Prima stazione: il vissuto del bambino
Nell'ultimo incontro abbiamo tentato di definire il termine "Io"
evidenziando l'importanza di una madre capace di mettersi al posto
del bambino, quale garanzia di quella continuità che fornisce
all'Io del bambino la sensazione di esistere. Ma lo sviluppo dell'Io
è consentito sia da un allontanamento dal narcisismo primario,
sia dalla prioritaria esistenza di un "Sé". Allo
stesso modo, se non c'è un Io che comincia a funzionare
non c'è un vero Sé.
E' un gatto che si morde la coda.
Tentiamo di capire meglio.
In questo ultimo mese ho analizzato e studiato ripetutamente alcune
pagine di Freud e Winnicott; ho letto, riletto e interpretato
le loro parole nel tentativo di trovare un legame essenziale che
fosse, non solo chiaro ad un livello intuitivo, ma "riferibile"
con un linguaggio semplice ed utilizzabile anche nella nostra
esperienza concreta di docenti, genitori e figli.
La cosa non è facile, ma se vogliamo riflettere insieme,
ritengo indispensabile la condivisione di quanto segue.
Dice Winnicott:
"Attraverso processi naturali il bambino sviluppa un'organizzazione
dell'Io adattata all'ambiente. Ma questo non accade automaticamente;
anzi può verificarsi solo se prima il "vero Sé"
è diventato una realtà viva grazie all'adattamento
sufficientemente buono della madre ai bisogni del figlio".
Dice Freud:
"...in che rapporto sta il narcisismo...con l'autoerotismo...,
stadio primordiale della libido?
...siamo costretti a supporre che non esista nell'individuo
sin dall'inizio un'unità paragonabile all'Io; l'Io deve
ancora evolversi. Le pulsioni autoerotiche sono invece assolutamente
primordiali; qualcosa - una nuova azione psichica
- deve dunque aggiungersi all'autoerotismo perché si produca
il narcisismo."
Iniziamo a chiarire che con il termine narcisismo primario s'intende
un investimento carico d'energia psichica (libido) che converge
verso l'Io (libido dell'Io); quando l'Io è saturo di questa
carica libidica, essa si dirige verso l'oggetto (libido oggettuale)
e poi ritorna sull'Io (narcisismo secondario).
Queste parole, apparentemente complesse, possono sicuramente essere
tradotte in termini più semplici perché esiste un
loro equivalente nell'esperienza di ciascuno di noi. Non sembra
ma è così.
L'allattamento e l'innamoramento, ad esempio, hanno a che fare
con questo groviglio di definizioni. Seguitemi nel discorso.
Un primo valido aiuto ci viene dalle parole di Giannakoulas che
appuntai su un quaderno nel corso di uno dei suoi seminari: "Il
narcisismo è un complemento libidico all'istintivo egoismo
di sopravvivenza". Partiamo dunque da qui.
Il primo passo che dovremmo fare è, secondo me, quello
di comprendere il profondo significato del termine "libidico".
Usato ed abusato attraverso i canali comunicativi dei vari mass-media,
il vocabolo ha assunto, in questi ultimi anni, un significato
deviante rispetto a quello autentico.
La libido è quell'energia psichica che "umanizza"
l'istinto della persona, differenziandola così dagli altri
esseri viventi. Ogni essere vivente, infatti, si nutre e si accoppia
seguendo l'istinto della sopravvivenza e della conservazione della
specie..., l'uomo, probabilmente, si distingue fra essi proprio
perché la libido cambia la connotazione del suo istinto.
Potremmo dire che la libido è un'energia psichica carica
di desiderio di appagamento e soddisfazione, questa energia spinge
le mente a strutturarsi ed organizzarsi in modo tale da conseguire
l'appagamento. L'azione psichica di cui ci parla Freud è
plausibilmente proprio un primo tentativo della mente di organizzarsi,
appunto sotto la spinta della libido, in un momento in cui l'infante,
non esistendo ancora una netta distinzione tra il Sé e
il non Sé, tra il dentro e il fuori (in altre parole tra
figlio e madre) può dirigere questa carica di desiderio
e d'appagamento solo su se stesso.
Ma questo se stesso è qualcosa di unico: fuso e confuso
con l'Io della madre; immerso nell'illusione di quell'onnipotenza
sostenuta da una madre sufficientemente buona; caratterizzato
da agenzie proprie non ancora strutturate che oscillano tra il
sospiro di un Sé e la possibilità di un Io.
L'investimento sostenuto da questa carica libidica che l'infante
dirige verso la sua persona, non ancora distinta dalla madre,
è chiamato narcisismo primario. Questo narcisismo del bambino,
sicuramente alimentato dal narcisismo materno, e con esso fuso,
consente al bambino di amare se stesso tanto da desiderare di
nutrirsi, non solo per non morire di fame, ma anche per sentire
appagata la sua libido.
La madre, dal canto suo, attinge al proprio narcisismo ed ama
il figlio come ama se stessa, poiché essendo nato da lei,
egli, con la nuova vita, le darà la certezza che qualcosa
di suo potrà sopravvivere, attraverso lui ed in lui, anche
in un tempo ed in uno spazio da lei lontani.
