Chiese a Costantinopoli

Premessa

Quella che viene trattata qui è solo un'esigua parte delle chiese e dei monasteri che un tempo affollavano la capitale dell'Impero Romano d'Oriente. Si calcola che a Costantinopoli vi fossero, nel periodo di massimo splendore, ben 450 chiese, alle quali va aggiunto l'incredibile numero di 340 monasteri.

Indice


Monastero di Cristo Akataleptos

Era situato nel distretto noto come Diakonissa, dove sorgeva appunto la chiesa di S. Maria Diakonissa, edificata sotto Maurizio (582-602). Questo monastero è menzionato per la prima volta nell'Alessiade di Anna Comnena. Vi risiedette, tra gli altri, Massimo Planude. La chiesa (ora convertita in moschea) è una basilica a tre navate con cupola. Il tamburo della cupola è sorretto da quattro pilastri ed una serie di volte a botte. L'edificio si presenta comunque stranamente asimmetrico. Durante l'occupazione latina di Costantinopoli venne riconsacrata a S. Francesco di Assisi.

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Monastero di S. Andrea in Crisi

Pare che fosse stato originariamente costruito da Arcadia, sorella di Teodosio II, e dedicato a S. Andrea apostolo. Durante il periodo dell'iconoclastia parteggiò per gli iconoduli, e per questo fu danneggiato. In seguito, forse come riconoscimento del suo ruolo nella lotta a favore delle immagini, fu riconsacrato nel nome di S. Andrea di Creta, martirizzato nel 766 sotto Costantino V Copronimo, le cui spoglie furono poste proprio in questo monastero (femminile). La chiesa è a tre navate, con esonartece ed exonartece (i cui capitelli sono caratterizzati da volute ioniche e foglie d'acanto). Nei tempi antichi una catena che pendeva da un cipresso, dentro il recinto del monastero, era connessa con un qualche rituale di amministrazione della giustizia.

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Chiesa dei Santi Apostoli

La costruzione originaria risaliva a Costantino; fu ricostruita da Giustiniano. Conteneva le reliquie di S. Andrea apostolo, S. Luca evangelista e S. Timoteo. Era dedicata ai Dodici Apostoli, di ciascuno dei quali era presente un'icona corredata da un epigramma esplicativo. Sulla lunetta della porta principale era presente un altro epigramma, nel quale erano descritte le morti degli apostoli (Cod. Laur. K.34):

"Il popolo di Alessandria mette a morte Marco. / Matteo dorme il grande sonno della vita. / Roma vede Paolo morir di spada. / Filippo sconta la stessa morte di Pietro. / Bartolomeo muore soffrendo sulla croce. / Una croce strappa alla vita anche Simone. / Il vano Nerone crocifigge Pietro in Roma. / Da morto e da vivo vive Giovanni. / In pace Luca è morto, alla fine. / Gli uomini di Patrasso crocifiggono brutalmente Andrea. / Un coltello tronca i percorsi di Giacomo. / In India uccidono Tommaso con le lance."
La chiesa aveva una pianta a croce greca, con cinque cupole (una su ogni braccio, e l'ultima sull'intersezione). Non c'era abside ad Est, perché l'altare (quasi interamente d'argento, sormontato da un ciborio piramidale) era posto sotto la cupola centrale. Il braccio occidentale si prolungava in un atrio. Nel braccio settentrionale era ospitato il mausoleo di Giustiniano. Basilio I il Macedone restaurò l'edificio. Quasi tutti gli Imperatori e buona parte dei Patriarchi furono qui seppelliti fino all'XI secolo. In alcune occasioni (la cosiddetta Domenica di San Tommaso, e il 21 di Maggio) l'Imperatore e la corte seguivano la liturgia in questa chiesa. Ai lati dell'altare erano poste le reliquie di S. Giovanni Crisostomo e di S. Gregorio il Teologo. La basilica fu spogliata di tutti i suoi oggetti preziosi durante il sacco di Costantinopoli del 1204; in quelle circostanze i "crociati" non si astennero neppure dal profanare le tombe imperiali, prima fra tutte quella di Giustiniano. Nel 1454 il conquistatore turco Maometto II permise a Gennadio Scolario di insediarvi la sede patriarcale. Le disastrose condizioni dell'edificio ed il fatto che si trovasse in un quartiere prevalentemente musulmano indussero ben presto a spostare il soglio. Nel 1461 il sultano demolì la struttura e costruì al suo posto una moschea.

