prima di passare a descrivere le caratteristiche evolutive dell'adolescenza,
secondo le necessità emerse nell'ultimo numero della rivista,
occorre "far crescere l'infante" e seguirlo passo passo
nel suo graduale e lento cammino verso l'indipendenza (ammesso
che quest'ultima sia concretamente raggiungibile).
Il bambino di cui abbiamo parlato fin qui nelle nostre riflessioni,
si trovava a vivere nel periodo descritto da Freud come fase orale.
Winnicott, dando per scontata la struttura della teoria della
libido e la sua basilare validità, si sofferma piuttosto,
anche se sinteticamente, sulle modalità con cui il bambino
passa dalla dipendenza assoluta a quella relativa, per poi arrivare
a postulare l'indipendenza.
Egli stesso afferma che in anni precedenti avrebbe descritto tale
percorso analizzando le caratteristiche "della fase orale
e di quella anale, nonché della fase fallica e genitale"
ed aggiunge : "tutto ciò va bene, è
vero oggi come allora e ha dato inizio al nostro pensiero e alla
struttura della teoria che è, per così dire, dentro
di noi ; la diamo per scontata e consideriamo altri aspetti
dello sviluppo..." (Winnicott - Sviluppo affettivo e
ambiente)
Ritengo utile, nel percorso delle nostre riflessioni, utlizzare
lo stesso criterio, indirizzando coloro che intendano approfondire
tutto ciò, verso la lettura diretta di Freud e delle utili
sintesi elaborate a riguardo, da Imbasciati.
Iniziamo con il dire che il bambino, gradatamente, lascia le caratteristiche
del periodo neonatale man mano che vive la sua "infanzia" ;
con tale termine possiamo accomunare le fasi evolutive precedentemente
elencate. In questo periodo egli abbandona le modalità
conoscitive caratteristiche del processo primario (illusione,
onnipotenza...) ed utilizza, allo scopo, il processo secondario.
Il bambino, oscillando inizialmente tra lo stato di simbiosi e
quello di separatezza, utilizza il processo secondario non appena
la madre diventa capace di soddisfare i bisogni del figlio, non
più empaticamente, ma decodificando i segnali concreti
con i quali l'Io emergente del bambino indica un preciso bisogno.
Dice sapientemente Winnicott che "il gesto creativo, il
pianto, la protesta, tutti i piccoli segnali che probabilmente
spingono la madre a fare determinate cose vanno perduti... "
quando la madre previene le richieste del figlio utilizzando il
livello di comunicazione empatica in un'età psichica ed
in un momento in cui lo stato di simbiosi sta per essere superato.
Per un figlio che possa crescere ci vuole una madre che glielo
consenta.
Abbiamo già avuto modo di evidenziare nel n. 11 della rivista
l'importanza del ruolo paterno in tale circostanza. Ma molti sono
i fattori che segnano il cammino del bambino verso l'indipendenza.
In primo luogo è determinante la connotazione psichica
della collusione della copia genitoriale (vedi nn. 5, 6 e 8) :
l'equilibrio dei relativi spazi, la possibilità di negoziare
dinamicamente nell'ambito di questi.
La vita relazionale di un nucleo di persone che si trovano a condividere
luoghi e tempi è profondamente connotata da una continua
dinamica in cui gli spazi psichici di ciascun individuo dialogano,
elaborano, contrattano, si modificano. Quando ciò non avviene
perché le caratteristiche collusive della coppia, originaria
del nucleo di persone conviventi, ha la necessità psichica
di non elaborare e di mantenersi sul precario equilibrio della
staticità, l'infanzia dei figli è ardua. Nel difendere
se stessi dal mutamento e dalla crescita, i genitori mortificano
il percorso evolutivo del bambino, particolarmente in questa fase,
proprio perché profondamente caratterizzata dalla loro
capacità intrinseca di "muoversi" all'interno
di spazi temporali e psichici.
Forse è ora il caso di chiarire il concetto di spazio psichico.
Winnicott parlava di spazio triadico, diadico, transizionale,
monadico. Nel corso delle nostre riflessioni abbiamo più
volte analizzato aspetti e componenti dello spazio triadico, diadico,
caratteristici anche del pensiero di Rickman ; ci siamo soffermati
anche sul concetto, prettamente winnicottiano di spazio transizionale.
Occorre ora considerare anche lo spazio monadico (da non confondere
con il narcisismo primario e secondario). Ma prendiamo le parole
"autorevoli dell'autore".
