Il Bambino e l'Acqua Sporca. Coordinamento Genitori-Insegnanti

Su un altro treno








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Nella nostra ultima occasione di riflessione abbiamo chiamato in causa il concetto di "spazio transizionale" senza riuscire a definirlo in modo esauriente. Proviamoci ora.

Prettamente winnicottiano, il termine, nel dibattito psicoanalitico, forse non è stato abbastanza profondamente considerato da alcuni autori. Come docente, ritengo particolarmente utile soffermarci sulle considerazioni che possono scaturire da tale concetto poiché penso fornisca un notevole contributo alla consapevole definizione delle finalità di un percorso educativo e delle sue concrete potenzialità.

So che presso la clinica neuropsichiatrica infantile, in questo mese di marzo si sta svolgendo un corso seminariale sul lavoro clinico e teorico di Winnicott, condotto dai dottori Max Hernandez e Andreas Giannakoulas.

Purtroppo, non posso riferirvi nulla a riguardo, poiché, nonostante il rinnovo contrattuale, il bilancio mensile, rigorosamente ed impietosamente dettato dalla cifra scritta sul cedolino, non mi ha consentito di inserire la quota di partecipazione neppure alla voce "varie ed eventuali".

In qualità di assente mortificata, comunque, ho letto... riletto... ed ancora riletto nel dettaglio i punti del programma, (forse nel tentativo inconscio di partecipare al corso telepaticamen-te!) ed ho potuto constatare che i contenuti in esso evidenziabili (per quanto è consentito evidenziare contenuti da un titolo) probabilmente potevano andare nella stessa direzione delle mie intuizioni (o viceversa, come sarebbe più modesto dire, che le mie intuizioni potevano andare nella stessa direzione...).

I punti del programma che più mi avrebbero coinvolta come docente, probabilmente, sarebbero stati i seguenti:

  1. sulla costruzione dello spazio potenziale
    • fondamenti dello spazio potenziale
    • origini dello spazio potenziale
    • verso una definizione dello spazio potenziale
  2. permanenza e cambiamento.

Per consolarmi del fatto di non aver potuto fruire del corso seminariale, vorrei condividere con voi le riflessioni riguardanti l'argomento in questione, utilizzando proprio l'iter delineato dai punti evidenziati.

Iniziamo con l'analizzare i fondamenti e le origini dello spazio potenziale. Esso affonda le sue radici nel concetto di spazio transizionale; quest'ultimo è a sua volta connotato dall'oggetto transizionale e dai fenomeni transizionali.

"...un batuffolo di lana o l'angolo di una coperta... o una parola o una tonalità o un'abitudine - il cui uso diventa di importanza vitale per il bambino al momento di andare a dormire... Forse qualche oggetto soffice... è stato trovato ed usato dal bambino e questo diventa ciò che io chiamo oggetto transizionale.

Questo oggetto diventa sempre più importante.... Può essere tenuto in mano, sulla guancia, in bocca, succhiato... tutte queste cose chiamo fenomeni transizionali (Winnicott)".

Come dicevamo nel precedente numero della rivista, man mano che il bambino percepisce il proprio Io come distinto e separato da quello materno, passa dall'illusione della propria onnipotenza alla disillusione, iniziando a comprendere che chi lo nutre fa parte di una realtà oggettiva.

Ma la nostra psiche vive la separazione come un lutto, come una perdita dalla quale il bambino di difende, introiettando le figure genitoriali in un primo abbozzo di Super Io. Tutto ciò, comunque, avviene in un arco di tempo psichico difficilmente quantificabile, tempo in cui deve essere di conforto l'utilizzo di fenomeni e di oggetti transizionali, simbolici, ma non ancora simboli, del seno materno.

Starete già pensando "Simbolico, ma non simbolo: che significato ha?".