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Panagia delle Blacherne
Era il più celebre luogo di culto della Vergine a Costantinopoli. Costruita al tempo di Pulcheria negli anni 450-453, fu ampiamente ristrutturata al tempo di Giustiniano, e sontuosamente adornata dai successivi Imperatori (tra cui si segnala Romano III Argiro). Nel 1070 la chiesa fu distrutta da un incendio, e venne ricostruita per opera di Romano IV Diogene e Michele VII Ducas. La fama di questa chiesa nacque durante l'assedio avaro-persiano di Costantinopoli (626), quando la salvezza della città fu attribuita all'intercessione della Vergine, da allora definita "Blachernitissa" e raffigurata in una celebre icona (dove ha le braccia alzate in segno di preghiera, e lo sfondo è occupato dalla cinta muraria). Quest'icona sparì misteriosamente al tempo dell'iconoclasmo, per ricomparire poi miracolosamente durante i lavori di abbellimento patrocinati da Romano Argiro. Per proteggere questo veneratissimo santuario, Eraclio fece costruire un tratto di mura supplementare (il medesimo sovrano assegnò 74 persone al servizio della Panagia delle Blacherne, per la precisione 12 presbiteri, 18 diaconi, 6 diaconesse, 8 sotto-diaconi, 20 lettori, 4 cantori e 6 portieri). Nell'834 qui fu celebrata la prima Festa dell'Ortodossia. Nel 944 furono posti nel suo parekklesion il sacro Mandylion di Edessa e la lettera di Abgar. La chiesa fu poi unita tramite un portale ed una scala al vicino palazzo delle Blacherne. La basilica era a tre navate; ad essa erano uniti il già citato parekklesion (detto Hagia Soros, una struttura circolare con nartece, contenente anche il mantello, il velo e la cintura della Vergine e le reliquie di S. Patapio, Atanasio, Pantaleone ed Anastasia) e l'Hagion Lousma, a cupola, dove era ospitato un bacino che raccoglieva le acque di una fonte miracolosa. Qui l'Imperatore si bagnava ogni Venerdì. Un incendio nel 1434 ed i saccheggi turchi fecero scomparire per sempre la chiesa delle Blacherne.

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Monastero di S. Giorgio ai Mangani
Venne fondato dall'Imperatore Costantino IX Monomaco (1042-1054); la sua importanza crebbe velocemente, tanto che nel XIV secolo al suo abate fu conferita la dignità di protosincello, unitamente al secondo posto cerimoniale durante le solenni cerimonie religiose. Vi si ritirò l'Imperatore Giovanni Cantacuzeno. Dopo la caduta di Costantinopoli, il monastero fu abbattuto ed i suoi materiali impiegati nella costruzione di un serraglio. Nella prima metà di questo secolo alcuni scavi archeologici hanno permesso di individuare il katholikòn (chiesa principale) del complesso, che si è rivelato essere a croce greca, con cinque cupole. Il nome di S. Giorgio ai Mangani resta legato al suo attivissimo scriptorium ed al ruolo che svolse nel dialogo tra le chiese orientali e occidentali.

