Pier Cesare Rivoltella Cristiana Ottaviano
La costruzione della cittadinanza in una società globalizzata.
La sfida della Media Education
ME e globalizzazione
In quale prospettiva può e deve porsi la ME nei confronti dell'ambiguità dei MEdia - tendenzialMEnte globalizzanti coME MEzzi, ma localizzanti nella declinazione dei contenuti e nell'uso? ContemporaneaMEnte, coME può rispondere alla necessità urgente di formare cittadini planetari, cioè aperti a una diMEnsione mondiale, non sradicati da una precisa collocazione socio-culturale e preparati a una reale democrazia?
La formula di Morin citata sopra, "unitas multiplex", può tornare utile per ipotizzare il ruolo della ME nel panorama attuale. Se - coME abbiamo detto - la realtà MEdiale dei singoli Paesi non è omogenea, è evidente che una ME efficace, pur partendo dalle grandi logiche che informano i sistemi di comunicazione a livello sovranazionale, si dovrà declinare, molto concretaMEnte, in modo diverso in relazione ai singoli contesti. Così essa potrà agevolare la formazione della appartenenza alla propria realtà culturale, alla propria "unità nazionale" e, tuttavia, aiutare l'apertura al resto del mondo, alla "molteplicità".
Non a caso, infatti, è possibile rintracciare - nella pur giovane storia di questa disciplina - differenti approcci, MEtodi e, soprattutto, intenti, a cui la ME è stata indirizzata, pur essendo guidata da linee di fondo comuni.
L'attenzione ai contesti più locali, tuttavia, rischia di diventare un limite, soprattutto se la preferenza per una realtà specifica si tramuta in chiusura localistica e mancanza di dialogo. Spesso ciò è accaduto in molti Paesi, nei quali la ME non solo si è sviluppata in maniera autonoma rispetto al panorama internazionale, ma addirittura ha vissuto una forte framMEntazione di esperienze al proprio interno.
É quanto è eMErso in un recente Congresso internazionale, svoltosi a Parigi, sul rapporto tra giovani e MEdia, nel quale molte relazioni - che fornivano un quadro degli interventi di ME in atto in diversi Paesi del mondo - hanno sottolineato l'esigenza di un coordinaMEnto nazionale delle molteplici esperienze sul territorio. In effetti, eccetto alcune realtà quali il Canada, l'Australia e la Gran Bretagna, nel resto del mondo spesso la ME è portata avanti dalle organizzazioni di base, da associazioni non governative e iniziative private, che operano in maniera estremaMEnte coraggiosa e vitale, ma che rischiano la dispersione e la mancanza di scambio reciproco, proprio perché non esistono punti di riferiMEnto e di collegaMEnto nazionali.
La situazione oggi sembra in evoluzione. In Portogallo o in Svezia, per esempio, stanno nascendo delle associazioni che fungano da punto di raccordo delle esperienze già in corso. Del resto anche in Italia da più di un anno è in atto un tentativo di coordinaMEnto delle singole iniziative e di confronto tra ricercatori e operatori del settore grazie al MED, l'Associazione italiana per l'educazione ai MEdia e alla comunicazione. L'idea non è di creare un'ennesima realtà associativa che si muova nei territori affascinanti ma ristretti dell'intervento sul campo, ma piuttosto di proporsi coME un punto di riferiMEnto nazionale per tutti coloro che lavorano per la ME e, nello stesso tempo, un interlocutore credibile e rappresentativo in contesto internazionale.
La ME, dunque, può rispondere al bisogno di identità e di appartenenza, può educare al recupero della MEmoria storica coME valore civile e morale, può anche aprire gli orizzonti al di là dei confini nazionali, sviluppando un patrimonio culturale e una forma MEntis che rendano possibile affrontare positivaMEnte la complessità e soprattutto il dialogo con le altre identità culturali.
Così la ME risulta essere antidoto efficace contro alcuni dei rischi insiti nel processo di globalizzazione che sopra abbiamo evidenziato.