Vi rispondo con le parole di Winnicott. "E' vero che il pezzo di coperta... è simbolico... Tuttavia, il punto essenziale non è il suo valore simbolico, quanto il suo essere reale... Quando viene impiegato il simbolismo il bambino distingue chiaramente tra... oggetti interni ed oggetti esterni, tra creatività primaria e percezione". La bellezza ed il fascino del paradosso insito nel concetto Winnicottiano di oggetto transizionale, sta proprio nel fatto che esso è il primo concreto oggetto di separazione tra madre e bambino, ma, contemporaneamente, è un'immagine simbolica dell'unione bimbo-seno materno, che l'infante utilizza per separarsi psichicamente senza separarsi empaticamente. I fenomeni transizionali, quindi, aprono la strada alla capacità di utilizzare il simbolo.

Come accennammo nel nostro precedente incontro, lo spazio transizionale, quindi, è lo spazio intermedio che sta tra la madre ed il bambino in termini di separatezza; l'angoscia prodotta da tale separazione viene lenita dall'esperienza, quasi "consolatoria",vissuta attraverso i fenomeni transizionali che, con il loro carattere di ritualità, investono sempre lo stesso oggetto, dando al bambino un certo senso di sicurezza.

Parlando dell'oggetto transizionale, infatti, Winnicott dice che "la madre che lo lascia diventare sporco ed anche puzzolente, sapendo che lavandolo introdurrebbe una rottura nella continuità dell'esperienza del bambino..." (Non è possibile non pensare alla "stregaccia" di Federica!).

Questo spazio transizionale, è comunque il presupposto di ciò che Winnicott definisce "spazio potenziale".

Il capitolo da lui dedicato a tale concetto sarebbe da trascrivere interamente per quanto sono adeguate le parole utilizzate. Vi do le più utili e poi le più belle:

"Di ogni individuo che ha raggiunto lo stadio per cui è una unità, con una membrana limitante, e un di fuori e un di dentro, si può dire che vi sia in lui una realtà interna... Ciò che io vorrei affermare è che se vi è bisogno di questa doppia definizione vi è anche bisogno di una definizione tripla; la terza parte della vita di un essere umano, una parte che non possiamo ignorare, è un'area intermedia di esperienza a cui contribuiscono la realtà interna e la vita esterna. E' un'area che non viene messa in dubbio, poiché nessuno la rivendica se non per il fatto che esisterà come posto di riposo per un individuo impegnato nel perpetuo compito di mantenere separata, e tuttavia correlate, la realtà interna e la realtà esterna".

In questo prezioso spazio egli inserisce l'esperienza: il gioco, la cultura, quindi la creatività; personalmente, come mi sono trovata a scrivere in un lavoro che sto portando avanti sull'influenza dei massmedia nello sviluppo psichico dell'individuo, ritengo che in questa area vadano collocati, oltre alla possibilità dell'individuo di passare dall'innamoramento all'amore, tutti i fenomeni massmediali del nostro tempo (le due cose sembrano scollegate, ma fidatevi, nel lavoro che sto elaborando, il discorso è strutturato in modo chiaro, anche se non necessariamente condivisibile).

Torniamo a Winnicott "... Nel fare uso della parola cultura io penso alla tradizione che si eredita. Penso a qualcosa che è parte del patrimonio comune dell'umanità, a cui i singoli e i gruppi di individui possono contribuire,e da cui tutti noi possiamo attingere se abbiamo un posto dove mettere ciò che troviamo".

Ritengo che le parole sopra evidenziate siano preziose per noi insegnanti: "... tutto gli scivola addosso..."

Nel corso della mia esperienza di docente ho sentito più di una volta questa espressione come descrittrice dell'indifferenza riferita alla motivazione ad apprendere di molti alunni. In questi ultimi quattro anni, l'intensità del fenomeno ha assunto valori allarmanti, sia per la quantità numerica, sia perché si è estesa a tutte le fasce dell'età scolare, fino a quella prescolare. E' come se non solo fosse diventato arduo l'apprendere, ma persino il giocare.