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Santa Irene
Fu costruita da Costantino il Grande. Fino al tempo di Giustiniano rimase la chiesa più importante di Costantinopoli (vi fu tenuto il secondo Concilio ecumenico nel 381). Lo stesso Giustiniano la ampliò; venne restaurata nel 564 e nel 738. In alcuni casi venne usata come sede succursale del Patriarcato (era tra l'altro posta nello stesso recinto di S. Sofia, da essa separata soltanto tramite il cosiddetto "Ospizio di Sansone"). Dopo la conquista turca la chiesa servì come arsenale dei giannizzeri fino al 1874. Trasformata poi in museo militare, nel 1946 fu sgomberata di tutti i materiali estranei. Scavi archeologici hanno rivelato che le sue fondazioni poggiano su due antichi templi dedicati ad Apollo ed Afrodite. La pianta è basilicale, con cupola; nell'abside è rimasto un mosaico del periodo iconoclasta (una semplice croce su tre gradini).

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Sant'Eufemia all'Ippodromo
Una chiesa nei pressi del grande ippodromo esisteva da tempi molto antichi. Probabilmente nel VII secolo vi furono traslate le reliquie della veneratissima Eufemia, originariamente conservate in Calcedonia (al di là del Mar di Marmara), per proteggerle dalle scorrerie persiane. Durante il periodo iconoclasta Costantino V usò la chiesa come arsenale e gettò il sarcofago della santa in mare. Più tardi venne miracolosamente recuperato da due pescatori di Lemno. L'Imperatrice Irene (797-802) restaurò l'edificio e vi ricondusse la reliquia della santa. La conquista turca comportò la distruzione del santuario (il sarcofago di Eufemia è attualmente in possesso del patriarcato ecumenico). Nel 1924 scavi archeologici hanno rintracciato la chiesa, che si è rivelata essere a pianta esagonale con una conca  in ciascun lato, eccetto quello meridionale, che ha un'ampia entrata conducente ad un vasto peristilio semicircolare. La "tribuna sacra" era probabilmente posta nel lato orientale. Sei piccole camere circolari, collocate agli angoli, comunicavano con le conche. In due stanze, alle estremità del lato Sud, erano poste le scale per salire ad una galleria. La pianta è dunque quella di un martyrion; sembra che agli albori della sua storia l'edificio fosse stato un bagno. La maggior parte di queste rovine è stata definitivamente demolita nel 1951, per far posto al Palazzo di Giustizia di Istanbul.

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Zoodochos Pege
Questa chiesa è situata al di fuori della cerchia teodosiana. Deve la sua grande fama alla polla di acqua miracolosa che custodisce, dove, secondo la tradizione, vengono allevati pesciolini. Secondo una versione fu fondata da Leone I (457-474), secondo un'altra, più convincente, da Giustiniano, che avrebbe avuto una visione  durante una battuta di caccia. Per la costruzione della primitiva cappella l'imperatore avrebbe usato materiale che era avanzato alla fabbrica di S. Sofia. Nel corso della sua lunga storia il santuario venne salvato dalle incursioni avare, bruciato dai bulgari, restaurato da Irene e Basilio I in seguito a terremoti. Tra l'altro vi fu confinato il filosofo Giovanni Italo. Vi avevano luogo alcune cerimonie particolarmente solenni, ad esempio nel giorno dell'Ascensione. Era costume che le future imperatrici, che giungevano alla capitale per via di terra, incontrassero il loro promesso sposo proprio alla Zoodochos Pege. La chiesa attuale è una ricostruzione ottocentesca (l'edificio originale era scomparso già nel sedicesimo secolo); tra l'altro vi sono seppelliti molti Patriarchi.

