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Lamentarsi è il tipico vezzo italiano. Per anni ci siamo lamentati del malgoverno di democristiani e socialisti, delle tangenti, di “politici che rubavano”... salvo poi riconfermarli, col nostro voto, nelle successive elezioni!
D’estate ci si lamenta del caldo, per poi lagnarsi del freddo appena, l’autunno successivo, inizia a rinfrescare.
C’è chi si lamenta del troppo lavoro: quando poi tira aria di licenziamento o di riduzione del personale ce la prendiamo con chi il lavoro non riesce più a procurarcelo. Il clima e la politica sono cose inevitabili, le crisi occupazionali iniziano a esserlo un po’ meno.
Ognuno di voi avrà sicuramente un amico che è solito lamentarsi delle delusioni, dei rodimenti di fegato o dello scarso interesse dimostratogli in più occasioni dalla sua partner.
Ma di stare insieme a qualcuno che se ne frega di noi, delle nostre esigenze e dei nostri bisogni, non ce l’ha poi ordinato il dottore: se non si è fatto l’errore di sposarselo basta lasciarlo, cercarne uno migliore e il problema è presto risolto.
I meno fortunati possono sempre ricorrere al divorzio: a mali estremi, estremi rimedi.
Non sopporto sono le persone che stanno continuamente a lamentarsi, senza prospettarsi possibili soluzioni nè, tantomeno, prendere decisioni verso situazioni che li svantaggiano, li stressano e rendono loro la vita difficile, giorno dopo giorno: è un atteggiamento, poco razionale e anche poco produttivo, che non depone certo a favore dell’intelligenza della persona che si lamenta.
Un bel proverbio recita: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso!”.
Il 24 ottobre, votando in massa “Sì” all’istituzione del Comune di Roma Marittima, avremo finalmente l’occasione di dare un forte segnale che i nostri problemi vogliamo risolverceli da soli, che sappiamo camminare con le nostre gambe e senza che qualcun altro sbagli per noi.
Un segnale di maturità. Dal 25 ottobre, comunque vada, sarà vietato lamentarsi!
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