Infatti, la possibilità di recuperare e di valorizzare lidentità culturale e la MEmoria di un Paese può bilanciare il rischio dell'appiattiMEnto culturale, dell'omologazione che si adagia su un presente dilatato all'infinito, incapace di progettualità. Si può così tentare anche di superare la paura del futuro, dettata dall'incertezza di uno sviluppo tecnico pensato coME inarrestabile e indolore e che invece sta mostrando limiti e anche conseguenze non volute e incontrollabili.
La ME in quanto intervento pedagogico è già in qualche misura superaMEnto di questa paura, perché è un investiMEnto sulle nuove generazioni e, dunque, un'apertura al futuro. Lo diventa a maggior ragione se genera nuovi soggetti capaci di relazionarsi correttaMEnte alla tecnologia, sapendone sfruttare tutte le potenzialità, ma anche riconoscendone i limiti e smascherandone le false utopie.
Un intervento pedagogico sugli struMEnti di comunicazione, ancora, può contribuire alla valorizzazione dei bisogni poetici dell'uomo. "La vita umana è tessuta di prosa e di poesia. La poesia non è un genere letterario, è anche un modo di vivere nella partecipazione, nell'amore, nel fervore, nella comunione, nell'esaltazione, nel rito, nella festa, nell'ebbrezza, nella stanza, nel canto, che effettivaMEnte trasfigurano la vita prosaica fatta di compiti pratici, utilitaristici, tecnici". La ME può aiutare a riscoprire e valorizzare la festività dei MEdia, in quanto "struMEnti d'arte e di poesia", MEttendo in luce, invece, il loro frequente abuso feriale e prosaico, che li riduce a opportunità utilitaristiche, a MEri veicoli pubblicitari.
Infine, la ME, se sa dare il giusto rilievo al soggetto in formazione, attribuendogli un ruolo attivo nel processo di costruzione del significato dei testi MEdiali, può contribuire alla valorizzazione della sua soggettività e identità individuale; una valorizzazione che può perMEttere, poi, al soggetto di vivere i "disagi" della globalizzazione (le manifestazioni di disaggregazione dei luoghi, la de-territorializzazione delle relazioni sociali, la framMEntazione dei riferiMEnti culturali): si tratta, coME suggerisce Giddens, di provare a considerare il disembedding, lo sradicaMEnto, non coME una condizione negativa da subire, ma "coME un insieME di possibilità offerte dalla nostra epoca per trovare familiarità, competenza e radicaMEnto, non più in ogni particolare territorio, ma nel "mondo coME un tutto"".
Educare ai MEdia: diverse prospettive
Ciò che abbiamo sostenuto nel paragrafo precedente trova in qualche modo conferma nell'analisi dei contesti-leader nel mondo, nei quali la ME si è sviluppata, assuMEndo forME e caratteristiche differenti. In particolare si sono prese in considerazione realtà (USA) in cui lattenzione degli educatori si rivolge a particolari problemi (coME quello della violenza), altre caratterizzate da un intelligente intervento delle istituzioni (Australia e Canada), altre ancora animate da una vivace attività di base (AMErica Latina).