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Santa Teodosia
Pare che questa chiesa vada identificata con la moschea attualmente nota come Gul Camii. Si tratta di un grande edificio, ottimamente rifinito, con tre absidi sul lato orientale e cinque cupole, la maggiore delle quali (centrale) è sostenuta da quattro pilastri. Testimonia una fase di transizione fra il modello basilicale a cupola, e quello a croce greca. Pare che in origine la chiesa fosse preceduta da un atrio. La costruzione dell'edificio è fatta risalire al IX secolo. La chiesa di S. Teodosia era il katholikòn del monastero dedicato alla santa omonima, che venne martirizzata durante le persecuzioni iconoclaste. Un gruppo di soldati di Leone III stava rimuovendo la grande icona di Cristo posta sopra la Chalke (porta d'ingresso al Sacro Palazzo). Alcune pie donne, tra cui Teodosia, tentarono di impedire l'azione; lei stessa, in particolare, tirò giù dalla scala l'ufficiale che stava eseguendo l'ordine, uccidendolo. I soldati infuriati decapitarono le donne, ed uccisero Teodosia trapassandole il collo con un corno d'ariete. Il nome turco "Gul Camii" significa "Moschea delle rose". Secondo una tradizione, il giorno della presa di Costantinopoli era appunto la festa di S. Teodosia, ed una congregazione di donne stava celebrando la santa all'interno della chiesa, decorata per l'occasione con festoni di rose. A quanto riferisce lo storico Ducas, gli invasori turchi trucidarono barbaramente sul posto tutte le devote.

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Santi Teodori
La chiesa dei Santi Teodori è oggi quasi unanimemente identificata con la moschea "Kilise Camii". Ancora oggi l'edificio brilla per la sua eleganza. La pianta è a croce, con una cupola dodecagonale che poggia su quattro pilastri. Notevole l'exonartece, con un piano inferiore caratterizzato da nicchie e triple arcate scandite da colonne monolitiche, ed uno superiore munito di bifore e trifore inframmezzate da doppie arcate. Il tetto è abbellito da tre cupolette ottagonali. Probabilmente due parekklesia erano posti alle estremità del lato lungo del nartece. Rimangono scarsi resti dei mosaici.

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Monastero di Costantino Lips (Panachrantos)
E' quasi unanimemente identificato con la moschea Fenari-Isa Camii. Si tratta in realtà di un complesso di edifici: la chiesa della Theotokos Panachrantos (Immacolata Madre di Dio), la chiesa di S. Giovanni Battista e la cappella funeraria. Il fondatore fu l'ufficiale (anthypatos e Grande Eteriarca) Costantino Lips, al tempo di Leone VI il Saggio (886-912), che vi annesse un ospizio. Molti secoli più tardi Teodora, moglie di Michele VIII Paleologo (1261-1282), restaurò l'ospizio ed aggiunse la chiesa di S. Giovanni Battista ed il sacello funerario. Il monastero era sotto il patrocinio imperiale, e vi venivano sovente seppellite grandi dame ed imperatrici (scavi archeologici nel '29 hanno riportato alla luce 32 sepolture, tra cui quella della stessa Teodora). La chiesa più antica è a croce greca con cupola, ed i tre absidi sul lato orientale sono poligonali. Il complesso fu gravemente danneggiato da incendi nel 1622 e nel 1917; è stato sistematicamente restaurato da venti anni a questa parte. Durante gli scavi del '29 è stato rinvenuto un pregevole ritratto di Santa Eudocia in opus sectile.

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Panagia Mouchliotissa
Il nome pare derivare dai "Mongoli"; infatti questo monastero fu fondato (sopra una costruzione precedente, distrutta dai Latini) da Maria Paleologa, figlia di Michele VIII ed andata in sposa al khan dei Mongoli, tornata a Costantinopoli alla morte del marito. La chiesa fu donata da Maometto II all'architetto greco Cristodulo (che aveva progettato la moschea sorta sopra i Santi Apostoli), e per questo è rimasta ortodossa fino ai nostri giorni.

