Il Bambino e l'Acqua Sporca. Coordinamento Genitori-Insegnanti

Scuola Elementare



Handicap e sostegno




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Appello per la costituzione di un Comitato per l’attuazione dei diritti degli studenti disabili

A venti anni dall’integrazione nella scuola pubblica dei ragazzi disabili, pensiamo sia utile iniziare una  riflessione sull’esperienza maturata finora, per poter mettere a punto strategie idonee a sviluppare e ampliare quanto è stato attuato finora.

Se da un lato l’integrazione dei ragazzi disabili è stata ed è, tutt’oggi, uno dei fiori all’occhiello della scuola pubblica italiana nel panorama europeo e mondiale, non possiamo certo considerare realizzato l’obiettivo dell’integrazione, ma purtroppo solo quello della frequenza: molti sono gli aspetti che dovrebbero essere rivisti e modificati, e, senza avere la pretesa di dire nulla di esaustivo, vorremmo suggerire alcuni spunti di riflessione utili anche per individuare un percorso comune, che vada nella direzione dell’attuazione dei diritti dei ragazzi disabili nella scuola di tutti.

Al riconoscimento sempre più generalizzato dei bisogni dei ragazzi disabili, anche a livello legislativo, in particolare con la L. 13 del 1989 sulle barriere architettoniche e specialmente la legge quadro 104 del ‘92, non è corrisposto un’adeguata realizzazione degli obiettivi proposti, sia per lo scarso potere cogente della normativa rispetto alle istituzioni pubbliche chiamate in causa, che per l’esigua copertura finanziaria. A cinque anni di distanza dall’emanazione della legge quadro la maggior parte degli strumenti previsti per l’attuazione del progetto globale di integrazione non sono ancora stati attivati.

Inoltre, mentre fino al ‘90 abbiamo assistito ad un ampliamento nelle scuole delle risorse messe a disposizione per i ragazzi disabili (ad es. l’istituzione dell’insegnante di sostegno, l’estensione in tutto il territorio nazionale di scuole di formazione, il riconoscimento della diversità delle proposte didattiche e la necessità di partire delle esigenze dell’alunno, l’estensione dell’integrazione anche alla scuola superiore, solo per ricordarne alcune), dall’altro, a partire dagli anni ‘90 abbiamo assistito spesso a veri e propri “momenti di arretramento”,  conseguenza anche della politica di tagli e risparmi che ha depauperato tutta la scuola pubblica.

Basti pensare alla legge di riforma della scuola elementare (L.148/90) che esclude la possibilità di riconoscere la deroga dal rapporto 1/4 per i casi più gravi già nell’organico di diritto, che rende difficile proprio ai ragazzi più piccoli la possibilità di mantenere lo stesso insegnante di sostegno, l’integrazione nella scuola superiore senza il limite di 20 alunni per classe, aggravato dalla politica di tagli alla scuola delle ultime finanziarie, la progressiva riduzione in tutta Italia delle ore di sostegno e dei laboratori. Infine, non solo non è mai stato rivisto in meglio il rapporto minimo di un insegnante di sostegno ogni 4 portatori di handicap, stabilito dalla legge, ma addirittura la finanziaria ‘98 istituisce un nuovo parametro (1 insegnante di sostegno ogni 150 alunni) che potrebbe tradursi, se applicato in modo rigido, in una riduzione di circa il 20% dell’organico di sostegno, mentre la deroga da questo rapporto continua ad essere considerata una “concessione” che può essere revocata ogni anno, nonostante il parere degli operatori scolastici e sanitari.

In questo quadro - caratterizzato sempre più spesso dal prevalere delle ragioni del risparmio e della gestione “imprendiatoriale” della scuola (come se questa potesse essere subordinata ad una logica di profitto che le è totalmente estranea) sulle finalità più propriamente educative, di recupero ed integrazione - anche la qualità della scuola è stata colpita: insegnanti che cambiano sede ogni anno, alunni stressati dal variare continuo delle figure di riferimento o addiruttura “parcheggiati” in classe senza essere seguiti poiché le ore vengono assegnate non in base ai bisogni degli alunni ma  sulla base delle disponibilità e dei “limiti di spesa”. Anche la ventilata possibilità di istituire corsi di “riconversione” sul sostegno ci riporterebbe ai tempi, recenti, in cui gli insegnanti in soprannumero venivano utilizzati sul sostegno senza un’adeguata motivazione e professionalità.

L’attuazione di un progetto reale di integrazione presupporrebbe, al contrario, una scuola aperta alle differenze ed in grado di sviluppare una didattica variata, che ponga al centro l’alunno e i suoi interessi/bisogni, basata sullo sviluppo dei laboratori, del lavoro in piccoli gruppi, sul “saper fare” e non solo sui contenuti. Un’organizzazione didattica rigida, caratterizzata dalla separatezza delle discipline, dalla lezione frontale con gruppi classe sempre più grandi, dalla centralità del programma e dei contenuti non può che riservare una collocazione marginale ai soggetti più deboli, appena tollererati se la loro frequenza è legittimata da un’attestazione di handicap.

La realizzazione dell’integrazione non può essere separata, quindi, dallo sviluppo della qualità della scuola e di conseguenza non è una questione che riguarda solo gli alunni disabili e le loro famiglie ma tutti i soggetti che in vario modo operano nella scuola e sono sensibili ad una battaglia per la difesa e l’ampliamento della qualità del servizio scolastico.

In questi anni a Firenze diverse volte la mobilitazione delle famiglie, delle associazioni disabili e degli insegnanti è riuscita a fermare i tagli delle ore di sostegno, ma si è trattato, purtroppo, di momenti nati dalla necessità di contrastare nuovi peggioramenti e che non sono mai riusciti ad andare oltre l’emergenza per affrontare un discorso di più ampio respiro.

Pensiamo che, invece, proprio a partire da queste esperienze, si possa e sia utile sviluppare un percorso comune che ponga all’attenzione della cittadinanza la questione dell’integrazione dei ragazzi disabili con l’obiettivo di ampliare e consolidare i diritti degli studenti disabili, a partire da alcuni punti nodali intorno ai quali avviare una mobilitazione a livello cittadino:

1) sostegno:

a) che venga aumentato a livello provinciale il numero di ore di sostegno alla classe e all’alunno disabile, tenendo conto della programmazione di classe e delle richieste degli operatori scolastici e sanitari;

b) che le deroghe per i casi più gravi siano riconosciute come un diritto dell’alunno disabile e non come una “concessione” da confermare ogni anno, e che vengano incluse quindi nell’organico di diritto;

c) che venga garantita la professionalità degli insegnati di sostegno e che vengano istituiti corsi di aggiornamento relativi alle tematiche dell’handicap e dell’integrazione;

2) barriere architettoniche: adeguamento degli istituti scolastici per quanto riguarda le strutture e i servizi per gli alunni disabili, tutt’ora quasi inesistenti (ascensori, bagni, servoscale, ecc.);

3) sussidi didattici: sono ancora insufficienti, mal distribuiti nel territorio

4) risorse e personale per l’assistenza e la riabilitazione

Sulla base di questi punti, che non devono considerarsi conclusivi ma come punto di partenza da proporre alla discussione comune, proponiamo la costituzione di un Comitato per l’attuazione dei diritti degli studenti disabili, aperto all’adesione dei singoli (genitori, alunni, insegnanti...) e di associazioni e organizzazioni che a vario titolo operano nella scuola, che si ponga l’obiettivo di sviluppare la mobilitazione ed aprire una vertenza a livello cittadino.

 

Coordinamento Genitori-Insegnanti
Cobas - Comitati di Base della Scuola

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