Chiese a Costantinopoli
Premessa
Quella che viene trattata qui è solo un'esigua parte delle
chiese e dei monasteri che un tempo affollavano la capitale dell'Impero
Romano d'Oriente. Si calcola che a Costantinopoli vi fossero, nel periodo
di massimo splendore, ben 450 chiese, alle quali va aggiunto l'incredibile
numero di 340 monasteri.
Indice
Monastero di Cristo Akataleptos
Era situato nel distretto noto come Diakonissa, dove sorgeva appunto
la chiesa di S. Maria Diakonissa, edificata sotto Maurizio (582-602). Questo
monastero è menzionato per la prima volta nell'Alessiade di Anna
Comnena. Vi risiedette, tra gli altri, Massimo Planude. La chiesa (ora
convertita in moschea) è una basilica a tre navate con cupola. Il
tamburo della cupola è sorretto da quattro pilastri ed una serie
di volte a botte. L'edificio si presenta comunque stranamente asimmetrico.
Durante l'occupazione latina di Costantinopoli venne riconsacrata a S.
Francesco di Assisi.
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Monastero di S. Andrea in Crisi
Pare che fosse stato originariamente costruito da Arcadia, sorella di
Teodosio II, e dedicato a S. Andrea apostolo. Durante il periodo dell'iconoclastia
parteggiò per gli iconoduli, e per questo fu danneggiato. In seguito,
forse come riconoscimento del suo ruolo nella lotta a favore delle immagini,
fu riconsacrato nel nome di S. Andrea di Creta, martirizzato nel 766 sotto
Costantino V Copronimo, le cui spoglie furono poste proprio in questo monastero
(femminile). La chiesa è a tre navate, con esonartece ed exonartece
(i cui capitelli sono caratterizzati da volute ioniche e foglie d'acanto).
Nei tempi antichi una catena che pendeva da un cipresso, dentro il recinto
del monastero, era connessa con un qualche rituale di amministrazione della
giustizia.
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Chiesa dei Santi Apostoli
La costruzione originaria risaliva a Costantino; fu ricostruita da Giustiniano.
Conteneva le reliquie di S. Andrea apostolo, S. Luca evangelista e S. Timoteo.
Era dedicata ai Dodici Apostoli, di ciascuno dei quali era presente un'icona
corredata da un epigramma esplicativo. Sulla lunetta della porta principale
era presente un altro epigramma, nel quale erano descritte le morti degli
apostoli (Cod. Laur. K.34):
"Il popolo di Alessandria mette a morte Marco. / Matteo dorme
il grande sonno della vita. / Roma vede Paolo morir di spada. / Filippo
sconta la stessa morte di Pietro. / Bartolomeo muore soffrendo sulla croce.
/ Una croce strappa alla vita anche Simone. / Il vano Nerone crocifigge
Pietro in Roma. / Da morto e da vivo vive Giovanni. / In pace Luca è
morto, alla fine. / Gli uomini di Patrasso crocifiggono brutalmente Andrea.
/ Un coltello tronca i percorsi di Giacomo. / In India uccidono Tommaso
con le lance."
La chiesa aveva una pianta a croce greca, con cinque cupole (una su ogni
braccio, e l'ultima sull'intersezione). Non c'era abside ad Est, perché
l'altare (quasi interamente d'argento, sormontato da un ciborio piramidale)
era posto sotto la cupola centrale. Il braccio occidentale si prolungava
in un atrio. Nel braccio settentrionale era ospitato il mausoleo di Giustiniano.
Basilio I il Macedone restaurò l'edificio. Quasi tutti gli Imperatori
e buona parte dei Patriarchi furono qui seppelliti fino all'XI secolo.
In alcune occasioni (la cosiddetta Domenica di San Tommaso, e il 21 di
Maggio) l'Imperatore e la corte seguivano la liturgia in questa chiesa.
