Ancora prima stazione: il vissuto del bambino
Nel precedente incontro ci eravamo lasciati con l'impegno di riflettere
sul ruolo del padre.
Winnicott dice che, nella fase del sostenere, il compito paterno
di trattare con l'ambiente, anche per madre e bambino, non è
noto all'infante.
Da queste parole già comprendiamo che la funzione paterna,
nei primi mesi di vita del bambino, è proprio quella di
curare il rapporto con l'ambiente concreto, le relazioni sociali,
mantenendo vivo il senso della realtà durante quel periodo
in cui madre e figlio sono troppo presi dalla loro relazione per
poterlo fare.
Come abbiamo già detto varie volte, il loro rapporto, fondato
sull'empatia, si muove su un piano preverbale ed ogni azione,
apparentemente concreta, è profondamente psichica; in tali
circostanze, il compito del padre di mantenere vivo il filo del
contatto con la realtà circostante è quindi fondamentale.
Ma andiamo oltre. Winnicott ci dice, nel terzo punto evidenziato
con la lettera "c" (vedi "Il Bambino e l'Acqua
Sporca" n.9) che madre, padre e bambino vivono tutti
e tre insieme. A questa immagine concreta corrisponde un significato
psichico sul quale vale la pena di soffermarci.
L'autore, però, non spiega in questo frangente tale significato
poiché riprende subito ad analizzare aspetti del rapporto
madre-bambino per cui, nel riflettere sul punto "c",
attingerò al bagaglio fornitomi sia dai seminari frequentati
presso l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile sia dall'esperienza
psicanalitica (mi riferisco all'analisi).
Per assolvere a tale compito con precisione, ho riletto attentamente
gli appunti che ho scritto e rielaborato frequentando i seminari
ed ecco cosa trovo: moltissimo materiale sul rapporto madre-bambino
e sulle varie fasi dello sviluppo di quest'ultimo e poche, pochissime
frasi riguardanti il rapporto padre-bambino ed inserite, per lo
più, in un discorso relativo alla dinamica di coppia...
povera me!
Ma partiamo da quel poco che ho trovato e ragioniamo insieme,
utilizzando una "frase chiave" che ho trovato tra gli
appunti: "il padre è diverso prima della nascita
di un bambino, dopo la nascita..."; ed ancora "la
nascita e le varie fasi che i bambini passano mutano la dinamica
della coppia".
Da queste parole possiamo renderci conto di avere già fatto
considerazioni sul ruolo paterno quando parlavamo della coppia
(forse sull'ottavo numero della rivista), della dinamicità
che caratterizza il suo processo evolutivo in relazione alla genitorialità.
Anche il padre quindi deve essere in grado di andare verso la
genitorialità prima di concepire un figlio e ciò
comporta, come diceva il dott. Jannakaulas nel seminario sulla
coppia, l'aver sistemato ed internalizzato la propria coppia primaria
(i propri genitori), il poter conseguentemente ritirare l'investimento
dalla propria famiglia d'origine per investire emotivamente sulla
nuova famiglia, rafforzandola.
Poter andare verso la paternità significa, inoltre, fare
i conti con la propria gelosia di trovarsi dalla parte esterna
del due; nell'amore infatti l'uomo, in quanto elemento della coppia,
è direttamente l'oggetto dell'investimento libidico della
donna, ma tale condizione cambia già nel corso della gravidanza
poiché la donna deve investire libidicamente sulla propria
pancia, sul proprio figlio, per mantenerne l'esistenza.
Dal canto suo l'uomo, se sul piano narcisistico riesce a tollerare
tutto ciò, può accettare le modifiche che la donna
avrà nel corso della gravidanza, corporee e psichiche,
dandole magari quel sostegno che le servirà per andare
verso la preoccupazione materna.
Su tali presupposti si fonda il ruolo che il padre si trova a
vivere alla nascita del figlio, caratterizzato dalla duplice funzione
di proteggere madre e bambino dall'ambiente e di curare, anche
per loro, le relazioni con la realtà circostante.