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Monastero del Myrelaion
Generalmente si ritiene che questo monastero femminile sia stato fondato da Romano I Lecapeno (920-944); secondo alcune fonti sarebbe di origini più antiche (VIII secolo). Anna Dalassena, madre di Alessio Comneno, cedette al monastero l'isola di Leros, come attestato da documenti del 1085 e 1087. Svariati membri delle dinastie Macedone e Comnena vi furono seppelliti. Al giorno d'oggi sopravvive solo il katholikòn, tramutato in moschea (Bodrum Camii), originariamente dedicato alla Theotòkos. E' una chiesa a croce greca, con tre absidi (poligonali all'esterno) sul lato orientale, ed un nartece trasverso ad occidente. C'è una cupola che poggia su quattro pilastri. Nel sottosuolo è ricavata una cripta, munita di una volta a crociera sostenuta da quattro colonne con capitelli corinzi, il cui asse coincide con quello dei pilastri della cupola. Questo katholikòn è considerato un capolavoro; è stato danneggiato da incendi nel 1784 e nel 1911. Negli anni '30 sono stati condotti scavi archeologici nella zona della cripta, dove si pensa siano collocate le sepolture imperiali (tra cui quella dello stesso Romano Lecapeno). Tra i ritrovamenti, il pregevole ritratto di una principessa, trafugato subito dopo la scoperta. Verso la metà degli anni '60 è stato intrapreso uno scriteriato restauro (ad esempio, per gli esterni sono stati adoperati blocchi di calcestruzzo). Negli anni '80 l'edificio è stato restaurato dal precedente restauro. Nei dintorni del Myrelaion (anche noto come Myrodinon) si trova una cisterna forse appartenente ad un palazzo imperiale. Già danneggiata durante i lavori di costruzione di un hotel, è stata restaurata e trasformata in centro commerciale.

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Monastero della Pammakaristos
Si discute se questo monastero sia stato fondato ex novo da Michele Tarcaniote Glaba, protostrator di Andronico II Paleologo (1282-1328), oppure risalga all'età di Michele VII Ducas (se non addirittura all'ottavo secolo). Il monumento è comunque uno degli esempi più cospicui della cosiddetta "Rinascenza Paleologa". Sopravvivono alcuni bei mosaici. Fu sede del Patriarcato dal 1456 al 1587, quando il sultano Murat III convertì la chiesa in moschea (Fethiye Camii), per commemorare la conquista di Georgia ed Azerbaigian.

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Monastero di Cristo Pantepoptes
 
 Venne fondato (forse rinnovato) da Anna Dalassena, madre di Alessio I Comneno. E' situato sulla sommità del quarto colle di Costantinopoli, da dove si gode una splendida vista del Bosforo e del Corno d'Oro. Questo spiega il nome "Pantepoptes", che si potrebbe tradurre con "onniveggente". Al di sotto sono poste cisterne sotterranee. L'edificio, molto elegante, ha pianta a croce greca, con quattro colonne che reggono la cupola, tre navate e due narteci (v. sotto). Fu da qui che Alessio V Murzuflo comandò le sue truppe quando (1204) i Veneziani irruppero nella città. Durante l'occupazione latina il monastero fu dei monaci benedettini di S. Giorgio Maggiore a Venezia, che quando tornarono in patria si portarono dietro tutti i beni e le reliquie lì custodite. La chiesa fu convertita in moschea poco dopo la conquista, prendendo il nome di Eski Imaret. E' stata restaurata nel 1935, ma negli anni seguenti, soggetta ad un totale abbandono, ha finito per deteriorarsi gravemente. Nel 1990 c'è stato un restauro non autorizzato. Nel tentativo di eliminare un problema di umidità, il livello del terreno è stato abbassato lungo tre lati della chiesa; sono state demolite anche alcune baracche che soffocavano l'edificio e ne impedivano la visione da lontano. Durante queste operazioni sono stati riportati alla luce anche alcuni tratti dell'originaria decorazione, in pietra ed in mattoni. L'interno è stato rintonacato. Inoltre è stato demolito un pezzo del minareto (peraltro già ridotto ad un moncone), permettendo così di scoprire che l'attuale exonartece in origine era un portico aperto.