Ai lati dell'altare erano poste le reliquie di S. Giovanni Crisostomo e
di S. Gregorio il Teologo. La basilica fu spogliata di tutti i suoi oggetti
preziosi durante il sacco di Costantinopoli del 1204; in quelle circostanze
i "crociati" non si astennero neppure dal profanare le tombe imperiali,
prima fra tutte quella di Giustiniano. Nel 1454 il conquistatore turco
Maometto II permise a Gennadio Scolario di insediarvi la sede patriarcale.
Le disastrose condizioni dell'edificio ed il fatto che si trovasse in un
quartiere prevalentemente musulmano indussero ben presto a spostare il
soglio. Nel 1461 il sultano demolì la struttura e costruì
al suo posto una moschea.
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Panagia delle Blacherne
Era il più celebre luogo di culto della Vergine a Costantinopoli.
Costruita al tempo di Pulcheria negli anni 450-453, fu ampiamente ristrutturata
al tempo di Giustiniano, e sontuosamente adornata dai successivi Imperatori
(tra cui si segnala Romano III Argiro). Nel 1070 la chiesa fu distrutta
da un incendio, e venne ricostruita per opera di Romano IV Diogene e Michele
VII Ducas. La fama di questa chiesa nacque durante l'assedio avaro-persiano
di Costantinopoli (626), quando la salvezza della città fu attribuita
all'intercessione della Vergine, da allora definita "Blachernitissa" e
raffigurata in una celebre icona (dove ha le braccia alzate in segno di
preghiera, e lo sfondo è occupato dalla cinta muraria). Quest'icona
sparì misteriosamente al tempo dell'iconoclasmo, per ricomparire
poi miracolosamente durante i lavori di abbellimento patrocinati da Romano
Argiro. Per proteggere questo veneratissimo santuario, Eraclio fece costruire
un tratto di mura supplementare (il medesimo sovrano assegnò 74
persone al servizio della Panagia delle Blacherne, per la precisione 12
presbiteri, 18 diaconi, 6 diaconesse, 8 sotto-diaconi, 20 lettori, 4 cantori
e 6 portieri). Nell'834 qui fu celebrata la prima Festa dell'Ortodossia.
Nel 944 furono posti nel suo parekklesion il sacro Mandylion di Edessa
e la lettera di Abgar. La chiesa fu poi unita tramite un portale ed una
scala al vicino palazzo delle Blacherne. La basilica era a tre navate;
ad essa erano uniti il già citato parekklesion (detto Hagia Soros,
una struttura circolare con nartece, contenente anche il mantello, il velo
e la cintura della Vergine e le reliquie di S. Patapio, Atanasio, Pantaleone
ed Anastasia) e l'Hagion Lousma, a cupola, dove era ospitato un bacino
che raccoglieva le acque di una fonte miracolosa. Qui l'Imperatore si bagnava
ogni Venerdì. Un incendio nel 1434 ed i saccheggi turchi fecero
scomparire per sempre la chiesa delle Blacherne.
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Monastero di S. Giorgio ai
Mangani
Venne fondato dall'Imperatore Costantino IX Monomaco (1042-1054); la sua
importanza crebbe velocemente, tanto che nel XIV secolo al suo abate fu
conferita la dignità di protosincello, unitamente al secondo posto
cerimoniale durante le solenni cerimonie religiose. Vi si ritirò
l'Imperatore Giovanni Cantacuzeno. Dopo la caduta di Costantinopoli, il
monastero fu abbattuto ed i suoi materiali impiegati nella costruzione
di un serraglio. Nella prima metà di questo secolo alcuni scavi
archeologici hanno permesso di individuare il katholikòn (chiesa
principale) del complesso, che si è rivelato essere a croce greca,
con cinque cupole. Il nome di S. Giorgio ai Mangani resta legato al suo
attivissimo scriptorium ed al ruolo che svolse nel dialogo tra le chiese
orientali e occidentali.
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Santa Irene
Fu costruita da Costantino il Grande. Fino al tempo di Giustiniano rimase
la chiesa più importante di Costantinopoli (vi fu tenuto il secondo
Concilio ecumenico nel 381). Lo stesso Giustiniano la ampliò; venne
restaurata nel 564 e nel 738. In alcuni casi venne usata come sede succursale
del Patriarcato (era tra l'altro posta nello stesso recinto di S. Sofia,
da essa separata soltanto tramite il cosiddetto "Ospizio di Sansone").
