America bella e malata
di Simone Navarra

C'è un'America bella e malata, sta tutta davanti allo schermo e nel raccontarsi rappresenta anche noi che siamo così distanti, al di qua dell'Oceano, senza un Presidente che ride e seduce stagiste, mancanti di quello spirito bambino che porta spesso a primeggiare.
Tutte queste cose stanno in Magnolia, il cinema che bisognerebbe vedere sempre, realizzato a ogni latitudine, con i migliori attori, l'energia dei soldi e di un cast che si accontenta di comparire senza imporsi o polemizzare.
L'Europa è ferma ad un basso profilo che evita e limita i progetti interessanti.
L'industria di Hollywood, con la sua produzione immensa, permette invece la fattura in massima parte di opere vere, significative, colme di senso.
Ci sono è vero forse troppi eroi, troppi corpi che escono fuori e chiedono di essere visti, ma la cosa si lascia sopportare.
E poi spesso è un bel vedere. Il film di cui bisognerebbe scrivere e che fa invece pensare ad altro - una volta disse qualcuno - è un grande film.
Magnolia rispetta in pieno questo detto. Simile per certi versi all'Altman di America oggi, se ne discosta per il finale meno aspro, meno pessimista, e si avvicina per l'assieme spietato di un mondo che cade e non si accorge di cadere.
Cade sui rapporti sbagliati, sull'amore che diventa impotenza, sulla ragazza che si vorrebbe portare a letto e che invece ci parla di Dio.
Ma le definizioni arrivano tardi, costantemente un passo indietro, perché la vita è un'altra cosa. Comunque.

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Somm. Apr. '00 - N° 40

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