Seconda stazione: il rapporto docente - alunno
Procedendo nelle nostre riflessioni, dopo aver parlato dello spazio
potenziale e degli oggetti transizionali, ritengo utile tornare
sul concetto di vero e falso Sé, introdotto nel diciottesimo
numero, poiché sostengo che riguardi molto da vicino il
mondo della scuola in relazione a tutte le sue componenti (studenti
- docenti e genitori)
Ho già avuto modo di dire che esiste un equivalente del
falso Sé: vediamo di cosa si tratta utilizzando le parole
di Winnicott:
"Nello stato di salute : Il falso Sé è rappresentato
da tutta l'organizzazione dell'atteggiamento sociale educato (...)
Molto è dovuto alla capacità dell'individuo di superare
l'onnipotenza e il processo primario in generale per ottenere
il vantaggio di avere un posto nella società che il vero
Sé da solo non potrebbe mai conquistare o conservare."
Ed ancora: " Nella vita esiste un aspetto compiacente
del vero Sé, una capacità nell'infante di essere
compiacente senza esporsi; questa capacità, che poi è
la capacità del compromesso, rappresenta una conquista:
L'equivalente del falso Sé nello sviluppo normale è
qualcosa che può tradursi nel bambino in un modo di fare
sociale, in altri termini, qualcosa che è adattabile. (...)
Nello stesso tempo, nella situazione di salute, il compromesso
cessa di diventare lecito quando la posta in gioco diventa cruciale.
Quando succede questo il vero Sé è capace di annullare
il Sé compiacente."
Le parole di Winnicott sono chiare ed il loro significato evidente,
tanto che sento faticosa la verbalizzazione dei miei pensieri,
a riguardo, poiché percepisco profondamente che egli ha
espresso tutto ciò che, in proposito, si poteva comunicare.
Né, questa volta, sentirete il bisogno della mia spiegazione,
sia perché avete già avuto nel diciottesimo numero
un bagaglio sufficientemente adeguato per l'interpretazione psicodinamica
dei termini qui evidenziati, sia perché ciascuno di voi
troverà, nelle parole di Winnicott, un proprio livello
di identificazione.
Mi sembra utile, invece, utilizzare le sue parole per riflettere
su alcuni aspetti costitutivi della nostra società, con
particolare riferimento all'istituzione scolastica.
Vorrei partire genericamente dall'affermazione provocatoria che
la nostra attuale struttura sociale sta sempre più privilegiando
l'organizzazione patologica del falso Sé a discapito del
suo equivalente normale, definito, appunto, da Winnicott, Sé
compiacente.
Già nell'espressione machia-vellica, di cui ancora si nutre
il nostro sistema socio - politico, del fine che giustifica i
mezzi, possiamo trovare possibili radici di una patologia sociale
del falso Sé che nell'ultimo ventennio si è andata
cronicizzando. Riprendiamo alcune delle parole di Winnicott "...
il compromesso cessa di diventare lecito quanto la posta in gioco
diventa cruciale..."
E' come se il punto di crucialità della posta in gioco
si fosse sensibilmente innalzato, tanto che le persone, sia come
individui che come nuclei sociali, si adeguano sempre più
a compromessi che i nostri nonni, in nome della tutela del vero
Sé, forse definito con i termini usuali di "dignità
umana", non avrebbero mai accettato, o almeno non in
un tempo di pace.
Sicuramente la patologia del falso Sé trova la sua origine
nel rapporto madre - figlio, come già evidenziammo nel
diciottesimo numero, ma la sempre maggiore diffusione delle difficoltà
individuali delle persone di vivere creativamente e con soddisfazione
autentica in uno spazio psichico vero e proprio, deve farci riflettere
anche sulle cause sociali di ciò.
Ci saranno d'aiuto, nell'intraprendere tale percorso le parole
con cui Winnicott definisce il vero Sé. "Nel primissimo
stadio, il ve-ro Sé è la posizione po-stulata teoricamente,
da cui vengono il gesto spontaneo e l'idea personale. Il gesto
spontaneo è il vero Sé in azione. Solo il vero Sé
può essere creativo e può sentirsi reale. Mentre
il vero Sé si sente reale, l'esistenza di un falso Sé
determina una sensazione di irrealtà e di futilità"...
- creativo, idea personale, gesto spontaneo, sentirsi reale
-
Sono termini, integrati nel concetto di vero Sé, ormai
lontani dalla realtà culturale del nostro tempo.
I condizionamenti e gli indottrinamenti sociali, politici, culturali,
religiosi, comporta-mentali, rivolti agli individui, riescono
capillarmente a raggiungere tutti attraverso le potenti reti massmediali:
l'incalzare inquietante della presentazione di problematiche sociali
di elevata gravità, diffusi attraverso la trasmissione
continua di telegiornali e radiogiornali, possono indurre la famiglia
a temere così fortemente che la crescita del loro figlio
venga condizionata, toccata o deviata da tali problematiche, da
portarla a privilegiare l'area dell'educazione mirata, ed a volte
ossessiva, a discapito della creatività e dell'idea personale,
cercando nella scuola un prezioso ausilio in tale direzione.