Dopo la conquista turca la chiesa servì come arsenale dei giannizzeri
fino al 1874. Trasformata poi in museo militare, nel 1946 fu sgomberata
di tutti i materiali estranei. Scavi archeologici hanno rivelato che le
sue fondazioni poggiano su due antichi templi dedicati ad Apollo ed Afrodite.
La pianta è basilicale, con cupola; nell'abside è rimasto
un mosaico del periodo iconoclasta (una semplice croce su tre gradini).
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Sant'Eufemia all'Ippodromo
Una chiesa nei pressi del grande ippodromo esisteva da tempi molto antichi.
Probabilmente nel VII secolo vi furono traslate le reliquie della veneratissima
Eufemia, originariamente conservate in Calcedonia (al di là del
Mar di Marmara), per proteggerle dalle scorrerie persiane. Durante il periodo
iconoclasta Costantino V usò la chiesa come arsenale e gettò
il sarcofago della santa in mare. Più tardi venne miracolosamente
recuperato da due pescatori di Lemno. L'Imperatrice Irene (797-802) restaurò
l'edificio e vi ricondusse la reliquia della santa. La conquista turca
comportò la distruzione del santuario (il sarcofago di Eufemia è
attualmente in possesso del patriarcato ecumenico). Nel 1924 scavi archeologici
hanno rintracciato la chiesa, che si è rivelata essere a pianta
esagonale con una conca in ciascun lato, eccetto quello meridionale,
che ha un'ampia entrata conducente ad un vasto peristilio semicircolare.
La "tribuna sacra" era probabilmente posta nel lato orientale. Sei piccole
camere circolari, collocate agli angoli, comunicavano con le conche. In
due stanze, alle estremità del lato Sud, erano poste le scale per
salire ad una galleria. La pianta è dunque quella di un martyrion;
sembra che agli albori della sua storia l'edificio fosse stato un bagno.
La maggior parte di queste rovine è stata definitivamente demolita
nel 1951, per far posto al Palazzo di Giustizia di Istanbul.
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Zoodochos Pege
Questa chiesa è situata al di fuori della cerchia teodosiana. Deve
la sua grande fama alla polla di acqua miracolosa che custodisce, dove,
secondo la tradizione, vengono allevati pesciolini. Secondo una versione
fu fondata da Leone I (457-474), secondo un'altra, più convincente,
da Giustiniano, che avrebbe avuto una visione durante una battuta
di caccia. Per la costruzione della primitiva cappella l'imperatore avrebbe
usato materiale che era avanzato alla fabbrica di S. Sofia. Nel corso della
sua lunga storia il santuario venne salvato dalle incursioni avare, bruciato
dai bulgari, restaurato da Irene e Basilio I in seguito a terremoti. Tra
l'altro vi fu confinato il filosofo Giovanni Italo. Vi avevano luogo alcune
cerimonie particolarmente solenni, ad esempio nel giorno dell'Ascensione.
Era costume che le future imperatrici, che giungevano alla capitale per
via di terra, incontrassero il loro promesso sposo proprio alla Zoodochos
Pege. La chiesa attuale è una ricostruzione ottocentesca (l'edificio
originale era scomparso già nel sedicesimo secolo); tra l'altro
vi sono seppelliti molti Patriarchi.
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Santa Teodosia
Pare che questa chiesa vada identificata con la moschea attualmente nota
come Gul Camii. Si tratta di un grande edificio, ottimamente rifinito,
con tre absidi sul lato orientale e cinque cupole, la maggiore delle quali
(centrale) è sostenuta da quattro pilastri. Testimonia una fase
di transizione fra il modello basilicale a cupola, e quello a croce greca.
