L'arte

L'interno della chiesa di S. Sofia a Costantinopoli.

Indice

I primordi e S. Sofia

Dal settimo secolo fino ai Comneni

Immagini in preparazione


I PRIMORDI E S.SOFIA

Purtroppo, degli edifici costantiniani che ornavano la capitale non ci è pervenuto nulla; possiamo supporre che non si discostassero molto dallo stile tardo-antico, di cui, per esempio, è testimonianza la chiesa di S. Costanza a Roma. Le prime innovazioni si cominciano a vedere durante il regno di Teodosio: un maggiore uso delle volte, ed il diffondersi delle decorazioni eseguite con il trapano, per ora limitate agli amboni ed a fregi vari, ma che poi si estenderanno anche ai capitelli. Il vero distacco dalla tradizione si ha comunque con la ricostruzione di S.Sofia, eseguita per volere di Giustiniano negli anni 532-7 sotto la direzione dell'architetto Antemio di Tralles, e del suo collaboratore Isidoro di Mileto. Furono spese somme inimmaginabili, ma il risultato fu un vero capolavoro. La parte più importante di tutto l'edificio è la cupola, 31 metri di diametro e 55 d'altezza, che non poggia su un muro circolare ma su quattro pilastri angolari, dando l'impressione di essere sospesa nel cielo. Per alleggerirla, nella sua copertura furono utilizzate tegole tufacee fatte pervenire appositamente da Rodi, e pesanti un quinto del normale. Gli unici problemi furono dati dal particolare sistema bizantino di costruzione, consistente nel sovrapporre ad uno strato di mattoni uno di sola malta: nel caso di S.Sofia in alcuni punti la malta venne sottoposta a pressioni eccessive mentre era ancora fresca, con il risultato che nel 558 la cupola crollò in seguito ad un sisma. La ricostruzione fu curata da Isidoro di Mileto, e, questa volta, riuscì perfettamente. Della decorazione musiva dell'edificio è rimasto poco, ma possiamo farcene un'idea ammirando i mosaici di Ravenna, dove, su uno sfondo d'oro, sono ieraticamente rappresentate le figure stesse di Giustiniano e Teodora. Anche della scultura del periodo sono rimaste poche tracce; una è il Colosso di Barletta, raffigurante un ignoto Imperatore (solitamente identificato con Eraclio). La statua è di ottima esecuzione, e di grande vigoria. E' la sola tra quelle che ornavano Costantinopoli ad essersi conservata: la galea che, in seguito al sacco del 1204, la stava portando a Venezia si arenò lungo le coste della Puglia, e gli abitanti di Barletta, trovata la statua nel relitto, la collocarono nella loro piazza del mercato. Altri esempi scultorei sono i numerosi oggetti in avorio pervenutici, come i dittici.

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DAL SETTIMO SECOLO AI COMNENI

Probabilmente, dall'epoca di Giustiniano in poi l'iconografia sacra si andò canonizzando nella forma che ci è pervenuta in due trattati; sappiamo che i cosiddetti Santi Cavalieri (Giorgio, Demetrio, Nestore e Teodoro) dovevano essere rappresentati come ufficiali imperiali, i Santi Padri e Confessori dovevano indossare lunghi mantelli neri, gli Apostoli la toga; e, tra di essi, Pietro, Paolo, Giovanni ed Andrea dovevano sempre essere raffigurati con la barba, Tommaso e Filippo senza. Nel campo dell'architettura le cupole, rialzate su un tamburo rotondo o poligonale, diminuirono di dimensione, ma aumentarono di numero e furono adoperate in combinazioni. Per quanto riguarda l'arte profana, abbiamo poche testimonianze, per lo più indirette; sappiamo che nel Sacro Palazzo, ad esempio, la camera di Basilio I aveva lo zoccolo delle pareti in vetro policromo, separato per mezzo di una fascia d'oro dai mosaici soprastanti; anche il soffitto a volta era rivestito d'oro, ed era arricchito di una croce di marmo verde. La volta di una sala da pranzo fatta edificare da Teofilo era sostenuta da sedici colonne, otto delle quali semplicemente scanalate, le restanti, di marmo verde della Tessaglia, decorate con intarsi d'agata raffiguranti animali e fiori. Di queste opere d'arte restano solo scarsissimi frammenti a Costantinopoli, ed altri a Venezia, dove furono portati in seguito al sacco del 1204. Le abitazioni private erano precedute spesso da un ampio cortile, ed erano dotate di un portico al piano terreno o di una loggia a quello superiore, sovente di tutti e due; si ritiene che molti palazzi veneziani siano stati ispirati da analoghe dimore bizantine. Durante la crisi iconoclastica, nel campo della pittura, vennero adottati temi puramente simbolici o allegorici, come semplici croci, o come la più complessa "etimasia" (un trono vuoto con sopra una Bibbia aperta, sovrastata da una croce). Ristabilita l'ortodossia, ebbero una grandissima diffusione le rappresentazioni di Maria, spesso raffigurata (nella cosiddetta "deesis") in compagnia di San Giovanni Battista mentre intercede per i peccatori presso il Cristo. Altro tema diffusissimo era quello dell'"anastasis" (discesa di Cristo al Limbo e Resurrezione). Dopo l'iconoclasmo presero infine campo le pitture agiografiche, nelle quali i Santi più spesso rappresentati erano Basilio, Giovanni Crisostomo, Gregorio Nisseno e Gregorio Nazianzeno. Per quanto riguarda le tecniche usate, oltre all'affresco ed al mosaico vanno ricordate la miniatura, le icone realizzate a mosaico con l'uso di tessere minuscole (e annoverate tra i più grandi tesori del Sacro Palazzo), gli smalti (un pregevole esempio dei quali è la Pala d'Oro a Venezia). Della scultura spariscono le tracce dopo l'Iconoclastia; sopravvisse solo l'arte di scolpire bassorilievi in avorio, spesso di soggetto profano, come ad esempio gli spettacoli dell'Ippodromo.

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Ultimo aggiornamento: 9/4/1997

Per commenti, critiche, informazioni scrivete a Tommaso Braccini .


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