Ancora prima stazione: il vissuto del bambino
Nel nostro primo incontro, per analizzare il concetto di "vissuto
del bambino" ci proponevamo di sviluppare una serie di aspetti
con i quali definivo il concetto stesso.
Nei successivi articoli abbiamo affrontato i seguenti punti:
- collusione della coppia;
- collocazione del bambino all'interno della membrana diadica;
- fantasie e aspettative dei genitori in relazione al bambino.
Ribadisco che le riflessioni fatte costituiscono una "toccata
e fuga" sull'argomento e che solo la lettura diretta dei
testi può dare una giusta panoramica dell'argomento e può
fornire all'insegnante una preparazione adeguata utilizzabile
nel curriculo scolastico.
Proseguendo con l'esame dei punti evidenziati nel primo articolo,
dovremmo fare i conti con la tappa che avevamo definito in questi
termini: "come vive il bambino dentro di sé le singole
figure e la coppia genitoriale".
Esprimersi con una sintesi su questo aspetto è davvero
un compito arduo perché qui si aprono a ventaglio i testi
dei grandi autori: Freud, Melania Klein, Winnicott... solo per
citarne alcuni.
In questa sede, perciò, mi propongo solo l'obiettivo di
solleticare la curiosità di chi vuole approfondire e lo
farò rielaborando quei concetti che mi hanno maggiormente
aiutata a modificare l'immagine interna del mio ruolo di docente
e, conseguentemente, le finalità del mio operato.
L'opera di Freud sicuramente non si può raccontare, sarebbe
come pretendere di voler fotografare da vicino una montagna: non
entrerebbe nell'obiettivo.
Il lavoro di Melania Klein è più accessibile, ma
va preso con le pinze: ricordo che la lettura delle sue opere
mi sconvolse perché andava a distruggere, quasi violentemente,
quell'idea di "infanzia" che mi era stata tramandata
sia dalla cultura popolare, sia dalla preparazione magistrale,
attraverso i libri di pedagogia e le premesse ricamate sui programmi
ministeriali dei vari periodi storici.
Scelgo quindi di parlare degli aspetti in questione attraverso
Winnicott: l'opera di quest'uomo sembra fatta proprio per noi
insegnanti, è come se lui avesse riscritto il pensiero
degli altri grandi autori rielaborando e rivedendo con cura ogni
concetto quasi con il fine di valutarlo e commisurarlo usando
come criterio e metro la profonda realtà psichica del bambino.
Parlando del vissuto del bambino, noi abbiamo esaminato la coppia,
il processo elaborativo che la connota, la genitorialità,
lo spazio occupato dal bambino all'interno della coppia; Winnicott
nella sua opera esaminò le dinamiche psichiche dello sviluppo
dell'individuo dalla crescita all'adolescenza con particolarte
riguardo ai primi mesi di vita.
Quello che come insegnante mi ha meravigliato nello studio di
questo autore è stato scoprire attraverso le sue parole,
che alcune capacità e requisiti fondamentali del bambino
già si formano in modo determinante nei primi mesi di vita.
Vediamo meglio questo concetto.
Il bambino appena nato viene chiamato da Winnicott "infante"
e, studiando le peculiarità del primissimo periodo di vita,
egli mette in evidenza il concetto di dipendenza che caratterizza
tutto questo arco temporale.
Le sue parole in proposito sono troppo adeguate per non darvele
così come le ho scritte: "I piccoli dell'uomo possono
cominciare ad esistere solo in determinate condizioni ... [essi]
fanno un diverso ingresso nell'esistenza a seconda che le condizioni
nelle quali questo ingresso avviene siano favorevoli o sfavorevoli".
Egli sostiene che le caratteristiche dell'infante sono determinate
dalla combinazione di due elementi: il potenziale ereditario,
intendendo con tale termine la naturale tendenza all'accrescimento
ad allo sviluppo, e le cure materne (o genitoriali): "
... il potenziale erediatrio di un infante, non può diventare
un infante senza connettersi con le cure materne".