Pare che in origine la chiesa fosse preceduta da un atrio. La costruzione
dell'edificio è fatta risalire al IX secolo. La chiesa di S. Teodosia
era il katholikòn del monastero dedicato alla santa omonima, che
venne martirizzata durante le persecuzioni iconoclaste. Un gruppo di soldati
di Leone III stava rimuovendo la grande icona di Cristo posta sopra la
Chalke (porta d'ingresso al Sacro Palazzo). Alcune pie donne, tra cui Teodosia,
tentarono di impedire l'azione; lei stessa, in particolare, tirò
giù dalla scala l'ufficiale che stava eseguendo l'ordine, uccidendolo.
I soldati infuriati decapitarono le donne, ed uccisero Teodosia trapassandole
il collo con un corno d'ariete. Il nome turco "Gul Camii" significa "Moschea
delle rose". Secondo una tradizione, il giorno della presa di Costantinopoli
era appunto la festa di S. Teodosia, ed una congregazione di donne stava
celebrando la santa all'interno della chiesa, decorata per l'occasione
con festoni di rose. A quanto riferisce lo storico Ducas, gli invasori
turchi trucidarono barbaramente sul posto tutte le devote.
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Santi Teodori
La chiesa dei Santi Teodori è oggi quasi unanimemente identificata
con la moschea "Kilise Camii". Ancora oggi l'edificio brilla per la sua
eleganza. La pianta è a croce, con una cupola dodecagonale che poggia
su quattro pilastri. Notevole l'exonartece, con un piano inferiore caratterizzato
da nicchie e triple arcate scandite da colonne monolitiche, ed uno superiore
munito di bifore e trifore inframmezzate da doppie arcate. Il tetto è
abbellito da tre cupolette ottagonali. Probabilmente due parekklesia erano
posti alle estremità del lato lungo del nartece. Rimangono scarsi
resti dei mosaici.
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Monastero di Costantino Lips
(Panachrantos)
E' quasi unanimemente identificato con la moschea Fenari-Isa Camii. Si
tratta in realtà di un complesso di edifici: la chiesa della Theotokos
Panachrantos (Immacolata Madre di Dio), la chiesa di S. Giovanni Battista
e la cappella funeraria. Il fondatore fu l'ufficiale (anthypatos e Grande
Eteriarca) Costantino Lips, al tempo di Leone VI il Saggio (886-912), che
vi annesse un ospizio. Molti secoli più tardi Teodora, moglie di
Michele VIII Paleologo (1261-1282), restaurò l'ospizio ed aggiunse
la chiesa di S. Giovanni Battista ed il sacello funerario. Il monastero
era sotto il patrocinio imperiale, e vi venivano sovente seppellite grandi
dame ed imperatrici (scavi archeologici nel '29 hanno riportato alla luce
32 sepolture, tra cui quella della stessa Teodora). La chiesa più
antica è a croce greca con cupola, ed i tre absidi sul lato orientale
sono poligonali. Il complesso fu gravemente danneggiato da incendi nel
1622 e nel 1917; è stato sistematicamente restaurato da venti anni
a questa parte. Durante gli scavi del '29 è stato rinvenuto un pregevole
ritratto di Santa Eudocia in opus sectile.
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Panagia Mouchliotissa
Il nome pare derivare dai "Mongoli"; infatti questo monastero fu fondato
(sopra una costruzione precedente, distrutta dai Latini) da Maria Paleologa,
figlia di Michele VIII ed andata in sposa al khan dei Mongoli, tornata
a Costantinopoli alla morte del marito. La chiesa fu donata da Maometto
II all'architetto greco Cristodulo (che aveva progettato la moschea sorta
sopra i Santi Apostoli), e per questo è rimasta ortodossa fino ai
nostri giorni.
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Monastero del Myrelaion
Generalmente si ritiene che questo monastero femminile sia stato fondato
da Romano I Lecapeno (920-944); secondo alcune fonti sarebbe di origini
più antiche (VIII secolo). Anna Dalassena, madre di Alessio Comneno,
cedette al monastero l'isola di Leros, come attestato da documenti del
1085 e 1087. Svariati membri delle dinastie Macedone e Comnena vi furono
seppelliti. Al giorno d'oggi sopravvive solo il katholikòn, tramutato
in moschea (Bodrum Camii), originariamente dedicato alla Theotòkos.