Questo tipo di educazione, che io definisco "allarmistica",
si è particolarmente radicata negli ultimi quindici anni;
i suoi principi sono reattivi e tutte le paure derivate dalle
problematiche sociali (particolarmente dell'area riguardante le
tossicodipendenze). Le finalità si esprimono in ciò
che il figlio non deve diventare ed il vero Sé
viene spesso imbrigliato e temuto poiché si diffida del
gesto spontaneo e dell'idea personale. Inoltre, mentre prima alla
scuola si chiedeva solo la formazione, oggi si chiede anche l'educazione:
forse vale la pena di soffermarci sul significato autentico dei
due termini, per comprendere che nascono da concezioni pedagogiche
e psicodinamiche profondamente diverse.
Quando parliamo di formazione, pensiamo ad un percorso formativo
che si avvale del contributo di entrambi i soggetti coinvolti
in tale processo : il suo itinerario è tracciato continuamente
dai bisogni e dalle caratteristiche del docente, dello studente,
tenuto conto della coppia genitoriale che egli porta con sé
ed in sé. Tale processo è dinamico e prevede spazi
e tempi in cui il vero Sé, può trovare una sua espressione,
dato che, il gesto spontaneo, l'idea personale, la creatività,
hanno una loro funzione fondamentale capace di influire sulla
possibile direzione del percorso formativo. La giustificazione
che deriva dall'autenticità di tale esperienza porta lo
studente, ma anche il docente a sentirsi reali. L'esperienza del
vero Sé, vissuta nel rapporto materno della prima infanzia,
trova nell'istituzione scolastica una naturale continuità
alla sua esistenza, senza fratture o discontinuità che
costringano l'individuo a proteggere il vero sé con la
costruzione del falso Sé. La scuola, cooperando con la
famiglia, offre così all'alunno la sua occasione
formativa, le cui finalità sono mirate, non solo alla sua
istruzione, ma anche alla realizzazione peculiare nella completezza
della sua persona, favorendo quelle relazioni sociali che, dal
punto di vista dinamico, aiutano la formazione del Sé compiacente,
capace di adeguarsi al vivere sociale.
L'ausilio del Sé compiacente ha la funzione di portare
la persona a relazionarsi all'altro considerandone le esigenze
senza pensare solo ed infinitamente a se stesso e senza chiudersi
nella follia dell'isolamento. il Sé compiacente, rispetto
al Falso Sé ha il vantaggio psichico di non agire mai al
posto del vero Sé: Egli può agire solo dopo avere
consultato quel vero Sé che rivendica comunque, il diritto
di zittire il Sé compiacente, nel momento in cui il compromesso
sociale non può essere accettato dall'autentica essenza
del vero Sé.
Credo proprio che la scuola si stia allontanando dal proporre
percorsi formativi, mentre impartisce, sempre più, ai suoi
alunni, un'educazione rigorosamente scissa in ambiti e materie.
L'educazione sottintende un Progetto educativo che esiste nella
mente del docente e che è precostituito ed uguale per tutti,
indipendentemente dalle caratteristiche dell'alunno, le peculiarità
di quest'ultimo, quindi, non possono né inizialmente, né
in itinere, modificare gli obiettivi, i tempi del loro conseguimento,
i criteri valutativi. Egli deve solo adeguarsi ad esso, dimostrando
di soddisfare le continue richieste del docente per avere una
valutazione positiva dei risultati conseguiti. E' inoltre compito
dell'alunno interpretare e comprendere anche attraverso tentativi
fallimentari, le richieste del docente, qualora egli non si preoccupi
di esprimerle in modo chiaro ed univocamente interpre-tabile;
è opportuno sempre ai fini della valutazione positiva,
che egli si scusi dei tentativi fallimentari, imputandoli alla
propria distrazione e mai alla mancanza di chiarezza del docente.
Vediamo ora come questo generico piano perverso si stia attuando
nei dettagli, nei vari ordini di scuola, in questi ultimi anni.
Tralascio volutamente di riflettere in modo approfondito sulla
scuola materna, poiché in tale ordine le esperienze sono
così eterogenee da non poter impostare un discorso generalizzato.
Dico solo che mi sembra il luogo privilegiato per offrire occasioni
di continuità, nella sperimentazione del vero Sé.
La strutturazione del tempo e dello spazio consente per la stessa
natura ludica insita in tale scuola, l'esistenza di un percorso
formativo, anche se spesso, insegnanti e genitori, presi dalla
corsa all'istruzione, si preoccupano di fornire elementi di lettura
e di scrittura, sciupando le potenzialità creative ed evolutive
di un tempo storico che, nella vita dell'individuo, non tornerà
più con le stesse prerogative.
Ragionando sulla fascia elementare, possiamo osservare come la
riforma del 90, introducendo i moduli e congelando il tempo pieno,
abbia distrutto quelle caratteristiche che ne facevano un luogo
capace di privilegiare il percorso formativo. Già le parole
della scuola dei moduli, tradiscono il suo evidente orientamento
nella direzione del progetto educativo: ambiti disciplinari -
educazione motoria - musicale... - educazione stradale - educazione
alimentare - ripartizione del tempo. I bambini sono frastornati
dall'alternarsi di insegnanti, materie, quaderni, attività;
il tutto è rigidamente cronometrato indipendentemente dalla
possibilità effettiva che ha il bambino di completare il
lavoro iniziato; il cambio si deve effettuare nell'ora stabilita
nella tabella oraria: ne va della professionalità docente!