In altre parole, il potenziale ereditario di un infante può
svilupparsi normalmente nel tempo solo se le cure materne, o meglio
genitoriali, sono adeguate. Per cure genitoriali soddisfacenti
o adeguate, Winnicott intende la presenza di questi tre elementi
o fasi che si sovrappongono:
"...
- Il sostenere.
- Madre e infante vivono insieme. Qui la funzione del padre
(di trattare con l'ambiente al posto della madre) non è
nota all'infante.
- Padre, madre e infante vivono tutti e tre insieme.
..."
Ora vediamo quale significato dà Winnicott al termine "sostenere"
e come è lo sviluppo dell'infante nella fase del sostenere.
"Il termine sostenere sta qui ad indicare non solo
il reale tenere fisicamente in braccio l'infante, ma anche l'insieme
delle misure ambientali antecedenti al concetto di vivere con".
In altre parole tale termine si riferisce "ad un rapporto...
cui si aggiunge gradualmente l'elemento tempo".
Tenendo in mente le parole "misure ambientali antecedenti
al concetto di vivere con" esaminiamo questo pezzo: "Questo
tipo di rapporto... comprende il trattamento di esperienze inerenti
all'esistere, quali il completamento (e quindi il non completamento)
di processi che all'esterno possono sembrare puramente fisiologici,
ma che si svolgono in un campo psicologico complesso, determinato
dalla consapevolezza e dall'empatia della madre".
Da tutte queste parole, possiamo capire che l'infante, nella sua
prima fase di vita non è in grado di "vivere con",
di avere rapporti oggettuali, per cui la madre in questo senso
lo sostiene secondo il suo grado di consapevolezza e di empatia,
fornendogli tutte quelle cure apparentemente fisiche e concrete,
le quali, date al momento giusto, vengono avvertite dall'infante
come risposta al suo preciso bisogno. Qui, su queste prime operazioni
mentali, si radica il successivo sviluppo: se al bisogno dell'infante
corrisponde una risposta adeguata, egli avrà buone possibilità
di "cavarsela" nelle fasi successive poiché già
qui possiamo vedere, in embrione, i due elementi che caratterizzano
le relazioni oggettuali e cioè il bisogno, che sta
dentro, e la risposta al bambino, che viene da fuori.
Se la risposta che viene da fuori precede il bisogno, l'infante
non può andare dalla fase di simbiosi con al madre a quella
di separazione e di riconoscimento della realtà esterna
come distinta da quella interna, poiché viene a mancare
il primo elemento che porta alla costituzione delle relazioni
oggettuali e cioè la possibilità dell'infante di
avvertire il bisogno e di iniziare a prendere coscienza
di sé secondo le modalità caratteristiche di quel
periodo di vita.
Se la risposta che arriva da fuori tarda molto a venire, c'è
la disperazione del'infante, l'angoscia poiché al suo bisogno
non corrisponde la risposta, o meglio, questa arriva, quando
il bambino ha perso la sua capacità di tollerare; il pianto
allora non è più un segnale di bisogno, ma è
un mezzo per esprimere la disperazione e l'angoscia, è
un pianto che sembra non poter cessare neppure quando quel seno,
così desiderato è lì, pronto ad allattare,
l'infante piange e succhia, poi spesso rifiuta il seno.
La risposta è arrivata troppo tardi, è mancata l'intesa;
il secondo elemento (la risposta) su cui l'infante dovrebbe contare
per stabilire rapporti oggettuali e quindi per crescere, è
difettoso.
Alla luce di ciò possiamo rileggere la frase di Winnicott
dalla quale eravamo partiti comprendendola nel suo significato,
complesso, per la pregnanza di ogni termine: "il rapporto
(madre bambino nella fase del sostenere) comprende il trattamento
di esperienze inerenti all'esistere quali il completamento...
di processi che dall'esterno possono sembrare puramente fisiologici
(cure materne) ma che si svolgono in un campo psicologico complesso,
determinato dalla consapevolezza e dall'empatia (capacità
di stabilire un contatto psichico) della madre".