E' una chiesa a croce greca, con tre absidi (poligonali all'esterno) sul
lato orientale, ed un nartece trasverso ad occidente. C'è una cupola
che poggia su quattro pilastri. Nel sottosuolo è ricavata una cripta,
munita di una volta a crociera sostenuta da quattro colonne con capitelli
corinzi, il cui asse coincide con quello dei pilastri della cupola. Questo
katholikòn è considerato un capolavoro; è stato danneggiato
da incendi nel 1784 e nel 1911. Negli anni '30 sono stati condotti scavi
archeologici nella zona della cripta, dove si pensa siano collocate le
sepolture imperiali (tra cui quella dello stesso Romano Lecapeno). Tra
i ritrovamenti, il pregevole ritratto di una principessa, trafugato subito
dopo la scoperta. Verso la metà degli anni '60 è stato intrapreso
uno scriteriato restauro (ad esempio, per gli esterni sono stati adoperati
blocchi di calcestruzzo). Negli anni '80 l'edificio è stato restaurato
dal precedente restauro. Nei dintorni del Myrelaion (anche noto come Myrodinon)
si trova una cisterna forse appartenente ad un palazzo imperiale. Già
danneggiata durante i lavori di costruzione di un hotel, è stata
restaurata e trasformata in centro commerciale.
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Monastero della Pammakaristos
Si discute se questo monastero sia stato fondato ex novo da Michele
Tarcaniote Glaba, protostrator di Andronico II Paleologo (1282-1328),
oppure risalga all'età di Michele VII Ducas (se non addirittura
all'ottavo secolo). Il monumento è comunque uno degli esempi più
cospicui della cosiddetta "Rinascenza Paleologa". Sopravvivono alcuni bei
mosaici. Fu sede del Patriarcato dal 1456 al 1587, quando il sultano Murat
III convertì la chiesa in moschea (Fethiye Camii), per commemorare
la conquista di Georgia ed Azerbaigian.
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Monastero di Cristo Pantepoptes
Venne fondato (forse rinnovato) da Anna Dalassena, madre di Alessio
I Comneno. E' situato sulla sommità del quarto colle di Costantinopoli,
da dove si gode una splendida vista del Bosforo e del Corno d'Oro. Questo
spiega il nome "Pantepoptes", che si potrebbe tradurre con "onniveggente".
Al di sotto sono poste cisterne sotterranee. L'edificio, molto elegante,
ha pianta a croce greca, con quattro colonne che reggono la cupola, tre
navate e due narteci (v. sotto). Fu da qui che Alessio V Murzuflo comandò
le sue truppe quando (1204) i Veneziani irruppero nella città. Durante
l'occupazione latina il monastero fu dei monaci benedettini di S. Giorgio
Maggiore a Venezia, che quando tornarono in patria si portarono dietro
tutti i beni e le reliquie lì custodite. La chiesa fu convertita
in moschea poco dopo la conquista, prendendo il nome di Eski Imaret. E'
stata restaurata nel 1935, ma negli anni seguenti, soggetta ad un totale
abbandono, ha finito per deteriorarsi gravemente. Nel 1990 c'è stato
un restauro non autorizzato. Nel tentativo di eliminare un problema di
umidità, il livello del terreno è stato abbassato lungo tre
lati della chiesa; sono state demolite anche alcune baracche che soffocavano
l'edificio e ne impedivano la visione da lontano. Durante queste operazioni
sono stati riportati alla luce anche alcuni tratti dell'originaria decorazione,
in pietra ed in mattoni. L'interno è stato rintonacato. Inoltre
è stato demolito un pezzo del minareto (peraltro già ridotto
ad un moncone), permettendo così di scoprire che l'attuale exonartece
in origine era un portico aperto.