"Una persona può trovarsi relegata in solitudine
eppure non essere capace di stare sola e allora non si può
immaginare quanto debba soffrire. Molte persone però acquisiscono
la capacità di godere della solitudine prima di superare
l'infanzia e possono persino giungere ad apprezzare la solitudine
come un bene assai prezioso. La capacità di stare solo
è un fenomeno altamente raffinato che nello sviluppo di
una persona può presentarsi dopo l'istituirsi di
relazioni triangolari... Sebbene molti tipi di esperienza contribuiscano
alla formazione della capacità di essere sol, ve n'è
uno che è fondamentale e senza il quale tale capacità
non si istaura : è l'esperienza di essere solo,
da infante e da bambino piccolo in presenza della madre. In
tal modo la capacità di essere solo ha un fondamento paradossale
e cioè l'esperienza di essere solo in presenza di un'altra
persona." (Winnicott)
Per comprendere pienamente le parole trascritte occorre figurarsi
una madre ed un figlio in una stanza. La madre potrebbe tranquillamente
leggere un libro, o scrivere, o stirare, o dipingere.... ;
in un altro spazio della medesima stanza, il figlio di circa un
anno e mezzo lo possiamo immaginare seduto a terra su di un tappeto
nel tentativo di giocare con qualcosa di strutturato oppure con
la carta del pane o una scatola o con il filo di una coperta...In
questa situazione accadrà plausibilmente qualcosa di magicamente
prezioso. Nel caso in cui la madre riuscisse a coinvolgersi in
ciò che lei sta facendo senza sentirsi in ansia
per quello che, contemporaneamente, sta realizzando il bambino,
scrollandosi il ruolo di "supervisore", comunicando,
empaticamente, solo la propria disponibilità ad essere
presente ed eventualmente raggiungibile, allora il figlio potrebbe
sperimentare qualcosa di veramente fondamentale.
Egli si sentirebbe investito della fiducia materna tanto da concedersi
il tentativo di funzionare psichicamente sperimentando il proprio
"Io", sicuro del fatto che, in caso di necessità,
l'Io materno sarebbe comunque lì all'occorrenza utilizzabile.
Così, piano piano, il bambino piò riuscire a concentrarsi
sul suo gioco, tranquillamente, a godere nel suo Io delle sensazioni
gratificanti che scaturiscono via via da questa esperienza, fino
a dimenticarsi della madre. Nel caso l'ansia dovesse affiorare
egli potrebbe accertarsi della presenza materna con un semplice
sguardo, per poi riprendere, rassucurato, la sua attività.
E' classico di questa situazione, che il bambino parli con i suoi
oggetti o che gesticoli come se fosse solo.
Questo è il paradosso di cui di parlava Winnicott :
essere solo in presenza dell'altro.
Con il tempo il bambino può godere di quest'esperienza
di un sostituto materno : una persona da lui conosciuta,
un oggetto della madre, un qualcosa che la rappresenti, anche
"l'atmosfera generale dell'ambiente circostante"
(Winnicott)
Gradatamente egli sarà capace di essere solo di fatto,
serenamente, godendo di tale esperienza, per il tempo massimo
di tollerabilità caratteristico dell'età psichica
e cronologica che sta vivendo (generalmente, mentre un bambino
di un anno e mezzo, riuscirà a stare solo con tranquillità
per 10 minuti, uno di 7 potrà forse farlo per 30 minuti ;
anche se ciò dipende comunque, dal grado di maturità
raggiunto.)
L'essere solo di fatto in una situazione di immaturità
dell'Io, e cioè prima ancora che il bambino possa sperimentare
l'esperienza appena descritta, è sicuramente traumatico,
poiché la capacità di essere soli poggia sul grado
di maturità emotiva. Tale maturità si sviluppa dopo
l'instaurarsi di rapporti traidici proprio perché dipende
dall'abilità del bambino nel contenere ed elaborare i sentimenti
suscitati dalla scena primaria genitoriale ; ma su questo
torneremo la prossima volta.
Occorre ora riflettere, con particolari riferimenti, sulle concrete
opportunità di sviluppo offerte dalle gestione psichica
di un rapporto monadico inteso come elaborazione di situazioni
diadiche e triadiche.