La MEdia Literacy coME avanguardia nella ME: l'esperienza del Canada
Il Canada, insieME all'Australia, è tra i Paesi più all'avanguardia in fatto di ME. La sua esperienza MEriterebbe, pertanto, un approfondiMEnto particolare perché ha costituito un valido modello per molte altre realtà. Nel 1978 viene fondata a Toronto l'AML, l'Association for MEdia Literacy, che riunisce insegnanti, genitori e professionisti dei MEdia, operatori culturali ed educatori sensibili all'impatto dei MEzzi di comunicazione nella società contemporanea. Questa associazione, col proposito di approfondire i processi che accompagnano la comprensione e l'utilizzazione dei MEdia, ha promosso nelle scuole percorsi didattici per favorire un approccio cosciente e critico ai testi MEdiali. Nel 1989 viene pubblicato il voluME MEdia Literacy. Resource Guide, un manuale di supporto agli insegnanti di ME della scuola secondaria, su commissione del Ministero dell'Istruzione dell'Ontario. La MEdia Literacy (ML) è definita coME "il processo di apprendiMEnto finalizzato alla comprensione e all'uso dei MEdia". Il suo scopo è quello di sviluppare una conoscenza informata e critica circa la natura dei mass MEdia, delle tecniche impiegate, degli effetti prodotti: i giovani sono invitati a scoprire coME i MEdia operano, costruiscono la realtà e sono organizzati. Nella Resource Guide sono inseriti i principali obiettivi e le finalità della ME e anche le annotazioni per una nuova pedagogia: "nella ML l'insegnante assuMErà il ruolo del 'facilitatore' più che del 'maestro in cattedra': una persona che vuole imparare con gli studenti e dagli studenti.".
L'attività dell'AML si è poi concretizzata in un assiduo lavoro di organizzazione di corsi di aggiornaMEnto per gli insegnanti, convegni, pubblicazioni di testi e di un bollettino di informazione (tre nuMEri all'anno) che tiene in collegaMEnto gli insegnanti associati.
Padre J. Pungente ha indicato alcuni punti strategici che potrebbero spiegare il successo dell'iniziativa canadese: innanzitutto, è stato un moviMEnto di base che ha saputo coinvolgere da subito gli insegnanti e contemporaneaMEnte ha ottenuto l'appoggio dell'autorità governativa, la quale ha reso obbligatorio nelle scuole l'insegnaMEnto della ML; inoltre, le Facoltà di Scienze dell'Educazione delle Università statali e cattoliche hanno partecipato al progetto, sia introducendo nel curriculum universitario questo studio, sia fornendo i docenti per i corsi di aggiornaMEnto. Infine, le proposte teoriche sono state accompagnate da supporti di agile consultazione e da training operativi per gli insegnanti; soprattutto, si è promossa la collaborazione tra scuola e famiglie.
Si può osservare, qui, quanto siano stati efficaci e fondaMEntali il coordinaMEnto e la collaborazione nazionale delle istituzioni e delle organizzazioni, a riprova che l'agire concreto in un contesto locale non significa essere privi di linee e MEtodologie comuni; inoltre, proprio il Paese che da subito è riuscito a darsi una forte organizzazione e un coordinaMEnto interno è stato "adottato" coME esperienza esemplare in molti altri contesti nazionali.
Difendersi dalla violenza: lesperienza degli Stati Uniti
Non cè realtà al mondo, nella Communication Research, che più di quella aMEricana abbia dedicato forze e risorse allo studio della violenza televisiva. Negli ultimi quarantanni sono state circa 3.500 le ricerche pubblicate negli Stati Uniti che riguardassero gli effetti della violenza in televisione; di queste, alMEno tre di grande portata sono state completate negli anni 90: il rapporto dei Centers for Disease Control, nel 1991, quello dellAMErican Psychological Association, nel 1992, e la ricerca della National Academy of Science, nel 1993. Ad essi si deve aggiungere il rapporto sulla violenza televisiva dellUniversità di Los Angeles, un estratto del quale è stato pubblicato anche in Italia. Il dato che da esse eMErge è che la televisione aMEricana è violenta e che questa violenza ha degli indiscutibili effetti sul pubblico, soprattutto i minori.
Nel 1993, alla luce di questo quadro, il senatore Paul Simon impone il problema al dibattito del Congresso degli Stati Uniti perché si giunga ad una legislazione efficace in materia. La conseguenza è che i grandi networks commissionano un monitoraggio dei loro programmi; le televisioni via cavo consorziate nella National Cable Television Association fanno altrettanto. Ne nasce il National Television Violence Study (NTVS), cui hanno lavorato le università di Austin, nel Texas, e la UCLA di Los Angeles. Si tratta di una analisi di contenuto della programmazione delle reti comMErciali e via cavo statunitensi da sviluppare sul triennio 1996-1998. Ogni anno vengono campionate dodici settimane di programmazione, tra ottobre e giugno, prese dai grandi networks nazionali, tre stazioni indipendenti, la televisione pubblica, 12 delle più diffuse televisioni via cavo. In totale vengono selezionati ogni anno 3.200 programmi di cui 2.700 sottoposti ad analisi di contenuto.
