Qui appresso verranno descritte le condizioni che stanno alla base della preparazione iniziatica, nel presente tempo. Non è possibile realizzare progressi in tale direzione, mediante provvedimenti della vita esteriore o interiore, senza l'adempimento di simili condizioni. Tutte le meditazioni, le concentrazioni e gli altri esercizi divengono privi di valore, e perfino dannosi sotto certi riguardi, se la vita non si ordina secondo le accennate condizioni. Non si tratta di dare forze all'uomo: si possono soltanto sviluppare quelle già esistenti in lui. Da sole esse non si sviluppano, poiché le contrastano impedimenti esteriori e interiori. Gli impedimenti esteriori vengono eliminati mediante le seguenti regole di vita. Quelli interiori a mezzo di particolari indicazioni sulla meditazione e la concentrazione.
I) La prima condizione consiste nel conseguire un pensiero perfettamente chiaro. A tale scopo si deve, sia pure per breve tempo del giorno, almeno cinque minuti (tanto meglio, se più), rendersi liberi dal disordinato accendersi fatuo dei pensieri. Si deve diventare padroni del proprio mondo di pensiero. Non si è padroni, se situazioni esteriori, una professione o una tradizione qualsiasi, relazioni sociali, e persino l'appartenenza ad un determinato popolo, oppure esigenze di particolari momenti del giorno, il dover disimpegnare un determinato còmpito, ecc., comportano la necessità di un tipo di pensiero e del modo di svolgerlo In quel breve spazio di tempo si deve dunque, per libera volontà, vuotare completamente l'anima del quotidiano corso solito dei pensieri e, di propria iniziativa, porre un unico pensiero al centro di essa. Non si deve credere che questo debba essere un pensiero elevato e interessante. Ciò che si deve conseguire il senso interiore, viene persino ottenuto meglio se dapprincipio ci si sforza di scegliere un tema quanto meno interessante possibile. In tal modo viene maggiormente stimolata la forza autonoma del pensare, ed è questa che importa, mentre un tema interessante è esso stesso che trascina con sé il pensare. è meglio che questo còmpito del controllo del pensare venga intrapreso con il tema « lo spillo », piuttosto che con « Napoleone il Grande ».
Si dice a se stessi: « Muovo da questo pensiero e, mediante pura iniziativa interiore, associo ad esso tutto ciò che può essergli appropriatamente connesso ». Alla fine del tempo dell'esercizio, il pensiero deve stare dinanzi all'anima altrettanto colorito e vivace come all'inizio. Si pratichi questo esercizio giorno per giorno, almeno per un mese: ogni giorno ci si può proporre un nuovo pensiero; si può però mantenere lo stesso pensiero anche per parecchi giorni. Alla fine dell'esercizio (II tempo), si cerchi di portare a piena consapevolezza il sentimento di interiore fermezza e sicurezza, che con attenzione più sottile si potrà presto notare nella propria anima: lo si concentri in un punto alquanto interno alla fronte, tra le sopracciglia. Si concluda (III tempo) con l' immaginare una linea movente direttamente da questo punto verso la nuca e scendente lungo il solco mediano della schiena (dal cervello alla colonna vertebrale), come se si volesse riversare quel sentimento in tale parte del corpo.
II) Allorché ci si sia così esercitati per un mese, si aggiunga un'ulteriore esigenza. Si cerchi di imporsi una qualsiasi azione che, secondo il solito corso della vita, sicuramente non si compirebbe. Si trasformi questa azione in un dovere quotidiano. Sarà bene, perciò, scegliere un'azione che si possa compiere ogni giorno per un periodo lungo. Ed è ancora meglio se si incomincia con un'azione insignificante, alla quale, per così dire, ci si debba costringere. Per esempio, ci si prefigga di innaffiare ogni giorno, a una determinata ora, una pianta, che si sia appositamente acquistata. Dopo qualche tempo, una seconda azione deve aggiungersi alla prima, in séguito una terza e così via, finché lo si possa fare senza intralciare gli altri doveri della giornata.