Immaginiamo di inserire nella stanza in cui abbiamo collocato
bambino e madre, un elemento disturbante : l'ormai onnipresente
televisore acceso. "Sicuramente la portata psichica dell'esperienza
non potrà essere la stessa. Il bambino sarebbe distratto
dai suoni e dalle immagini del libro quel tanto che basta per
non riuscire ad abbandonarsi completamente al suo gioco. L'affidabilità
dell'atmosfera materna potrebbe venire compromessa dagli elementi
acustici ed iconici provenienti dal video, artificialmente introdotti
nella situazione e pertanto ad essa estranei. Il silenzio, veicolo
importante per il passaggio capillare dei messaggi empatici non
verbali, sembra quasi un ricordo di altri tempi, eppure va recuperato
quale condizione essenziale perché ciascuno possa ascoltare
l'altro e sentire se stesso. Nel silenzio di quella stanza sono
percettibbili il respiro, (....) il sospiro, il movimento dei
corpi, il brulicare di un addome il bisbigliare del bambino con
i suoi giocattoli (...), la lontananza ovattata dei rumori esterni :
ognuno di questi rumori ha una sua funzione psichica profonda
e contribuisce a connotare quell'ambiente familiare che il bambino
introietterà" (Laila Scorcelletti - la TV)
Mi è sembrato opportuno estrapolare queste parole dal lavoro
appena citato proprio perché da esse potremo partire nel
tentare di spiegare alcune "turbe" che, comne genitori
ed insegnanti abbiamo più volte evidenziato nelle ultime
generazioni
"Questi bambini ( o questi ragazzi) non riescono più
a concentrarsi come una volta... vedono troppa televisione....
sono passivi... non hanno intraprendenza... non sono creativi...
"
Sono frasi del linguaggio comune dette con una rilevante dose
di buon senso, che comunque sfiorano la piaga. Infatti nell'affermare
solo che vedono troppa televisione c'è della genericità.
Bisogna capire non "quanta ne vedono", ma come, quando
e perché lo fanno.
Nel lavoro citato mi sono occupata di analizzare come tutto ciò
può concretamente influire sulla distorsione del percorso
evolutivo dell'individuo. In questa sede intendo contribuire dando
una corposità psichica dalla comune affermazione che indica
i mass media come i responsabili dello scarso o diverso rendimento
scolastico. Non è che "l'alunno" esegue male
i compiti di casa perché vede per troppo tempo la televisione,
oppure non comprende e non elabora il codice linguistico scritto
perché è abituato a sintetizzare per immagini. Infatti,
se andassimo a verificare il percorso scolastico di questi bambini
ci accorgeremo che nel periodo in cui frequentavano la scuola
per l'infanzia non riuscivano neppure a concentrarsi in un gioco
piacevole o divertente.
In realtà, molto spesso, il video ha già prodotto
una distorsione a livello dello sviluppo dell'Io un un'epoca precedente
a quella dell'esperienza scolastica. "Egli" ha cancellato
dalle nostre case il silenzio, portandosi via tutta la profondità
psichica in esso contenuta. E' comune ed apparentemente innocuo,
seguire le trasmissioni quando si allatta, quando si stira, magari
stando proprio nella stanza in cui il bambino gioca tentando di
sperimentare il funzionamento del proprio Io. In questa situazione
l'Io materno, pur essendo assorto in qualcosa, non è né
disponibile, né pronto a cogliere il bisogno del bambino,
ma è piuttosto "distratto" dal suo compito primario
di essere psichicamente presente nella stanza. In tale situazione
il video, oltre ad essere assimilato dal bambino come appartenente
all'ambiente materno introiettato, con tutti i pericolo che ciò
comporta, impedisce l'instaurarsi concreto del rapporto monadico,
alterando oltre tutto, la qualità di quello diadico e triadico,
compromettendo tutte le esperienze derivate dalle capacità
relazionali dell'Io.
E' come se l'intrusiva presenza del video mi facesse presupporre
l'esistenza, creata artificialmente, di uno spazio psichico quadriatico
con il quale le nuove generazioni stanno facendo i conti.
Su di questo ho scritto a lungo nel lavoro citato ; ora mi
basta dire che la relazione quadriatica distorce, ma consente,
quella triadica e diadica, mentre non permette la gestione dello
spazio monadico.
Vediamolo con degli schemi esemplificativi.


Come si intuisce facilmente dagli schemi, l'uso della TV ( non
relativo al quanto, ma al come - quando - perché) impedisce
lo sviluppo dello spazio e del rapporto monadico, sul quale normalmente
si fonda la capacità dell'individuo di concentrarsi e di
elaborare creativamente.
Devo proprio aggiungere altro ?
Sembra che più aumentano le sofisticazioni della vita derivate
dal nostro grado di civiltà, più ci allontaniamo
dalle necessità evolutive dell'individuo.
Ma le persone che lavorano nella scuola sono profondamente impreparate
ad affrontare ciò, mentre alla classe dirigente, nonché
ai vari appartai della nostra organizzazione sociale da essa gestiti
di tutto questo non importa proprio nulla.
Comunque stiano le cose, non voglio rinunciare al tentativo di
diffondere delle occasioni di riflessione sull'argomento, perciò,
vi do appuntamento al prossimo numero.
Laila Scorcelletti
Insegnante elementare - Velletri
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.21, febbraio 1997.
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