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Monastero di Cristo Pantokrator
Questo era uno dei più importanti complessi monastici del periodo comneno. Fondato da Giovanni II intorno al 1130, e progettato dall'architetto Niceforo, comprendeva in origine due chiese (la principale dedicata appunto a Cristo Pantokrator), una cappella funeraria (dedicata all'arcangelo Michele; vi furono seppelliti sia Giovanni sia la basilissa Irene), un ospizio per anziani, una foresteria, bagni, un ospedale, una scuola medica ed una biblioteca. Manuele Comneno (1143-1180) vi traslò da Efeso la Pietra dell'Unzione, sulla quale si diceva che il corpo di Gesù fosse stato preparato per la sepoltura. Vi fu trasferita da Tessalonica anche la famosa icona di San Demetrio. Durante l'occupazione latina il monastero cadde in mano ai Veneziani; questo spiega perché ancor oggi  i suoi antichi beni (tra cui la famosa Pala d'Oro) e le reliquie sono conservati nella basilica di San Marco. In età paleologa divenne il centro degli anti-unionisti. Questa istituzione dipendeva direttamente dall'Imperatore, e nel periodo di massimo fulgore arrivò ad ospitare sino a 700 monaci. Nel monastero venivano solennemente celebrate quattro feste, tutte nel mese di Agosto: il 4 era commemorata la consacrazione della chiesa, il 6 la Trasfigurazione, il 13 veniva ricordata l'Imperatrice Irene; il 18 infine era la festa dei martiri Floro e Lauro, le cui reliquie erano lì custodite. Al giorno d'oggi sopravvivono ruderi dei vari edifici, le due chiese (a croce greca e con tre absidi sul lato orientale; la seconda, quella della Panagia Eleousa, ha due cupole ed è di maggiori dimensioni dell'altra) e la cappella (munita di un singolo abside e di due cupolette). Tutti e tre gli edifici sono uniti da un esonartece ed exonartece comune. Naturalmente in origine erano presenti decorazioni musive (i pavimenti erano istoriati, ad esempio, con scene mitologiche); la chiesa del Pantokrator aveva mosaici anche all'esterno. Attualmente noto come Zeyrek Camii, il complesso ha urgente bisogno di restauri (occorrono un tetto nuovo, e serramenti infrangibili per le 99 finestre). Recentemente è stata costruita una clinica in uno spiazzo adiacente alla chiesa; durante lo scavo delle fondamenta, sono venute alla luce (alla profondità di circa 4 metri) strutture bizantine, fra cui tubature dell'acqua. Tutto questo è stato rimosso e la clinica è quasi completata. Inoltre, nel 1996 c'è stata una maldestra ripavimentazione delle strade adiacenti, che convoglia involontariamente le acque piovane verso l'entrata dell'edificio.

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Monastero di San Giovanni Battista in Trullo
Secondo lo storico Giorgio Sfranze, il famoso Concilio del 692 (detto appunto "di Trullo") fu convocato in questo monastero, "giacché, in quei tempi, un magnifico palazzo era lì situato". In realtà pare che il Concilio abbia avuto luogo nella grande sala a cupola ("Trullo") del Palazzo Magnaura. Il katholikòn fu trasformato in moschea nel 1520. L'edificio è rimasto in condizione di grave abbandono (erano state addirittura rimosse due delle colonne che reggono la cupola) fino agli anni '60, quando ha subìto un radicale restauro.

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Monastero dei Ss. Sergio e Bacco
 