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Monastero di Cristo Pantokrator
Questo era uno dei più importanti complessi monastici del periodo
comneno. Fondato da Giovanni II intorno al 1130, e progettato dall'architetto
Niceforo, comprendeva in origine due chiese (la principale dedicata appunto
a Cristo Pantokrator), una cappella funeraria (dedicata all'arcangelo Michele;
vi furono seppelliti sia Giovanni sia la basilissa Irene), un ospizio per
anziani, una foresteria, bagni, un ospedale, una scuola medica ed una biblioteca.
Manuele Comneno (1143-1180) vi traslò da Efeso la Pietra dell'Unzione,
sulla quale si diceva che il corpo di Gesù fosse stato preparato
per la sepoltura. Vi fu trasferita da Tessalonica anche la famosa icona
di San Demetrio. Durante l'occupazione latina il monastero cadde in mano
ai Veneziani; questo spiega perché ancor oggi i suoi antichi
beni (tra cui la famosa Pala d'Oro) e le reliquie sono conservati nella
basilica di San Marco. In età paleologa divenne il centro degli
anti-unionisti. Questa istituzione dipendeva direttamente dall'Imperatore,
e nel periodo di massimo fulgore arrivò ad ospitare sino a 700 monaci.
Nel monastero venivano solennemente celebrate quattro feste, tutte nel
mese di Agosto: il 4 era commemorata la consacrazione della chiesa, il
6 la Trasfigurazione, il 13 veniva ricordata l'Imperatrice Irene; il 18
infine era la festa dei martiri Floro e Lauro, le cui reliquie erano lì
custodite. Al giorno d'oggi sopravvivono ruderi dei vari edifici, le due
chiese (a croce greca e con tre absidi sul lato orientale; la seconda,
quella della Panagia Eleousa, ha due cupole ed è di maggiori dimensioni
dell'altra) e la cappella (munita di un singolo abside e di due cupolette).
Tutti e tre gli edifici sono uniti da un esonartece ed exonartece comune.
Naturalmente in origine erano presenti decorazioni musive (i pavimenti
erano istoriati, ad esempio, con scene mitologiche); la chiesa del Pantokrator
aveva mosaici anche all'esterno. Attualmente noto come Zeyrek Camii, il
complesso ha urgente bisogno di restauri (occorrono un tetto nuovo, e serramenti
infrangibili per le 99 finestre). Recentemente è stata costruita
una clinica in uno spiazzo adiacente alla chiesa; durante lo scavo delle
fondamenta, sono venute alla luce (alla profondità di circa 4 metri)
strutture bizantine, fra cui tubature dell'acqua. Tutto questo è
stato rimosso e la clinica è quasi completata. Inoltre, nel 1996
c'è stata una maldestra ripavimentazione delle strade adiacenti,
che convoglia involontariamente le acque piovane verso l'entrata dell'edificio.
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Monastero di San Giovanni Battista
in Trullo
Secondo lo storico Giorgio Sfranze, il famoso Concilio del 692 (detto appunto
"di Trullo") fu convocato in questo monastero, "giacché, in quei
tempi, un magnifico palazzo era lì situato". In realtà pare
che il Concilio abbia avuto luogo nella grande sala a cupola ("Trullo")
del Palazzo Magnaura. Il katholikòn fu trasformato in moschea nel
1520. L'edificio è rimasto in condizione di grave abbandono (erano
state addirittura rimosse due delle colonne che reggono la cupola) fino
agli anni '60, quando ha subìto un radicale restauro.
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Monastero dei Ss. Sergio e
Bacco
Giustiniano, nel suo primo anno di regno (527) fondò le due
chiese dei Ss. Sergio e Bacco e Pietro e Paolo, che avevano l'atrio in
comune. La seconda coppia di santi (maggiormente venerata in Occidente)
era onorata in un edificio strutturalmente "occidentale", ossia a pianta
basilicale; l'altra chiesa invece, conformemente alla tradizione orientale,
è a pianta centrale (ottagono inscritto in un rettangolo irregolare).