Il risultato dei primi due anni della ricerca (i relativi rapporti sono stati pubblicati nel febbraio del 1996 e nel marzo del 1997) conferma limmagine di una televisione, quella aMEricana, decisaMEnte violenta: tutte le reti mostrano scene di violenza, che nel 70% dei casi rimane impunita; non mostrano, in compenso, le conseguenze di tale violenza sulle vittiME e solo per il 4% propongono temi decisaMEnte anti-violenti.
Nel moMEnto in cui i dati devono essere MEssi in dialogo con la più generale realtà della violenza nella società aMEricana nasce il problema di stabilire quanto incida, in questo quadro, la violenza televisiva. Non occorre qui portare in gioco le diverse ipotesi teoriche sulla questione e chiedersi se sia più esplicativo il modello dellapprendiMEnto sociale di Bandura o quello dello sviluppo sociale di Huesmann, cioè se siano i comportaMEnti violenti a essere appresi o sceneggiature violente che possono poi condurre a comportaMEnti violenti. Gli eleMEnti da considerare sono altri, di tipo socio-culturale, e cioè il dato fondaMEntale di una realtà statunitense in cui una televisione violenta vive dentro una società violenta.
Ellen Wartella, ricercatrice dellUniversità di Austin, ha recenteMEnte sottolineato questo aspetto: "Gli aMEricani vivono in una società violenta. Statistiche allarmanti parlano di trasformazioni della società statunitense coME risultato dellauMEnto della violenza. Secondo il rapporto della AMErican Psychology Association, il 75% delle morti violente di adolescenti hanno a che fare con le armi. I crimini con armi da fuoco sono cresciuti nel corso degli anni novanta. La ricerca indica un increMEnto del 75,6% delle rapine a mano armata tra il 1985 e il 1994. Gli aMEricani hanno il più alto tasso di omicidi rispetto ad ogni altra nazione del mondo". É questa precomprensione ambientale che può giustificare la preoccupazione quasi ossessiva degli aMEricani per la violenza televisiva e che consente di spiegare perché buona parte degli interventi di ME sviluppati negli Stati Uniti siano rivolti ad arginare proprio la degenerazione degli standard di convivenza civile. Ed è questa stessa precomprensione a spiegare perché la stessa intensità di dibattito non venga raggiunta in altre nazioni, in cui peraltro la violenza dei comportaMEnti sociali e della programmazione televisiva pure sono riscontrabili. FenoMEno per quantità soprattutto aMEricano e della televisione aMEricana, la violenza favorisce una declinazione "locale" dellimmaginario massMEdiale e, di conseguenza, anche dellintervento educativo. Un esempio rilevante di tale tipo di intervento è costituito dal CEM (Cultural EnvironMEntal MoveMEnt), unassociazione promossa da George Gerbner su tutto il territorio federale, i cui fini sono quelli di favorire il collegaMEnto tra tutti coloro - ricercatori, genitori, operatori di settore, ecc. - che sono coinvolti nei processi di comunicazione-educazione e di esercitare una pressione sulle istituzioni e sulle emittenti perché curino la tutela del minore e la qualità della programmazione. Non è un caso, inoltre, che proprio gli Stati Uniti abbiano per primi introdotto luso del V-chip coME struMEnto di cui la società adulta può servirsi per difendere i bambini dai danni della televisione.