 Giustiniano, nel suo primo anno di regno (527) fondò le due chiese dei Ss. Sergio e Bacco e Pietro e Paolo, che avevano l'atrio in comune. La seconda coppia di santi (maggiormente venerata in Occidente) era onorata in un edificio strutturalmente "occidentale", ossia a pianta basilicale; l'altra chiesa invece, conformemente alla tradizione orientale, è a pianta centrale (ottagono inscritto in un rettangolo irregolare). La chiesa dei Ss. Sergio e Bacco è conosciuta anche come "piccola Santa Sofia", perché in essa sono state applicate per la prima volta certe soluzioni architettoniche che poi troveranno pieno compimento nella costruzione della Grande Chiesa. Il vescovo Ecclesio adottò questo innovativo tipo di pianta per il noto S. Vitale di Ravenna. Il monastero di S. Sergio e Bacco era anche noto come "di Ormisda", dal nome del distretto in cui era situato. Pare che qui alloggiassero gli inviati papali, ed officiasse il clero latino risiedente in città. In origine il katholikòn era sontuosamente decorato, ma dei mosaici a fondo d'oro e dei marmi pregiati non resta traccia sotto la massiccia intonacatura risalente alla trasformazione in moschea (1506-1512). Sopravvive un'iscrizione metrica (dodici versi in tutto) tracciata lungo il perimetro dell'edificio, dove vengono esaltati Giustiniano e Teodora. Tra l'altro qui era conservato il cranio di S. Giovanni Crisostomo, ora a Firenze.

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Santa Sofia
Una prima chiesa con questo nome fu edificata da Costantino il Grande, sui resti di un tempio ad Apollo. L'edificio andò distrutto due volte, nel 404 e nel 532, sempre durante tumulti popolari. Giustiniano decise una ricostruzione totale, ed affidò il progetto al matematico Antemio di Tralle ed all'architetto Isidoro di Mileto, che applicarono soluzioni rivoluzionarie, specie nel campo delle volte (il problema maggiore era innestare una cupola circolare su una base quadrata). Secondo alcuni i lavori durarono 20 anni, e la consacrazione avvenne nel 552. Il tratto più noto della basilica è costituito dalla gigantesca cupola (33 m di diametro), sostenuta da quattro pilastri e da un ingegnoso ed ardito sistema di archi. Le strutture portanti tuttavia non si notano, e si ha l'impressione che lo spazio interno si espanda all'infinito, e che la cupola galleggi nell'aria.  Un terremoto, nel 558, danneggiò la cupola e la semicupola orientale. La ristrutturazione fu condotta da Isidoro il Giovane, che rinforzò la base del monumento, e ricostruì la cupola con materiali più leggeri. Un altro terremoto causò danni (molto meno gravi) alla cupola ed all'abside orientale nel 989; Basilio II si fece carico dei restauri. Sempre la parte orientale della chiesa fu seriamente colpita da un altro terremoto nel 1346. Moltissimi Imperatori fecero donazioni alla Grande Chiesa, quasi tutte purtroppo scomparse; restano le notevoli porte bronzee, che recano inscritte preghiere ed i monogrammi di Teofilo e Michele. Sappiamo che circa 600 persone erano assegnate al servizio in S. Sofia: 80 preti, 150 diaconi, 40 diaconesse, 70 sottodiaconi, 160 lettori, 25 cantori, 75 portieri. Al giorno d'oggi sopravvivono alcuni notevoli mosaici, pochi tuttavia se si pensa che la chiesa ne era totalmente rivestita. Attorno alla chiesa si articolavano i vari edifici del Patriarcato; tra i tanti, va ricordato il vasto atrio rettangolare al cui centro si trovava la phiale (fontana delle purificazioni) adornata con la ben nota iscrizione bifronte (che si può leggere sia da sinistra verso destra, che da destra verso sinistra, naturalmente se si usano le lettere greche): "Nìpson anomémata mé mònan opsin" ("Detergi i peccati, non solo la faccia").

