La prima pagina de "La voce del violino"

 

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   Che la giornata non sarebbe stata assolutamente cosa il commissario Salvo Montalbano se ne fece subito persuaso non appena raprì le persiane della càmmara da letto. Faceva ancora notte, per l'alba mancava perlomeno un'ora, però lo scuro era già meno fitto, bastevole a lasciar vedere il cielo coperto da dense nuvole d'acqua e, oltre la striscia chiara della spiaggia, il mare che pareva un cane pechinese. Dal giorno in cui un minuscolo cane di quella razza, tutto infiocchettato, dopo un furioso scaracchio spacciato per abbaiare, gli aveva dolorosamente addentato un polpaccio, Montalbano chiarnava così il mare quand'era agitato da folate brevi e fredde che provocavano miriadi di piccole onde sormontate da ridicoli pennacchi di schiuma. Il suo umore s'aggravò, visto e considerato che quello che doveva fare in matinata non era piacevole: partire per andare a un funerale.
   La sera avanti, trovate nel frigo delle acciughe freschissime accattategli dalla cammarera Adelina, se l'era sbafate in insalata, condite con molto sugo di limone, olio d'oliva e pepe nero macinato al momento. Se l'era scialata, ma a rovinargli tutto era stata una telefonata.
   «Pronti, dottori? Dottori, è lei stesso di pirsona al tilefono ? ».
   « Io stesso di pirsona mia sono, Catarè. Parla tranquillo».


darrè

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