Altrettanto importante è che l'uomo accetti la momentanea
mancanza di sensualità della sua compagna, presa ed interamente
assorbita, nei primi mesi di vita del figlio, dalla preoccupazione
materna primaria.
Spesso accade che il padre, non essendo in possesso dei requisiti
che abbiamo evidenziato finora, non riesca ad accettare tutto
ciò e ricerchi, dopo la nascita del figlio, esperienze
extraconiugali. I danni che derivano da tale "soluzione"
sono evidenti: investendo al di fuori della famiglia egli non
può vivere il ruolo di padre secondo le caratteristiche
che abbiamo già evidenziato ed oltre a ciò viene
compromessa la "coppia genitoriale" proprio in un periodo
in cui è fondamentale la percezione che i bambini hanno
della coppia. Ma c'è un danno ancora più sottile.
Dopo i primi mesi di vita, in un tempo opportuno, e cioè
quando il bambino passa da un grado di dipendenza assoluta ad
uno di dipendenza minore, la donna può gradatamente ricominciare
a spostare sull'uomo parte dell'investimento libidico che aveva
messo nella preoccupazione materna primaria rivolta al figlio;
è quindi importante che l'uomo sia lì, pronto a
ricevere questa carica d'investimento e ad aiutare la donna a
riprendere il suo vigore sessuale e la sua sensualità.
Nel caso in cui l'uomo, investendo in esperienze extraconiugali,
non riuscisse a fare ciò, resterebbe scoperta per la donna
l'area dell'eccitamento che andrebbe inevitabilmente a compromettere
anche la serenità del rapporto madre-bambino (questi si
troverebbe ad essere investito con la stessa carica dei primi
mesi in un periodo in cui questa dovrebbe invece diminuire per
consentirgli di procedere nell'evoluzione psicodinamica).
Il seguente schema, secondo il quale i tre membri della famiglia
vivono tutti e tre insieme
Figura 1
verrebbe a modificarsi così:
Figura 2
creando ingorghi non indifferenti, destinati a pesare in modo
significativo sulla dinamica della coppia, della famiglia e dello
sviluppo del nuovo individuo.
Altra caratteristica del ruolo paterno è quella di riportare
la donna, come già dicevamo, alla realtà delle cose
su quel filo che lui aveva mantenuto per lei; tutto ciò,
naturalmente, non appena il rapporto madre-bambino dovrà
modificarsi perché l'infante inizia a vivere una tappa
successiva (ci occuperemo in un successivo articolo di come avviene
questo passaggio).
Paternità significa dunque andare dall'amore alla genitorialità,
il che riassumendo comporta:
- sostenere la propria coppia genitoriale;
- togliere l'investimento emotivo dalla vecchia famiglia per
rafforzare la nuova;
- negoziare con la propria gelosia per consentire alla donna
di andare verso la preoccupazione materna primaria;
- accettare le modifiche corporee, psichiche, sessuali e dello
stile di vita della donna;
- proteggere la coppia madre-figlio dall'ambiente esterno e
curare, anche per loro, i rapporti con esso per poter riportare
la donna, nel momento opportuno, a riprendere il senso della realtà
circostante;
- saper attendere, senza deviare la propria carica libidica
in esperienze extraconiugali, che la donna possa tornare ad investire
su di lui libidicamente ed aiutarla a riprendere gradatamente
la sua sensualità.
Ma concretamente, nella quotidianità, come può esprimere
questo padre il suo vivo rapporto con il figlio? Risponderei che,
come abbiamo visto, molte sono le caratteristiche necessarie ad
un padre per essere definito tale, ma poche sono quelle competenze
che egli può riversare in modo "diretto", sul
figlio nei primi mesi di vita. L'infante è talmente unito
alla madre che in questo primo periodo il padre non può
né incontrare come individuo la donna né il proprio
figlio perché in realtà questi individui non esistono
ancora come psichicamente separati (la separatezza tra madre e
figlio sarà un passaggio successivo). Ogni azione concreta
del padre ha quindi significato solo se diretta ad incontrare
e tutelare la coppia madre figlio.
