Prima e seconda stazione: il vissuto del bambino, il rapporto docente-alunno
Introiezione, proiezione, identificazione: sono i tre termini
introdotti e non analizzati nel precedente numero della rivista.
Hanno in comune il fatto di essere processi che consentono al
bambino di passare, gradatamente, dallo stato di dipendenza assoluta,
alla separazione dalla madre.
La fase dello specchio, di cui ci siamo occupati, è propedeutica
a questo, poiché in tale situazione il bambino sente di
essere visto e percepito come esistente da qualcuno; per dirlo
con le parole di Winnicott, egli riceve di ritorno (come un volto
visto in uno specchio) la prova, di cui ha bisogno, di essere
riconosciuto come un essere. Una madre che riconosca al figlio
la sua esistenza come "essere", sicuramente gli consente
di separarsi, ma fungendo da specchio gli fornisce la possibilità
di utilizzare l'io materno per poter "trovare" (formare)
gradatamente il proprio io.
Introiezione, proiezione, identificazione sono quindi processi
collegati, in parte alla fase dello specchio, ma soprattutto allo
sviluppo dell' "io". In quale modo? Cosa significa ciò?
A cosa serve la conoscenza di tutto questo nella pratica quotidiana
dell'insegnamento? E cosa è questo "io"?
Io .... io, ripeteremo questa parola almeno "...anta"
volte al giorno.
I bambini poi, la infilano due o tre volte nella stessa frase,
quasi per sottolineare la necessità di mantenere a se stessi
una conferma della esistenza propria.
Winnicott, in proposito, dice questo: "Il termine Io può
servire ad indicare quella parte della personalità umana
che tende, in condizioni adatte, ad integrarsi in una unità".
Dobbiamo ora comprendere cosa significhi integrarsi in una unità;
diciamo intanto che solo con le cure materne sufficientemente
buone, l'Io del bambino può iniziare a maturare e quindi
solo in tale caso si può parlare di "integrazione".
A proposito di cure materne adeguate, dice Winnicott: "Nello
stadio in discussione è necessario non considerare
il bimbo come un individuo che ha fame e le cui pulsioni istintuali
possono essere soddisfatte o frustrate, ma bisogna considerarlo
come un essere immaturo che è sempre sull'orlo di una impensabile
angoscia. L'angoscia impensabile viene tenuta lontana... da una
funzione materna di importanza vitale e cioè dalla capacità
della madre di mettersi al posto del bimbo..."; ed ancora
"...Esistono pochi tipi di angosce impensabili, ciascuna
delle quali costituisce l'elemento centrale di un aspetto dello
sviluppo normale:
- andare in pezzi;
- cadere per sempre;
- essere senza alcuna relazione con il corpo;
- essere senza orientamento."
Probabilmente tutto ciò è vicino alla disintegrazione
e l'integrazione deve avere a che fare con il contrario di ciò.
Prosegue Winnicott: "Si può dire che una copertura
dell'Io sufficientemente buona da parte della madre (nei confronti
delle angosce impensabili) permette al nuovo essere umano di costituirsi
una personalità sul modello di una continuità del
continuare ad esistere.
Tutti gli insuccessi (che potrebbero produrre un'angoscia impensabile)
determinano nell'infante una reazione che interferisce con il
continuare ad esistere. L'infante che ha un modello di frammentazione
della linea della continuità dell'esistenza si trova di
fronte ad un compito evolutivo che è, fin dall'inizio,
gravato di un senso psicopatologico..." che potrebbe
portare alla formazione di un Io caratterizzato da "...
irrequietezza, ipercinesia e deficit d'attenzione (che più
tardi sarà chiamato incapacità di concentrarsi)."
Ho riportato le parole di Winnicott che mi sembravano più
adeguate ed efficaci nel rispondere alle domande che ci eravamo
posti. Dalle sue parole iniziamo ad intuire che cosa è
l'Io; non troviamo ancora una risposta esauriente ai primi due
interrogativi, ma di nuovo prendiamo inesorabilmente coscienza
del fatto che dietro ogni apparente "atteggiamento"
di un nostro alunno c'è una precisa realtà psichica
che affonda le sue radici in un tempo lontano... "L'alunno
dimostra scarsa capacità d'attenzione" è
una frase così "utilizzata" nella compilazione
delle schede di valutazione, che è quasi superfluo evidenziarlo.
