Il Bambino e l'Acqua Sporca. Coordinamento Genitori-Insegnanti

Parliamo di Educazione

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Seconda stazione: il rapporto insegnante-alunno.
Ancora prima stazione: il vissuto del bambino.

Mi trovo ad essere entrata in punta di piedi nella seconda stazione (rapporto tra docente ed alunno) senza aver concluso del tutto le riflessioni sulla prima; infatti dicevo nel precedente articolo che mi sarei soffermata a spiegare le motivazioni che mi avevano portata ad evidenziare un itinere, a mio avviso adeguato, per la formazione di un docente.

Sarebbe giusto iniziare dal punto che avevo definito con i termini di formazione psicodinamica teorica e proseguire con le riflessioni riguardanti la formazione psicodinamica pratica, ma quando mi soffermo a riflettere sulla preparazione del personale docente non posso fare a meno di pensare all'aula dell'Istituto Magistrale in cui mi è stato dato il diploma. A questo punto i ricordi prendono piede e l'immagine dei vari insegnanti si fa viva accanto a quella cattedra rialzata: persone o personaggi?

Ognuno mi viene in mente con le sue precise caratteristiche ed automaticamente lo vado a collocare nella categoria dei personaggi e metto in quella delle persone una sola professoressa.

Forse il tempo trasforma la nostra realtà interna e le persone con cui viviamo diventano personaggi nel ricordo? Potrebbe essere. Ma già allora li avevo divisi in persone e personaggi!

Penso si possa definire persona l'insegnante che nel suo lavoro incontra sul piano psichico l'alunno e personaggio chi non riesce a farlo. Non a caso uso l'espressione non riesce a farlo: chi non incontra l'alunno sul piano psichico, emotivamente non può farlo.

Persone o personaggi... dicevo.

Ma la tentazione di compiere questa distinzione mi torna ancora ogni volta che come insegnante mi guardo intorno durante i vari Collegi dei docenti.

Forse ognuno di noi inizia questo lavoro come personaggio, dato che la formazione magistrale non prepara all'incontro psichico con l'alunno, poi è il bambino stesso che ci chiede la trasformazione; infatti l'istaurarsi del rapporto insegnante-alunno comporta una serie di crisi nel primo il quale, fortunatamente, si sente inadeguato ad affrontare le problematiche emerse e si trova costretto a scegliere tra due strade.

Se può, se ha l'energia psichica necessaria per investire in tale campo, avvia quel processo di trasformazione che gli consentirà di incontrare l'alunno.

Se inconsciamente sente di non potercela fare si ancora più saldamente al suo ruolo di personaggio ed esclude dal rapporto l'elemento alunno.

Vediamo cosa significano analiticamente i termini che ho appena usato:

  • incontrare l'alunno
  • investire
  • non farcela.

Direi che con queste parole entriamo nel vivo dell'argomento poiché chiamiamo in causa i due punti evidenziati all'inizio di questo articolo.

Sulla formazione psicodina-

mica teorica basta dire poche parole: dopo il conseguimento di un diploma di tipo magistrale sarebbe necessario frequentare un corso di laurea finalizzato alla conoscenza ed allo studio della letteratura psicanalitica.

Questa preparazione consentirebbe al docente di sapere sempre come e cosa sta vivendo l'alunno, di conoscere il significato più profondo di ogni sua espressione, di commisurare l' azione didattica alla realtà psichica dell'utente.

Attenzione, conoscere non vuol dire curare una patologia, bensì sapere per capire, per discernere.

Chi è preparato sa cosa sta accadendo, non si allarma e non etichetta le persone, ma valuta le possibili strategie.

A volte la preparazione adeguata dà quella serenità di fondo e quella apertura mentale che da sole bastano a non fare di legittimo ingorgo evolutivo il caso, il mostro.

La preparazione in tale versante ci permette di non spaventarci di fronte alle problematiche dell'alunno, di poterle comprendere e pertanto accogliere.