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Monastero di S. Giovanni Battista di Studios
 
Per larga parte della sua storia fu il monastero più importante di Costantinopoli, fecondo centro di cultura, e baluardo dell'Ortodossia, specie nel periodo iconoclasta. Fu fondato dal patrizio Studios nel 463 (secondo alcuni 447), che vi stabilì monaci "Akoimetoi" ("Insonni"), che celebravano, alternandosi, un'innodia perpetua. Tra i vari personaggi che hanno dato lustro al monastero sono da citare Teodoro, campione dell'ortodossia, Platone, zio del precedente e a capo del fiorentissimo scriptorium studita, i tre Patriarchi Antonio III (974-980), Alessio (1025-1043) e Dositeo (1191-1192), Eutimio, che compilò il primo typikon (regolamento) per il monte Athos. Nei momenti di massimo splendore Studios era affollato da più di 700 monaci. Anche tre Imperatori finirono qui i loro giorni: Michele V Calafata (1041-1042), Isacco I Comneno (1057-1059), e Michele VII Ducas (1071-1078). Tra le tante reliquie qui conservate (quasi tutte trafugate durante l'occupazione latina) si ricordano i teschi di S. Giovanni Battista, di suo padre Zaccaria e di S. Teodoro. Il complesso monastico era vastissimo; il katholikòn, una basilica a tre navate con nartece preceduto da un ampio atrio rettangolare, era posto al centro. Molti viaggiatori rimasero meravigliati dalle vigne e giardini che lo circondavano e giungevano quasi alla Porta Aurea. Verso il 1500 avvenne la conversione in moschea. Il monastero fu danneggiato da un incendio nel 1782 e da un terremoto nel 1894, ma il colpo di grazia fu dato dal grande incendio del 1920. Ora rimangono solo le mura esterne della chiesa, e le colonne della navata settentrionale. I ruderi degli altri edifici furono demoliti dagli abitanti del quartiere dopo l'incendio del 1920, per ricostruire le proprie case.

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S. Salvatore in Chora
E' il monumento più importante dell'età paleologa. Secondo alcuni il nome deriva dal fatto che il monastero in origine fu fondato in una zona di campagna, all'esterno delle originarie mura costantiniane. Anche la data della prima fondazione è incerta; una tradizione vuole che fosse antecedente a Giustiniano (il quale compì un restauro dopo il terremoto del 557). Questo imperatore avrebbe costruito anche tre parekklesia (dedicati a sant'Antemio, ai Quaranta Martiri di Sebaste ed all'arcangelo Michele), un bagno ed un ospizio. San Sabba (439-532) venne ospitato qui; per questo i monaci palestinesi vi sarebbero stati sempre i benvenuti. Per altri il monastero fu fondato da Crispo, un parente di Foca. Pare più accreditata la prima ipotesi, benché Procopio taccia. Nel corso dei secoli, vi fu confinato il Patriarca Germano I (715-730); nel IX secolo si trasferirono in questo monastero gli iconoduli palestinesi Michele Sincello ed i suoi discepoli, Teofane e Teodoro "hoi Graptoi" ("gli Scritti", per via dei dodici trimetri ingiuriosi - composti di pugno dall'Imperatore Teofilo, da essi sbugiardato in una disputa dottrinale - che erano stati marchiati a fuoco sulla loro fronte). Nell'XI secolo Maria Ducena, nipote dello zar Samuele di Bulgaria e parente dell'Imperatrice Caterina, moglie di Isacco I Comneno, restaurò l'edificio sostituendo alla vecchia basilica una nuova chiesa a croce greca. Due Patriarchi ebbero origine da qui. Agli inizi del XIV secolo il complesso fu restaurato dal gran logoteta Teodoro Metochite, alla cui epoca risalgono i meravigliosi mosaici sopravvissuti fino ad oggi. Nel parekklesion di sant'Antemio erano custodite le reliquie di San Babila e di San Germano; queste ultime, insieme coi resti di S. Teofane Graptos e del Patriarca Cosma I furono "traslate" in Occidente dai latini, ma si sono perse le loro tracce. Era qui custodita anche l'icona miracolosa della Panagia Hodegetria, distrutta dai turchi nel 1453. Pochi anni dopo la chiesa fu convertita in moschea (Kariye Camii).

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Ultimo aggiornamento: 31/12/1997

Per commenti e informazioni scrivete a  Tommaso Braccini



 
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