La capacità d'attenzione ed il rendimento, secondo la comune
opinione, sono direttamente proporzionali alla volontà
ed all'impegno dell'alunno (questa è anche l'ottica della
nuova scheda di valutazione). Sapere che dietro la difficoltà
di concentrarsi di un alunno c'è, probabilmente, un'esperienza,
più o meno intensa o frequente di frazionamento della linea
di continuità dell'esistenza, potrebbe aiutarci a vivere
il rapporto docente-alunno con maggiore consapevolezza.
E poi che si fa (sicuramente qualcuno starà già
formulando questa domanda)?
Riflettiamoci un attimo, forse senza entrare nel ruolo dello psicoterapeuta,
siamo in grado di tentare almeno l'avvio di una dinamica relazionale
adeguata.
Come nasce il frazionamento della linea della continuità
dell'esistenza?
Lo abbiamo detto prima (e già lo accennammo, anche se con
altre parole nel numero 9 della rivista): "tutti gli insuccessi..."
(che potrebbero produrre l'angoscia impensabile).
Ma come si produce o si allontana l'angoscia impensabile? Anche
questo lo abbiamo già detto: "L'angoscia impensabile
viene tenuta lontana ... da una funzione materna d'importanza
vitale e cioè dalla capacità della madre
di mettersi al posto del bimbo..."
Ho sottolineato otto parole che forse potrebbero fornirci un'intuizione
su quella dinamica relazionale adeguata che andavamo cercando.
Non possiamo e non dobbiamo assumere un ruolo materno o, in tal
senso, sostitutivo ma Winnicott ci dice anche che sulla capacità
della madre di mettersi al posto del bimbo, si fonda il rapporto
sul piano empatico. Questo vale, a mio avviso, per qualunque tipo
di relazione. In tal senso, se l'insegnante non riesce a sintonizzarsi
con l'alunno sul piano empatico, può solamente "registrare"
le caratteristiche del suo modo di apprendere, senza interagire,
senza vivere profondamente una relazione dinamica (non dimentichiamo
che è dinamico ciò che si muove e che, pertanto,
si modifica). "Capacità di mettersi al posto del bimbo"
è una formula semplice, che deriva quasi dal gergo popolare
("mettiti nei miei panni", "mettiti al posto suo"...).
Eppure, tutta l'organizzazione del sistema scolastico (e della
società in generale) si sta paurosamente e velocemente
allontanando da questo tipo di relazione (programmazioni rigide,
con indicatori fissi, valutazione fatta quasi con un microscopio,
che mira a fotografare e non a comprendere e a modificare, valutazione
della produttività ad ogni costo pretendendo di misurare
anche ciò che, da "sempre" , non è misurabile....).
La scuola si sta gradatamente adeguando alla follia di una società
folle che fonda i suoi valori più sull'andare in pezzi,
cadere per sempre, essere senza relazione con il corpo, essere
senza orientamento, che sul "mettersi al posto di ..."
La cronaca dei martellanti mezzi di comunicazione ce ne dà
quotidianamente la conferma.
Mi rendo conto che ci siamo dilungati soprattutto sulla terza
delle domande formulate, ma mi è sembrato indispensabile
che ognuno di noi potesse trovare la necessità profonda
e reale, utilizzabile sul piano operativo delle conoscenze che
dovremo analizzare per tentare una risposta esauriente alle quattro
domande. Infatti, non è possibile comprendere i meccanismi
di introiezione, proiezione ed identificazione se non conosciamo
l'Io, e non possiamo approfondire il termine "Io" se
non lo distinguiamo dal "sé" e dal "super
io" e se non facciamo i conti con il "narcisismo primario
e secondario". Quante cose!
Temo proprio che il nostro prossimo incontro avrà un taglio
più teorico; vi garantisco comunque, che potrete digerirlo
senza fatica se cercherete, nella pratica quotidiana, il riscontro
concreto e tangibile delle cose su cui riflettiamo insieme, ormai
da qualche anno.
Il solito cordiale saluto ed un consiglio: se non lo avete già
fatto, leggete Winnicott ... magari sotto l'ombrellone!
Laila Scorcelletti
insegnante elementare - Velletri
Articolo pubblicato su Il Bambino e l'Acqua Sporca num.16, maggio 1995.
|