La ME coME forma di controcultura: l'esperienza dei Paesi dell'AMErica Latina
Il caso dell'AMErica Latina è abbastanza singolare: i teorici della ME, Pungente per esempio, parlano di un "malessere" generale nei confronti dei mass MEdia che hanno avuto, negli ultimi decenni, uno sviluppo enorME (caso emblematico è il Brasile che, accanto alle baraccopoli e ai "ragazzi di strada", si presenta al resto del mondo coME il maggior produttore ed esportatore di telenovelas) nonostante la diffusa povertà ne inibisca laccesso alla maggior parte della popolazione. Inoltre, l'industria televisiva è, nella maggior parte dei Paesi, strettaMEnte collegata ai gruppi di potere politici, anche e soprattutto laddove esistono ancora delle vere e proprie dittature.
Non è un caso, dunque, che la ME (insieME di esperienze piuttosto diversificate tra loro, alcune in atto già da tempo, altre di più recente formulazione), assai raraMEnte sia stata finanziata e appoggiata dallo Stato e inserita nei sistemi scolastici pubblici; al contrario, essa è stata portata avanti dalle chiese, dagli istituti di comunicazione, dai centri di educazione popolare e da altre organizzazioni private. In questi Paesi l'educazione ai MEdia ha assunto diverse declinazioni: ME coME "resistenza ideologica", coME "difesa e rinforzo dei valori etico-religiosi", coME "sostegno alla coesione familiare".
Alcune esperienze, coME quella per esempio di Mario Kaplún in Uruguay, sono partite dalla convinzione che i mass MEdia - televisione, radio, stampa, musica popolare e cinema - siano al servizio del capitalismo aMEricano, struMEnti di una cultura imperialista, neocoloniale e globalizzante: perché la dipendenza economica sia accettata è necessario creare anche un dominio culturale e i MEdia sono i veicoli di questa dipendenza ideologica. La ME, allora, in questo contesto si assuME il compito di "creare una coscienza critica allo scopo di resistere al dominio ideologico culturale, primo passo per riconquistare l'indipendenza", una funzione di liberazione in opposizione al controllo e alla manipolazione delle coscienze.
Altre esperienze, invece, dimostrano una resistenza contro l'informazione "drogata", diffusa attraverso i MEdia dalle dittature al governo. La ME è diventata, in questi casi, una lotta antidittatoriale, una lotta contro l'autoritarismo e la mancanza di pluralità informativa. In Cile, per esempio, l'educazione alla televisione portata avanti dal CENECA (Centro de Indagación y Expresión Cultural y Artística) di Santiago è incominciata proprio coME parte del progetto di resistenza alla dittatura militare: "l'obiettivo della formazione non è tanto una formazione critica o una critica dei MEssaggi, quanto piuttosto la produzione e la ricerca di comunicazioni alternative".
Negli ultimi anni, anche in AMErica Latina, è in atto un ripensaMEnto teorico a proposito degli obiettivi e delle strategie da impiegare nella ME. Coloro che si battevano contro l'imperialismo aMEricano speravano nell'instaurazione di un sistema economico e politico più equo, orientato a principi socialisti. La caduta del muro di Berlino, la crisi dei sistemi comunisti in Europa e in Asia, così coME in Nicaragua, hanno fatto vacillare la fiducia riposta in quei sistemi, MEttendo in evidenza altre situazioni di dittatura e di corruzione, pesanti violazioni ai diritti dell'uomo e profonde ineguaglianze; inoltre, l'innovazione tecnologica si è tradotta in una moltiplicazione dei canali televisivi e radiofonici e nella crescita di produttori e di centri di produzione.
Una ME volta solo alla critica dei MEssaggi esistenti, a questo punto, ha perso il suo senso. "L'ideologia portata avanti da alcuni gruppi per un certo nuMEro di anni e che ha dato alla comunicazione di massa caratteristiche demoniache e le ha considerate intrinsecaMEnte corruttive, è stata ormai superata. Esistono oggi molte possibilità tecniche da cui bisogna prendere vantaggio allo scopo di ampliare l'abilità dei settori più deboli perché in questi settori si possa comunicare ed espriMErsi. Se La ME deve assuMEre questa prospettiva deve formare le persone sia dal punto di vista pratico che teorico".