Gli spazi per il gesto spontaneo, l'idea personale, la creatività
sono congelati (quasi come il tempo pieno): non ce n'è
il tempo. Un senso di "futilità" si diffonde
sempre più nel corpo docente, il quale in questo stato
di cose vede comunque fallire un progetto educativo che va contro
la natura del bambino, creando una frattura nella continuità
dell'espressione del vero Sé.
Tutto ciò presenta comunque un suo vantaggio: il bambino
non sente più come traumatico il passaggio dalla scuola
elementare a quella media, perché si è già
abituato al frazionamento dei saperi, all'avvicendarsi delle figure
docenti e sa precocemente adeguarsi alla varietà di richieste
degli adulti.
In assenza di tale CAPACITA' di adeguamento, egli viene definito
un CARATTERIALE, e con questa parola l'istituzione scolastica
risolve tutto.
Comunque, paradossalmente, la scuola media inferiore, in questi
ultimi anni, sembra più attenta degli altri ordini di scuola
al percorso formativo degli alunni.
I suoi programmi sono sicuramente più adeguati alle caratteristiche
evolutive dei ragazzi di quanto lo siano quelli della scuola elementare
in relazione alle concrete abilità operative dei bambini.
Programmi e nuove schede di valutazione (mi riferisco a quella
vigente fino all'anno scorso) hanno imposto ai docenti una maggiore
attenzione nei confronti del percorso educativo degli alunni,
almeno sulla carta. Ma nella sostanza, una realtà molto
più squallida, ha condizionato l'apparente "risveglio
della vena creativa" nelle scuole medie. E' come se in tale
ordine di scuole i possibili effetti negativi dell'Autonomia scolastica
fossero già visibili. Le molte scuole, con i tagli alla
spesa pubblica, l'accorpamento delle classi e la soppressione
dei posti sono diventate troppe, per cui alcune rischiano di chiudere
i battenti, ciò ha scatenato la corsa ansimante alla stesura
di percorsi educativi (spesso esibita in Carte dei Servizi prima
ancora che il Ministro si fosse espresso in merito) che attirassero
iscrizioni alla propria scuola.
In questa ottica, negli ultimi anni si è assistito, alla
scandalosa propaganda formativa fatta attraverso ignobili volantini
preparati secondo i criteri pubblicitari e concorrenziali dei
prodotti della compravendita : prima ancora che l'autonomia fosse
stata sancita a livello legislativo, la mercificazione della cultura
ha fatto il suo ingresso trionfale nella scuola pubblica.
Ma è una guerra tra poveri: la stesura dei percorsi formativi
rappresenta più uno specchietto per le allodole che una
concreta occasione formativa dato il fatiscente stato degli edifici
scolastici e l'ormai cronica volontà politica dello Stato
di non investire nell'Istituzione pubblica.
Non so cosa accadrà quando, nelle attuali difficoltà
di bilancio, nonostante il dettato costituzionale, lo Stato troverà
comunque i soldi per la scuola privata. Forse i volantini si moltiplicheranno
e conterranno, nel percorso formativo i viaggi su Marte.
E' inutile affermare che tutto ciò, essendo determinato
da ragioni puramente economiche e speculative è ben lontano
dal costituire per lo studente, una concreta occasione d'esperienza
di continuità del vero Sé.
L'analisi dettagliata del rapporto tra lo sviluppo del Sé
individuale e la scuola media superiore, merita uno spazio tutto
suo, perché necessita di elementi psicodinamici riguardanti
l'adolescenza, su cui non ci siamo ancora soffermati.
Prima di concludere, comunque, vorrei riflettere sul pericolo
psicologico che può insinuarsi nel meccanismo scatenato
dal possibile finanziamento statale delle scuole private.
Tale operazione, infatti, porterebbe sicuramente al vorticoso
aumento di scuole private sempre più differenziate nel
loro indirizzo educativo.
Il pericolo effettivo sta proprio nel costituir-si di scuole rispondenti
ad una connotazione ideologica e confessionale di stampo religioso,
politico, comportamentale, psicologico, pedagogico, filosofico...
La pluralità dell'occasione formativa offerta da una scuola
pubblica che non si è mai connotata da questo punto di
vista, andrebbe perduta. Ogni famiglia potrebbe scegliere per
il proprio figlio "l'imbrigliamento preferito" e,
per il vero Sé, l'occasione formativa sfumerebbe in un
gigantesco, invasivo falso Sé.
Mi fermo qui.
Sono consapevole del fatto di avere presentato una panoramica
ampia della questione sulla quale occorrerà tornare detta-gliatamente
nei prossimi articoli. Intanto rifletteteci anche voi...
Un cordiale saluto e un Buon anno scolastico.
Laila Scorcelletti
Insegnante elementare - Velletri
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.20, ottobre 1996.
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