Sulla scuola ricade la colpa di essere vecchia, disattenta alla problematiche, lontana dalla realtà, inadeguata negli strumenti, arcaica nel suo canale comunicativo ancorato al dominio del codice verbale, in un contesto d'esperienza che pullula di canali alternativi. E le colpe ricadono ancora sulla scuola perché gli insegnanti non sanno rendere interessanti e stimolanti le lezioni, non sanno rendere piacevole l'apprendimento, essendosi allontanati dalla forma ludica con cui una volta si ponevano i contenuti ai bambini, per andare verso la frenetica realizzazione di programmi rigidi, fortemente nozionistici... e bla.... e bla... e... bla!

E poi i genitori: quanto sono colpevoli i genitori non possiamo ignorarlo, presi dalla produttività, dal guadagno, dalla loro realizzazione, non si curano dell'educazione dei figli; non li seguono nel curricolo scolastico (oppure li seguono troppo); non sanno interagire con i docenti, così come (prima l'ho dimenticato) i docenti non sanno relazionarsi con le famiglie.

E gli studenti, allora; non sono forse altrettanto colpevoli gli studenti? Una collega mi diceva, tempo fa, che nella sua classe, composta da bambini di tre anni, ci sono già tanti piccoli delinquenti, figli probabilmente delle famiglie di quell'area sociale fortemente a rischio; ma più andiamo avanti nell'età cronologica e più questi ragazzi si fanno sfacciati, menefreghisti ed indifferenti di fronte alle problematiche culturali e sociali: "noi sì che sapevamo gestire le assemblee sindacali!" Ed anche qui giù con i bla... bla... e bla!

Forse la soluzione di tutto sta nel "contratto formativo" che docenti e genitori debbono "stipulare" insieme, uniti dalla comune azione educativa rivolta all' "utente".

Ho sentito molte volte queste parole, espresse in varie situazioni da numerosi docenti che stimo per la sensibile attenzione, la preparazione e la professionalità, i quali, in buona fede, tentano soluzioni; cercano di individuare uno spiraglio, di organizzare un'attività programmata proprio al fine di decondizionare gli svantaggi. Eppure quando sento quelle parole, sicuramente alternative al classificare come delinquente un bimbo di tre anni, provo una stessa profonda mortificazione.

Ma siamo così sicuri del fatto che le componenti della vita scolastica (studenti, docenti, genitori) siano così "colpevoli" o è possibile che le cose si riescano ad analizzare in termini diversi? Mi sembra che la struttura dinamica della nostra moderna società, tecnologicamente potente, fortemente avanzata nei suoi canali produttivi e massmediali, abbia ignorato, forse addirittura attaccato, sicuramente trascurato di proteggere e custodire, lo spazio potenziale di ciascun individuo.

"...Tutto scivola addosso..." forse perché non hanno (e se lo hanno non lo riconoscono) un posto dove mettere ciò che trovano. Non so cosa ne dirà Mirella.....

Ma torniamo a Winnicott e alla sue parole sullo spazio potenziale.

"...questa terza area è un prodotto delle esperienze delle singole persone (lattante, bambino, adolescente, adulto) nell'ambiente di cui dispone..... l'estensione di questa area può essere minima o massima...."

Da cosa dipendono l'estensione e la sensazione di consapevolezza dell'esistenza di questa area? Dobbiamo tornare al rapporto madre - figlio "Un bambino può essere nutrito senza amore, ma, allevare senza amore o in maniera impersonale non può riuscire a produrre un nuovo bambino autonomo. Là dove c'è fiducia o attendibilità, vi è uno spazio potenziale che può diventare un'area infinita di separazione che il lattante, il bambino, l'adolescente, l'adulto, possono creativamente colmare con il gioco, che col tempo diventa godimento dell'eredità culturale.... il gioco e l'esperienza culturale.... richiedono ed ottengono la nostra attenzione deliberatamente concentrate."