Questa disponibilità di un patrimonio di conoscenze psicodinamiche a volte già consente di sciogliere piccoli intoppi del processo di apprendimento, permette comunque di modificare profondamente il concetto di programmazione (riprenderemo questo aspetto in un altro articolo) ed aiuta a distinguere le problematiche che possono essere risolte, con il semplice costituirsi a scuola di un ambiente supportivo, da quelle complesse che necessitano dell'intervento specifico dello psicoterapeuta.

Sulla formazione psicodinamica pratica, e cioè sull'analisi personale, c'è invece molto da dire, rimanderei quindi questa riflessione al nostro prossimo incontro anche perché dobbiamo riprendere il discorso riguardante il vissuto del bambino.

Su questo punto, nel precedente articolo, abbiamo fatto considerazioni su come il bambino vive dentro di sé le figure genitoriali appoggiandoci a Winnicott e sviluppando riflessioni scaturite dall'analisi di alcuni suoi concetti fondamentali riguardanti le caratteristiche dell'infante.

In particolare abbiamo visto come alcuni elementi del rapporto madre-infante, che Winnicott colloca nella primissima fase del sostenere, accompagnano poi il bambino nella peculiarità del suo apprendimento.

Raccordandoci ora al percorso tratteggiato nel nostro primo incontro, e precisamente alla tappa evidenziata sopra, possiamo affermare che ogni bambino vive dentro di sé la figura materna in modo diverso, forse quasi direttamente proporzionale alla capacità della madre reale di rispondere alla dipendenza assoluta in cui si trova l'infante nello stadio iniziale (erano parole di Winnicott).

Direi che questa immagine di madre reale si fa psichica nel bambino in quanto, contemporaneamente, mentre il suo corpo si nutre delle cure che questa sa dare, in modo più o meno adeguato, la sua psiche si nutre delle sensazione positive o negative provocate dal tipo di cure materne ricevute.

C'è nel termine tipo, che ho appena usato, tutta la carica psichica materna, tutta la particolarità di quella madre la quale, per le esperienze che ha vissuto, per come è stata sentita nella veste di figlia... può essere solo così: di quel tipo; è come se questa sua connotazione, così sua e così profonda, uscisse dal suo seno mentre allatta il figlio o vibrasse sulla pelle delle sue mani mentre ne accudisce il corpo.

Il bambino, che del resto è vissuto in lei per giorni e giorni, sicuramente, anche ora che è fuori di lei, sa sentire tutto questo e ciascuna particella del suo essere è così pronta a cogliere le sensazioni, che ogni atto corporeo diventa, probabilmente, subito psichico.

Questa madre, così concreta, reale e definibile per tutti coloro che vivono intorno a loro due (svelta, lenta, sporca, pulita...), è per il bambino una immagine psichica indefinibile, dal suo punto di vista, destinata però a giocare un ruolo per lui fondamentale.

Con il tempo, sviluppando le varie abilità sensoriali, corporee e relazionali, il bambino avrà una conoscenza di sua madre più reale e concreta, ma sono convinta che ogni messaggio, ogni percezione, andrà sempre a fare i conti con questa prima immagine psichica radicata nel profondo e dovrà rapportarsi ad essa continuamente.

Ora dovremo passare ad esaminare il punto evidenziato nel precedente articolo con la lettera b, comprendendo così sia il ruolo paterno sia come può vivere il bambino dentro di sé l'immagine del padre.

L'analisi di questo punto merita, a mio avviso, una riflessione accurata ed uno spazio tutto suo poiché parlare del ruolo del padre non significa solo fare considerazioni psicodinamiche (il che già non sarebbe poca cosa), ma intraprendere un cammino sul significato culturale dei termini evidenziati.

Ci lasciamo quindi con un doppio appuntamento:

  1. il ruolo del padre per quanto riguarda la prima stazione
  2. l'analisi personale del docente per ciò che concerne la seconda stazione.

Ci sarà molto da dire!

Ci sarà molto da fare!

Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Roma

Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.10, dicembre 1993.

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