La chiesa dei Ss. Sergio e Bacco è conosciuta anche come "piccola
Santa Sofia", perché in essa sono state applicate per la prima volta
certe soluzioni architettoniche che poi troveranno pieno compimento nella
costruzione della Grande Chiesa. Il vescovo Ecclesio adottò questo
innovativo tipo di pianta per il noto S. Vitale di Ravenna. Il monastero
di S. Sergio e Bacco era anche noto come "di Ormisda", dal nome del distretto
in cui era situato. Pare che qui alloggiassero gli inviati papali, ed officiasse
il clero latino risiedente in città. In origine il katholikòn
era sontuosamente decorato, ma dei mosaici a fondo d'oro e dei marmi pregiati
non resta traccia sotto la massiccia intonacatura risalente alla trasformazione
in moschea (1506-1512). Sopravvive un'iscrizione metrica (dodici versi
in tutto) tracciata lungo il perimetro dell'edificio, dove vengono esaltati
Giustiniano e Teodora. Tra l'altro qui era conservato il cranio di S. Giovanni
Crisostomo, ora a Firenze.
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Santa Sofia
Una prima chiesa con questo nome fu edificata da Costantino il Grande,
sui resti di un tempio ad Apollo. L'edificio andò distrutto due
volte, nel 404 e nel 532, sempre durante tumulti popolari. Giustiniano
decise una ricostruzione totale, ed affidò il progetto al matematico
Antemio di Tralle ed all'architetto Isidoro di Mileto, che applicarono
soluzioni rivoluzionarie, specie nel campo delle volte (il problema maggiore
era innestare una cupola circolare su una base quadrata). Secondo alcuni
i lavori durarono 20 anni, e la consacrazione avvenne nel 552. Il tratto
più noto della basilica è costituito dalla gigantesca cupola
(33 m di diametro), sostenuta da quattro pilastri e da un ingegnoso ed
ardito sistema di archi. Le strutture portanti tuttavia non si notano,
e si ha l'impressione che lo spazio interno si espanda all'infinito, e
che la cupola galleggi nell'aria. Un terremoto, nel 558, danneggiò
la cupola e la semicupola orientale. La ristrutturazione fu condotta da
Isidoro il Giovane, che rinforzò la base del monumento, e ricostruì
la cupola con materiali più leggeri. Un altro terremoto causò
danni (molto meno gravi) alla cupola ed all'abside orientale nel 989; Basilio
II si fece carico dei restauri. Sempre la parte orientale della chiesa
fu seriamente colpita da un altro terremoto nel 1346. Moltissimi Imperatori
fecero donazioni alla Grande Chiesa, quasi tutte purtroppo scomparse; restano
le notevoli porte bronzee, che recano inscritte preghiere ed i monogrammi
di Teofilo e Michele. Sappiamo che circa 600 persone erano assegnate al
servizio in S. Sofia: 80 preti, 150 diaconi, 40 diaconesse, 70 sottodiaconi,
160 lettori, 25 cantori, 75 portieri. Al giorno d'oggi sopravvivono alcuni
notevoli mosaici, pochi tuttavia se si pensa che la chiesa ne era totalmente
rivestita. Attorno alla chiesa si articolavano i vari edifici del Patriarcato;
tra i tanti, va ricordato il vasto atrio rettangolare al cui centro si
trovava la phiale (fontana delle purificazioni) adornata con la
ben nota iscrizione bifronte (che si può leggere sia da sinistra
verso destra, che da destra verso sinistra, naturalmente se si usano le
lettere greche): "Nìpson anomémata mé mònan
opsin" ("Detergi i peccati, non solo la faccia").