Ma allora, dirà qualcuno di voi, in ultima analisi, l'incapacità di concentrarsi, l'impossibilità di giocare ed apprendere costruttivamente e creativamente dipendono dall'inadeguatezza di questo spazio potenziale che si connota tra madre e bambino. Sicuramente sì, senza dubbio l'affidabilità della madre, la sua attendibilità e la fiducia che in essa ripone il bambino, scaturita da quell'esperienza di continuità dell'esistenza consentita solo da una madre adeguata, sono, per lo spazio potenziale, tutti elementi indispensabili e quindi costituenti.

Winnicott, infatti, evidenzia il fatto che la mancanza di fiducia blocca la capacità di gioco personale a causa delle limitazioni dello spazio potenziale; ma egli aggiunge che, a volte, per quanto una persona abbia un posto dentro sé per l'esperienza culturale, c'è un'incompetenza degli adulti nel proporre in modo adeguato gli elementi culturali in relazione alle fasi dello sviluppo della personalità.

Ma vorrei che ci soffermassimo a riflettere su queste sue parole.

"La prima necessità, allora, rispetto a ciò che ho descritto in questo capitolo è di proteggere il rapporto bambino-madre e bambino-genitore nella prima fase dello sviluppo di ciascun bambino, maschio o femmina, cosicché possa verificarsi l'esistenza dello spazio potenziale in cui, grazie alla fiducia, il bambino è in grado di giocare creativamente" ed ancora "Vi è nei casi di precoce venir meno dell'attendibilità dell'ambiente, un altro possibile pericolo, cioè che questo spazio potenziale può riempirsi di ciò che vi viene intromesso da persona diversa dal bambino. Sembra che qualunque cosa si trovi in questo spazio che proviene da qualcun altro è materiale persecutorio ed il bambino non ha modo di respingerlo".

Vi lascio con queste parole ed aggiungo delle domande sulle quali sto lavorando da diversi mesi nel tentativo di produrre un resoconto scritto che sia organico.

  1. L'organizzazione strutturale della nostra società tutela concretamente la relazione madre-bambino genitore-bambino?
  2. Quale posto occupano i massmedia nello spazio potenziale particolarmente di quei bambini in cui l'attendibilità dell'ambiente viene meno?
  3. I fenomeni massmediali non potrebbero essere, ad esempio, uno tra i possibili pericoli di cui parla Winnicott poiché riempiono lo spazio potenziale di ciò che viene intromesso da persone diverse dal bambino?
  4. In quali termini si pone allora l'opera decondizionante dell'istituzione scolastica?
  5. Quale scuola e quale società possono scaturire da queste riflessioni?

Non credo che la prossima volta saremo in grado di rispondere a queste domande, ma ritengo utile e fondamentale che si inizi a riflettere ed a dibattere su tutto ciò... e forse ...gradatamente parlare di "piccoli delinquenti" o di "contratto formativo" non avrà più un senso...

Abbiamo parlato dei fondamenti e delle origini dello spazio potenziale. Quanto alla sua definizione penso occorra un profondo lavoro di riflessione poiché, a mio avviso, va ridefinito tenendo conto anche delle implicazioni massmediali e delle più recenti trasformazioni strutturali della nostra organizzazione politica e sociale di cui Winnicott, morto nel 1971, non era a conoscenza. In questi venticinque anni di storia la vita quotidiana di ciascuno di noi si è vorticosamente modificata; è mutato l'ambiente in cui viviamo, e poichè lo spazio potenziale coincide con l'esperienza formita dall'ambiente, non possiano evitare di riflettere su ciò. Mentre sto completando l'articolo, proprio oggi, sabato 16 marzo nell'aula magna della clinica neuropsichiatrica infantile, si concluderà il corso seminariale di cui vi parlavo all'inizio: io non so quale percorso abbiano intrapreso, lì, le riflessioni che le persone avranno espresso circa lo spazio potenziale. Sicuramente le loro considerazioni avranno privilegiato l'area del rapporto analista-paziente.

Tuttavia, ogni rapporto si muove nello spazio potenziale, anche quello che unisce e separa gli studenti, i docenti, i genitori e non dimentichiamolo.

Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Velletri

Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.19, aprile 1996.

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