Nessuno di noi ricorda gli avvenimenti di questa fase neonatale,
ma ciò che si prova rimane profondamente stampato.
Sul funzionamento di ciò il bambino costituisce e costruisce
rapporti oggettuali. E non dimentichiamo che anche l'apprendimento
è un rapporto oggettuale.
Parlando di cure materne inadeguate abbiamo usato la parola "angoscia".
Winnicott ci spiega che, in questi primi stadi del rapporto genitore-infante,
il termine angoscia si riferisce alla minaccia di annientamento.
Ma diciamolo con le sue parole.
"In questo stadio che è caratterizzato dall'essenzialità
di un ambiente supportivo, il potenziale ereditario sta
diventando una continuità dell'essere. L'alternativa
all'essere è il reagire, il reagire interrompe l'essere
ed annienta. L'essere e (o) l'annientamento sono le due alternative.
L'ambiente supportivo ha quindi come funzione principale di ridurre
al minimo gli urti ai quali il bambino (quando l'ambiente supportivo
non funziona) deve reagire con conseguente annientamento dell'essere
personale."
Ho sottolineato i termini su cui occorre focalizzare la nostra
attenzione ed ho aggiunto nelle parentesi poche parole che fanno
scorrere meglio il discorso. Avete letto, compreso, registrato...?
Bene! Winnicott sta parlando del periodo neonatale, ma ogni volta
che leggo questo pezzo mi viene in mente il problematico processo
d'apprendimento di molti alunni, la cui peculiarità è
data proprio da questa "reazione" a quanto gli proponiamo,
da questa impossibilità di stabilire una continuità,
di costruire un reale processo, poiché sembra poter esistere
solo il nostro proporre ed il loro reagire al posto del loro "essere",
mentre bisogna prima essere per poter divenire.
E' venuto in mente anche a voi tutto questo? Meno male, vuol dire
che il mio messaggio è già passato: molto spesso
i vari momenti della nostra programmazione (obiettivi, contenuti,
strategia, valutazione) propongono un "divenire"
a chi non è ancora in grado di essere, perché temendo
l'annientamento, è impegnato a reagire agli urti
dai quali l'ambiente supportivo (prima solo famigliare e poi anche
scolastico) non è riuscito e non riesce a proteggerlo.
Forse qui quella figura di docente che volevamo ridisegnare può
iniziare a prendere forma, sento proprio che un docente adeguato
dovrebbe poter funzionare da ambiente supportivo laddove la famiglia
non è in grado di farlo.
Compito arduo? Lo so. Ma basta pensare agli ingredienti giusti
e la cosa potrà sembrare, non dico facile, ma realizzabile.
Intendo la formazione: né la preparazione magistrale, né
la laurea in psicologia (o altre facoltà universitarie)
forniscono al docente la capacità di funzionare da ambiente
supportivo.
La preparazione potrebbe comprendere, dopo il conseguimento di
un diploma di tipo magistrale, un corso di laurea specifico che
dovrebbe puntare a questi obiettivi:
- formazione psicodinamica teorica;
- formazione psicodinamica pratica (analisi personale);
- formazione di una vera capacità di lavorare in equipe
(con conoscenza e coscienza delle dinamiche di gruppo);
- organizzazine della programmazione in una prospettiva psicodinamica.
La prossima volta mi soffermerò a spiegare le motivazioni
che mi hanno portato ad evidenziare questi aspetti della formazione
docente e riprenderò il discorso dell'infante che abbiamo
lasciato lì, nella fase del sostenere.
Un cordiale saluto e il solito buon lavoro a tutti.
Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Roma
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.9, ottobre 1993.
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