In sintonia col dibattito internazionale sull'audience, anche gli studiosi sudaMEricani hanno incominciato ad assuMEre una posizione differente rispetto alle modalità di fruizione del MEdium televisivo. La ricerca condotta dal CENECA, per esempio, ha verificato l'alto livello di influenza esercitato dalla famiglia e dal contesto socio-economico. Inoltre, anche generi televisivi diversi implicano visioni e usi del MEzzo diversi. Dunque, il consumo di un testo MEdiale si rivela un processo non lineare e automatico, ma piuttosto complesso e MEdiato da fattori quali, appunto, l'appartenenza a dei micro-gruppi sociali e familiari, il contesto socio-economico e il genere del programma. Il significato che eMErge è qualcosa di ulteriore rispetto alle intenzioni dei produttori e dell'emittente e anche al senso immanente scoperto dall'analisi testuale dei semiotici. É evidente, dunque, - coME sostiene ancora Fuenzalida - che "tra lo spettatore e il testo televisivo esiste una relazione dialettica, piuttosto che causale e unidirezionale, un significato esistenziale, costruito da uno spettatore collocato storicaMEnte e culturalMEnte che interagisce col significato proposto dal testo stesso, non generico ma in un genere specifico.".
La globalizzazione, dunque, - sembrano dire anche le riflessioni degli studiosi in AMErica Latina - se agisce coME intenzionalità delle emittenti, non avrà deterministiche conseguenze sui consumatori, soprattutto se questi avranno sviluppato autonomia e senso critico, se saranno "MEdia educati".
Tra tutela del minore e promozione del prodotto nazionale: la realtà dellAustralia
Molto simile alla tradizione garantista di tipo britannico o aMEricano, lattenzione ai MEdia propria della realtà australiana si traduce in un controllo molto rigoroso della qualità dei programmi. Emblematica in questo senso è lattività dellAustralian Broadcasting Authority (ABA), lorganismo governativo cui spettano la concessione, il rinnovo, la sospensione e la revoca delle licenze per lemittenza radio-televisiva. Delle due grandi divisioni in cui è strutturato - Planning and Corporate Services Division e Policy and Programs Division - la prima ha competenza di tipo organizzativo e amministrativo, la seconda, invece, si occupa della tutela delle audience sia sul piano legale che della ricerca. É di essa che ci sembra interessante approfondire lanalisi.
La Policy and Programs Division dellABA consta di due sezioni. Il Program Services Branch, si articola in quattro uffici che si occupano rispettivaMEnte della ricerca, delle concessioni, dei codici e degli standards. É la sezione più operativa; essa cura annualMEnte lInternational Research Forum on Children and Television, produce ricerche sul rapporto tra minori e mass MEdia, pubblica seMEstralMEnte un bollettino (International Research Forum Newsletter), è presente in Internet con un sito.
Laltra sezione, il Policy and Communication Branch, invece, raccoglie in sé lufficio legale, quello politico, una casa editrice e lufficio per le relazioni con i MEdia e con il pubblico. Uno dei compiti fondaMEntali di questa sezione è la registrazione di un codice di regolaMEntazione radio-televisiva che impone ai networks comMErciali di uniformare la propria programmazione a degli standards ministeriali. Tale codice (Broadcasting Services Act) è stato introdotto nel 1992, integrando degli standards già resi operativi dallAustralian Broadcasting Tribunal nel gennaio del 1990; il loro più recente aggiornaMEnto risale al gennaio del 1996. Le due aree della programmazione per cui il ParlaMEnto australiano ritiene necessario imporre una regolaMEntazione per MEzzo di standards obbligatori sono quelle dei programmi per ragazzi e della produzione australiana.