A mio avviso, la nascita di un figlio tampona quella piccola ferita
narcisistica che ciascuno di noi sente, nel profondo del proprio
Sé, quando fa i conti con la consapevolezza di dover morire:
è significativo evidenziare come appena ci nasce un figlio,
noi iniziamo a preoccuparci per la sua incolumità più
di quanto non lo facciamo per noi stessi. Questa preoccupazione
non trova la sua radice nell'altruismo ma piuttosto nel narcisismo:
ad un livello profondo noi avvertiamo che quel figlio porterà
avanti nel tempo qualcosa di nostro ed allora riusciamo ad amarlo
tanto da identificarci con lui. L'identificazione ci consente
di dedicarci completamente alla sua cura fino a fornirgli il seno
turgido di latte proprio nel momento in cui egli, nella sua onnipotenza,
inebriato dal desiderio narcisistico di appagamento, lo sta allucinando
(il seno arriva concretamente proprio nel momento in cui il bambino
lo sta immaginando).
Sicuramente una madre che non ama se stessa sul piano narcisistico
non potrà fornire al figlio, insieme al concreto gesto
dell'allattamento, questa esperienza psichica fondamentale.
Forse la differenza tra quella madre sufficientemente buona di
cui ci parlava Winnicott ed una madre che non può essere
tale, sta proprio qui: nella possibilità che ha la madre
di amare se stessa.
Non so se quando Freud teorizzava intorno al narcisismo lo intendeva
proprio in questi termini. Forse, se fosse ancora vivo, si arrabbierebbe
di fronte alla dissacrante semplicità con cui sto descrivendo
un concetto così importante della teoria psicoanalitica.
Ma io ho cercato di calare le sue parole nella mia esperienza
di vita, rincorrendo le sensazioni e le immagini di un cammino
analitico, della mia maternità, dei miei allattamenti...
Torniamo agli Autori.
Incorporato (messo nel corpo) il latte e, soprattutto, introiettata,
(messa nella mente) quell'esperienza psichica positiva, consentita
dalla madre, la libido torna sulla sua persona, carica di quel
narcisismo materno che gli ha permesso l'illusione dell'onnipotenza.
Questo ritorno della libido sul bambino è chiamato da Freud
narcisismo secondario.
Tale esperienza è fondamentale e determinante per lo sviluppo
dell'infante, il passaggio dei messaggi empatici è capillare
e la continuità che garantisce la madre nel fornirli, consente
quella formazione delle agenzie psichiche su cui si muove quel
labile confine tra la normalità e l'ingorgo evolutivo.
In questo processo di ritorno della libido il bambino sente che
la mamma lo ama, più si sente amato, più si ama.
La libido, in questo suo ritorno sull'inconsapevole infante, carica
dell'esperienza soddisfacente e appagante, trova un luogo prezioso
in cui si quieta ed in cui torna a posarsi ogni volta, gratificata.
Deve essere in questo spazio ed in questo tempo che gradatamente
prende forma il nucleo centrale del vero Sé di cui ci parla
Winnicott.
Il vero Sé è come l'essenza psichica fondamentale
del bambino (e del futuro adulto) in cui, sentendosi amato, sa
di potersi amare e percepisce di poter esistere sia come persona
viva ed autentica, poiché è in grado di godere dell'esperienza
(vero Sé), sia come persona che, spinta dalla libido, è
capace di interagire (primo abbozzo dell'Io), per riportare sul
Sé la gratificazione e la soddisfazione ricavata dall'esperienza.
E' qui che, empaticamente, la madre inizia a percepire che il
bambino ha bisogno di sentirsi gradualmente capace di funzionare
come un "Io" distinto da quello materno, libero di interagire,
negoziando spazi condivisi e separati, tempi di fuga e di appoggio,
di fusione e di separatezza, ma fiducioso verso la vita, potendo
contare su un vero Sé. In questo senso lo sviluppo dell'Io
è consentito da un allontanamento del narcisismo primario:
dove c'è fusione non c'è sviluppo dell'Io e forse
non c'è neppure l'autentica esperienza del vero Sé,
fondamentale per sentirsi vivi.
Del resto è lì il vero Sé: proprio in quel
punto in cui riusciamo a rilassarci fino ad addormentarci perché
ci rannicchiamo in lui lasciando all'Io le ansie e le preoccupazioni,
o in quello spazio psichico che ci consente di godere del sole,
dell'amore, di qualcosa che ci piace e ci gratifica così
profondamente da farci sentire bene nei "nostri panni".
Ed è lì il vero Sé, quasi immobile, protetto
ed immutato, quando lo andiamo a prendere consapevolmente tra
le mani, alla fine di un lungo percorso d'analisi, e, ripulitolo
dalla polvere e dai fili delle ragnatele tolte, è lì
che lo rimettiamo, nel punto preciso in cui è nato, quasi
al confine fra noi e nostra madre, per tornare soli nella sua
quiete, ogni volta che l'esperienza ci fa sentire così
autenticamente vivi da poterci amare...
Ci fermiamo qui (diceva una persona che mi è molto cara)!
Abbiamo iniziato ad entrare nel significato dei termini identificazione
e introiezione, infine distinguendo il narcisismo primario da
quello secondario, abbiamo evidenziato come hanno origine le agenzie
psichiche che caratterizzano il funzionamento della nostra mente,
connotando, fra esse, il vero Sé e l'Io.
La prossima volta, riflettendo sui concetti d'identificazione
e introiezione, introdurremo anche il Super-Io, approfondiremo
il discorso riguardante l'Io oppure ci orienteremo verso la comprensione
del falso Sé. Intanto auguro a tutti un buon anno scolastico
ed aggiungo all'augurio il consueto, cordiale saluto.
Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Velletri
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.17, novembre 1995.
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