IL
BENESSERE DEGLI INSEGNANTI
Come spesso accade, in virtu’ di quella
straordinaria modalita’ di funzionamento del nostro pensiero che Pierce chiamo’
abduzione, mi e’ capitato di trasferire alcune suggestioni, tratte dalla
visione di due film, al discorso sul benessere a scuola, sui fattori che lo
determinano, o piu’ spesso, lo ostacolano.
I due film sono, una piccola produzione indipendente inglese “ Febbre a
90°”, e un film americano molto
pubblicizzato, “In e out”. Nel primo, meno noto, si racconta la storia d’amore
fra un professore di letteratura “malato di calcio” e una sua collega molto
controllata e apparentemente digiuna di “passioni”. Nel secondo, il cui
contenuto e’ stato molto enfatizzato perche’ capace di sollevare ipocrite
pruderie, racconta della scoperta da parte di un morigerato professore di
provincia della propria omosessualita’, con tutto cio’ che, comicamente e
amaramente, ne puo’ conseguire nella sua vita privata e sociale.
Provo, brevemente a rendere l’incrociarsi dei
piani di riflessione.
La
scuola nei due film e’ un luogo socialmente importante, apprezzato, autorevole.
Lo dimostarno alcuni segnali di contesto, la cura, la gradevolezza e la
ricchezza degli spazi attrezzati e il
livello di autostima che
mostrano nei gesti e nelle parole gli
insegnanti.
La trasgressione sessuale repressa o
lungamente rimossa, la perversione rappresentata da un patire esagerato per una
squadra di calcio, nel momento in cui si mostrano a scuola, diventano i segni di un non riuscito adattamento. L’inquietudine
sociale si esprime nel momento in cui, mostrandosi, questi comportamenti
entrano in rotta di collisione con le regole , con cio’ che la scuola
rappresenta simbolicamente, la sede degli apprendimenti come uscita
dall’infanzia oscura e sregolata, viatico verso un’eta adulta ancorata -
tragicamente - al solo piano di realta’.
Il corpo , sia come mediatore dello scambio
fisico, forse anche questo omosessuale,
fra i giocatori del calcio, sia come emissario di messaggi erotici non
controllabili razionalmente, funziona nelle due storie, come uno straordinario
detonatore del bisogno di un contatto
emotivo, affettivamente intrigante, fra adulti e ragazzi. Molte cose cambieranno nelle due comunita’ scolastiche
e sociali. Numerosi indizi, che la comunita’ dovra’ rivisitare con sguardo
diverso, avevano mostrato come in fondo i due professori fossero poco conformi
- inaffidabili!- anche “prima” dello svelamento amoroso, e forse, proprio per
questo il loro lavoro funzionava.
Parlare con bambini e ragazzi dell’ amore,
infantile e fisico, per un pallone che passa di piede in piede con un disegno
che ha una sua indubbia valenza estetica, dire la propria omosessualita’
rivelando la stupidita’ del machismo, suscita la necessita’ per tutti di essere
piu’ autentici, crea una complicita’ che, forse, si traduce nel costituirsi di
una comunita’ che apprende, che fa, insieme, esperienza. Lo intuiranno il
balbettante preside di “In e out”, ne trarra’ giovamento la rigida professoressa
di “Febbre a 90°”, imparando a coniugare l’amore con il coraggio di cambiare.
La virilita’, la forza della regola
paterna di cui la scuola veicola i codici e
l’immaginario, si scontrano, proprio sul terreno di ritualita’ apparentemente solo
maschili, con una fragilita’ infantile e femmininile che non avrebbero avuto
modo di dirsi simbolicamente.
Concludendo, due classi di comportamento tipiche
della scuola sono, purtroppo, la Rigidita’ e il Mascheramento. La rigidita’,
proprio nella costruzione di percorsi di conoscenza, che non sono mai- ci dice
Bateson- solo cognitivi, obbliga ad un continuo mascheramento delle emozioni ,
della soggettivita’, soprattutto adulta. L’insegnante si cela. Nasconde le
proprie “tendenze”, si vergogna delle proprie “passioni”, nega di possedere un
corpo. Nega il desiderio, non trova parole adatte al contesto per dirlo, per
dargli forza. Negare il desiderio e’ mancare la spinta al conoscere. Per meglio
dire: come essere motivati , cioe’ , mossi verso qualcosa da un’emozione, se il
corpo e’ bandito? Mi domando quanto di cio’ provoca negli insegnanti sofferenza e rancore.
Molti dei problemi che attribuiamo ai bambini e agli
adolescenti, sono nostri problemi, di adulti irrisolti, invidiosi. Certi
comportamenti infantili o adolescenziali non li vogliamo vedere - ecco
l’etimologia piu’ ovvia dell’”in-vidia” - perche’ ci fa soffrire un’esclusione
, che noi stessi abbiamo sancito, da ogni gioco fisico, da ogni rischio di
spontaneita’ affettiva.
Forse un discorso sul benessere per i piu’ giovani
puo’ partire anche da qui, da un ragionare sul nostro malessere, fra rigidita’
e mascheramento.
Renata Puleo
Direttrice didattica - Roma
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