Potremmo visualizzarlo così:
Figura 3
Qui incalza un discorso di tipo culturale.
Sinteticamente potrei dire che il ruolo di "capo" che
aveva il padre nella famiglia di tipo patriarcale si è
andato logorando man mano che si modificava il ruolo della donna
all'interno di essa. Ma mentre nel tempo, la figura femminile
si è arricchita di competenze e possibilità che
prima costituivano una prerogativa maschile, l'uomo si è
letteralmente "logorato" nella sua funzione, "impoverito"
e quasi disorientato rispetto al suo ruolo.
Nella coppia tutto ciò non porta, necessariamente, particolari
disagi proprio perché, come dicevamo tempo fa, ciascun
individuo proietta sul partner elementi maschili e femminili e
in qualche modo ci si compensa, ci si "arresta" nell'assumere
ruoli e competenze .
Ma un figlio ha bisogno di un padre di sesso maschile che si assuma
un ruolo paterno e di una madre di sesso femminile che assolva
al suo ruolo materno, ne ha bisogno per poter crescere in modo
equilibrato compiendo, secondo natura, le proprie introiezioni,
proiezioni, identificazioni (spiegherò più in là
questi termini).
I padri di oggi, in una società giustamente non più
maschilista che legittimamente cammina verso la parità
dei diritti, sono stati svuotati repentinamente di quel ruolo
paterno con il quale si erano identificati da piccoli e, non avendo
un altro modello di riferimento, finiscono spesso per essere padri
"materni". Attenzione! Parità dei diritti, tutela
legislativa, responsabilità e coscienza del proprio ruolo
all'interno della famiglia e della società non sono da
confondere con l'uguaglianza. L'uomo non è uguale alla
donna né la donna è uguale all'uomo per cui, anche
nella parità dei diritti, la distinzione dei ruoli è
fondamentale da un punto di vista psicodinamico, basilare direi,
almeno in relazione al figlio.
Il padre "materno di oggi", non ritrovando il suo preciso
ruolo, quasi nel timore di essere tagliato fuori dal rapporto,
fornisce spesso quelle cure primarie che sono una prerogativa
materna, in modo quasi "intrusivo" irrompendo nella
membrana ancor chiusa della coppia madre-bambino prima che questi
si siano psichicamente separati come individui e distinti uno
dall'altro.
Lo rappresenterei così:
Figura 4
Concludendo, potremmo dire che il ruolo del padre è, nei
primi mesi di vita, quello che ho tentato di descrivere.
Certo, rapportato al ruolo materno non sarà quello di un
protagonista, ma natura vuole che il figlio nasca dalla madre
e che il padre entri in relazione con lui solo gradatamente. Un
padre che sappia e possa assolvere alle molteplici funzioni che
ho descritto sarà sicuramente in grado di aiutare la madre
a riprendere il suo ruolo di donna, nel momento in cui lo sviluppo
del figlio le consentirà di uscire dalla preoccupazione
materna primaria. Questo passaggio consente al padre di avviare
una relazione diretta con il figlio senza compiere più
un'intrusione in quanto, ora, madre e figlio sono due individui
distinti.
Abbiamo quindi verificato che la frase di Winnicott da cui eravamo
partiti (madre padre e figlio vivono tutti e tre insieme) ha veramente
un significato psichico profondo che si modifica più volte
nel corso del primo anno di vita e che potremmo rappresentare
così:
Figura 5
Mi fermerei qui e lascerei al prossimo incontro l'impegno che
avevamo di continuare il discorso sulla seconda stazione.
Un cordiale saluto, il solito buon lavoro ed ai padri direi "pazienza!".
Ci vogliono pazienza e perseveranza per essere dei padri "adeguati".
Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Roma
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.11, aprile 1994.
|