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Monastero di S. Giovanni Battista
di Studios
Per larga parte della sua storia fu il monastero più importante
di Costantinopoli, fecondo centro di cultura, e baluardo dell'Ortodossia,
specie nel periodo iconoclasta. Fu fondato dal patrizio Studios nel 463
(secondo alcuni 447), che vi stabilì monaci "Akoimetoi" ("Insonni"),
che celebravano, alternandosi, un'innodia perpetua. Tra i vari personaggi
che hanno dato lustro al monastero sono da citare Teodoro, campione dell'ortodossia,
Platone, zio del precedente e a capo del fiorentissimo scriptorium studita,
i tre Patriarchi Antonio III (974-980), Alessio (1025-1043) e Dositeo (1191-1192),
Eutimio, che compilò il primo typikon (regolamento) per il
monte Athos. Nei momenti di massimo splendore Studios era affollato da
più di 700 monaci. Anche tre Imperatori finirono qui i loro giorni:
Michele V Calafata (1041-1042), Isacco I Comneno (1057-1059), e Michele
VII Ducas (1071-1078). Tra le tante reliquie qui conservate (quasi tutte
trafugate durante l'occupazione latina) si ricordano i teschi di S. Giovanni
Battista, di suo padre Zaccaria e di S. Teodoro. Il complesso monastico
era vastissimo; il katholikòn, una basilica a tre navate con nartece
preceduto da un ampio atrio rettangolare, era posto al centro. Molti viaggiatori
rimasero meravigliati dalle vigne e giardini che lo circondavano e giungevano
quasi alla Porta Aurea. Verso il 1500 avvenne la conversione in moschea.
Il monastero fu danneggiato da un incendio nel 1782 e da un terremoto nel
1894, ma il colpo di grazia fu dato dal grande incendio del 1920. Ora rimangono
solo le mura esterne della chiesa, e le colonne della navata settentrionale.
I ruderi degli altri edifici furono demoliti dagli abitanti del quartiere
dopo l'incendio del 1920, per ricostruire le proprie case.
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S. Salvatore in Chora
E' il monumento più importante dell'età paleologa. Secondo
alcuni il nome deriva dal fatto che il monastero in origine fu fondato
in una zona di campagna, all'esterno delle originarie mura costantiniane.
Anche la data della prima fondazione è incerta; una tradizione vuole
che fosse antecedente a Giustiniano (il quale compì un restauro
dopo il terremoto del 557). Questo imperatore avrebbe costruito anche tre
parekklesia (dedicati a sant'Antemio, ai Quaranta Martiri di Sebaste ed
all'arcangelo Michele), un bagno ed un ospizio. San Sabba (439-532) venne
ospitato qui; per questo i monaci palestinesi vi sarebbero stati sempre
i benvenuti. Per altri il monastero fu fondato da Crispo, un parente di
Foca. Pare più accreditata la prima ipotesi, benché Procopio
taccia. Nel corso dei secoli, vi fu confinato il Patriarca Germano I (715-730);
nel IX secolo si trasferirono in questo monastero gli iconoduli palestinesi
Michele Sincello ed i suoi discepoli, Teofane e Teodoro "hoi Graptoi" ("gli
Scritti", per via dei dodici trimetri ingiuriosi - composti di pugno dall'Imperatore
Teofilo, da essi sbugiardato in una disputa dottrinale - che erano stati
marchiati a fuoco sulla loro fronte). Nell'XI secolo Maria Ducena, nipote
dello zar Samuele di Bulgaria e parente dell'Imperatrice Caterina, moglie
di Isacco I Comneno, restaurò l'edificio sostituendo alla vecchia
basilica una nuova chiesa a croce greca. Due Patriarchi ebbero origine
da qui. Agli inizi del XIV secolo il complesso fu restaurato dal gran logoteta
Teodoro Metochite, alla cui epoca risalgono i meravigliosi mosaici sopravvissuti
fino ad oggi. Nel parekklesion di sant'Antemio erano custodite le reliquie
di San Babila e di San Germano; queste ultime, insieme coi resti di S.
Teofane Graptos e del Patriarca Cosma I furono "traslate" in Occidente
dai latini, ma si sono perse le loro tracce. Era qui custodita anche l'icona
miracolosa della Panagia Hodegetria, distrutta dai turchi nel 1453. Pochi
anni dopo la chiesa fu convertita in moschea (Kariye Camii).
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Ultimo aggiornamento: 31/12/1997
Per commenti e informazioni scrivete a Tommaso
Braccini
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