Lobiettivo degli standards per la televisione dei ragazzi (Childrens Television Standards) è di garantire che i bambini abbiano accesso a una scelta di programmi di qualità prodotti specificaMEnte per loro; pertanto vincola la concessione della licenza televisiva allimpegno dellemittente di trasMEttere una quota minima annua di programmi classificati coME programmi per ragazzi. Tale quota è fissata in alMEno 260 ore annue di programmi di "tipo C" e in alMEno 130 ore annue di programmi di "tipo P".
Tutti i programmi per ragazzi sono classificati, secondo la fascia oraria in cui vengono eMEssi e il loro contenuto, coME programmi di "tipo C" e di "tipo P". I programmi di "tipo C" riguardano bambini che frequentano la scuola primaria, quelli di "tipo P" bambini ancora non scolarizzati. Entrambi devono rispondere ai seguenti criteri: "a) essere prodotti espressaMEnte per bambini o gruppi di bambini compresi tra letà prescolare e la fascia della scuola primaria; b) essere di intratteniMEnto; c) essere realizzati facendo ricorso a sufficienti risorse per garantire un livello elevato di sceneggiatura, cast, regia, montaggio, suono e altri eleMEnti relativi alla produzione; d) soddisfare la comprensione e lesperienza di un bambino; e e) essere appropriati per i bambini australiani".
Questultimo criterio rinvia direttaMEnte al secondo degli ambiti legislativi cui si faceva riferiMEnto: cosa significa, per un programma televisivo, "essere adatto ai bambini australiani"? La sottolineatura fa riferiMEnto evidenteMEnte alla necessità di trasMEttere una programmazione per ragazzi attenta ai temi, lambiente, la cultura che appartengono allesperienza di un bambino australiano. Assunto, questo, che è perfettaMEnte in linea con lAustralian Content Standard il quale prescrive, allart.8, che alMEno il 50% dei programmi trasMEssi ogni anno da una televisione australiana siano prodotti in Australia. EvidenteMEnte lAuthority con una simile decisione prevede da una parte di incentivare la produzione nazionale favorendone la qualità, dallaltra di garantire la tutela e la trasmissione di ciò che culturalMEnte traduce lidentità australiana. Una misura di protezionismo televisivo che risponde ad una logica decisaMEnte antiglobalizzante e di promozione dei valori locali.
PAESI |
CARATTERE |
ISTITUZIONE |
OBIETTIVI |
ATTIVITA |
Canada | ME coME educazione al consumo critico | Association for MEdia Literacy | formazione degli operatori | corsi di aggiornaMEnto, materiali didatti- ci, ecc. |
Stati Uniti | ME coME difesa dalla violenza della comunicazione | CEM | aggregazione degli attori sociali, pressione sulle istituzioni | coordinaMEnto tra enti e associazioni |
AMErica Latina | ME coME resistenza ideologica, difesa e rinforzo dei valori etico-religiosi, sostegno alla coesione familiare | CENECA | formazione delle audience, produzione di comunicazione alternativa | corsi di formazione, creazione di emittenti libere |
Australia | ME coME tutela del minore e della produzione autoctona | Australian Broadcasting Authority | controllo delle emittenti | pubblicazione di standard di emissione, controllo della produzione |
Tabella 1 - Le diverse declinazioni della ME in alcuni Paesi rappresentativi
Conclusioni: tra Disneyland e casa mia
Topolino, cittadino globale? Topolino tutti lo conoscono, ma lo chiamano in modi diversi (Michey Mouse, Raton Mickey, ecc.); lhanno incontrato al cinema, in Tv, sulle stripes a fuMEtti, o stampato su una t-shirt; lo frequentano in palinsesti narrativi costruiti dentro le singole culture - coME attestano il doppiaggio, il tratto del disegno, il vissuto che ad esso viene associato, la pubblicità che lo circonda. In fondo Disneyland è a casa di tutti noi, abita il nostro territorio MEntale, ma ciascuno la immagina e la vive in maniera personale: abitante di un non-luogo, coME il famoso parco di divertiMEnti, Topolino diviene di fatto icona del cittadino che probabilMEnte dovremo costruire per il futuro, perfettaMEnte a suo agio nel mondo e tuttavia radicato nella sua terra.
CoME può la ME contribuire alla edificazione di questa nuova idea di cittadinanza? Facendo sintesi di quanto abbiamo provato a esporre e degli orientaMEnti attuali della ricerca si possono suggerire alcune indicazioni operative al proposito.
Limportanza del dialogo. Fare ME in contesto di globalizzazione significa, anzitutto, valorizzare la relazione, cioè assuMEre uno stile educativo-comunicativo che fa del dialogo un eleMEnto decisivo per superare gli stereotipi che abitualMEnte caratterizzano lofferta MEdiale. Se coME, dice Morin, la risposta è nelleros, leducazione alla cittadinanza attraverso la comunicazione dovrà consistere nella creazione di rapporti reali, nella valorizzazione della persona, nella sottolineatura della reciprocità affettiva.
Trasformare linformazione in conoscenza. Se coME già accennato il sapere oggi disponibile si distingue per la sua framMEntarietà, la sua dispersione, la logica reticolare in cui è organizzato, allora un progetto di educazione alla comunicazione potrà consistere nella promozione delle competenze necessarie a comporre i molteplici input informativi in sintesi organiche, convertendoli di conseguenza in risorsa di conoscenza. É la logica di una cartografia pedagogica in cui leducatore fornisce al soggetto le mappe cognitive sufficienti a orientarsi nel mondo.
Leducazione al consumo e alla produzione. Educare al consumo può produrre unamplificazione delle logiche localizzanti peraltro già presenti nei singoli sistemi MEdiali nazionali. Infatti, assuMEre labitudine a una fruizione critica e personale comporta che il soggetto divenga protagonista della situazione comunicativa, passando da una logica privatistica ad una di partecipazione. Per essere cittadini delloggi occorre una intenzionalità forte che solo attraverso la consapevolezza critica è possibile coltivare. CoME diceva Pasolini, "solo in un atteggiaMEnto critico di assoluta tensione può essere vissuta la speranza coME energia vitale".
Leducazione alla produzione, invece, si configura coME un tentativo di responsabilizzare anche le istituzioni sul valore della comunicazione democratica coME pluralità di offerta e libertà di accesso. Curare la qualità del prodotto a tutti i costi, promuovere la cultura nazionale, prestare unattenzione reale ai soggetti più deboli (che non sono solo i bambini) sono alcune delle forME attraverso cui questo tipo di educazione può essere portata avanti.
Il rispetto della diversità - Occorre, infine, tornare sul valore dellaltro e della sua diversità per evidenziarne la strutturale oscillazione di significato. Anzitutto essa è la diversità dellaltro, con la sua cultura, la sua identità, la sua storia, che in alcun modo possono essere assimilate ai nostri schemi di comprensione. EducativaMEnte questa attenzione si esplicita nel rifiuto dello stereotipo cui spesso i MEdia ricorrono per rappresentare l"altro", il "diverso" (la donna sempre in cucina circondata dai figli, luomo di colore doppiato in napoletano stretto, larabo per forza terrorista, il prete e la suora necessariaMEnte repressi).
Tuttavia promuovere una cultura della diversità non può significare nemMEno rinunciare alla propria specificità: accettare il diverso non vuol mai dire omologarsi ad esso. Il canale attraverso il quale è possibile MEttere in luce questa dialettica può essere lalfabetizzazione al linguaggio MEdiale: comprendere che la realtà rappresentata dai MEdia è il risultato di una costruzione linguistica significa diventare consapevoli che il loro è solo uno dei molti punti di vista possibili sulle cose (così coME il mio, così coME quello dellaltro).
Cittadini, dunque, verrebbe spontaneo dire, di un mondo che guarda al globale, ma sena diMEnticare il punto di vista a partire dal quale tale sguardo viene portato. Se vale l'ormai celebre espressione "Thinking globally and acting locally", noi potremmo dire: Educate glocally!