Questo esercizio deve ugualmente durare almeno un mese. Ma, per quanto sia possibile, anche durante questo secondo mese, si deve continuare il primo esercizio, pur non assumendolo, come nel primo mese, quale dovere esclusivo: non lo si deve smettere, altrimenti si noterà ben presto come i frutti del primo mese vadano perduti e come stia ricominciando il solito flusso dei pensieri non controllati.
Si deve curare che i risultati, una volta conseguiti, non vadano perduti. Quando sufficientemente si possegga una tale azione compiuta per propria iniziativa mediante il secondo esercizio, con sottile attenzione si divenga coscienti entro l'anima dell'impulso interiore destatosi (II tempo). Si riversi, quindi, tale sentimento, per così dire, nel proprio corpo, si che fluisca dalla testa al cuore (III tempo).
III) Nel terzo mese deve essere posto al centro della vita l'esercizio della equanimità, ossia l'educazione all'uguaglianza dell'anima rispetto alle oscillazioni tra piacere e sofferenza, gioia e dolore: il o levare al Cielo grida di giubilo e l'essere afflitti fino alla morte » deve essere sostituito consapevolmente da una stabile disposizione d'animo. Si deve curare che non ci prenda la mano alcuna gioia, e che non ci abbatta alcun dolore, nessuna esperienza ci trasporti all'ira o all'inquietudine smisurata, nessuna attesa ci riempia di angoscia o di paura, nessuna situazione alteri il nostro normale equilibrio, ecc.
Non si tema che tale esercizio renda aridi o apatici. Si noterà piuttosto, che in luogo di ciò che si perde mediante tale esercizio, sorgono qualità luminose dell'anima e, grazie ad una attenzione sottile, si potrà un giorno avvertire nel corpo una quiete interiore (II tempo). Come nei due casi precedenti, si riversi questo sentimento, similmente nel corpo, facendolo irradiare dal cuore alle mani, indi ai piedi e per ultimo alla testa (III tempo). Una simile operazione non la si deve esigere dopo ogni singolo esercizio, poiché, in effetto, non si ha a che fare con un singolo esercizio, bensì con una continua attenzione diretta alla vita dell'anima. Almeno una volta al giorno, si deve evocare di fronte all'anima questa quiete interiore e poi s'intraprenda l'esercizio di farla fluire dal cuore. Con gli esercizi del primo e del secondo mese, ci si comporti come con quello del primo mese nel secondo.
IV) Nel quarto mese si deve assumere come nuovo esercizio quello cosiddetto della positività . Esso consiste nel ricercare ciò che esiste di buono, di eccellente, di bello ecc., in tutte le esperienze, le entità, le cose. Questa qualità dell'anima viene efficacemente caratterizzata da una leggenda persiana sul Cristo Gesù. Mentre Egli percorreva una strada con i Suoi discepoli, costoro videro giacere sul ciglio della strada un cane morto già in putrefazione: essi distrassero tutti con ripugnanza lo sguardo da quella vista: solo il Cristo si fermò, considerò pensosamente il cane e disse: « Che denti meravigliosi aveva questo animale! ». Ove gli altri avevano veduto solo il reputante, l'antipatico, Egli trovò il bello. Così il discepolo esoterico deve mirare a cercare il positivo in qualsiasi manifestazione e in qualsiasi essere. Egli ben presto osserverà che sotto l'involucro del ripugnante, persino sotto le sembianze di un delinquente, si nasconde qualcosa di buono, sotto l'apparenza di un pazzo si cela comunque l'anima divina.
Questo esercizio è connesso in qualche modo con quello che si chiama astensione dalla critica. Non si deve intendere la cosa come se si dovesse dire nero il bianco e bianco il nero. C'è però una differenza tra un giudizio che scaturisce dalla contingente personalità e decide secondo simpatia o antipatia, e il punto di vista per cui ci si colloca pieni di amore nella manifestazione esteriore o in un altro essere, chiedendosi in ogni caso: « Come avviene che giunga ad essere e ad agire così? ». Un simile atteggiamento si propone immediatamente di aiutare ciò che è imperfetto, anziché limitarsi a biasimarlo o a criticarlo. Qui non può essere sollevata l'obiezione che le condizioni di vita di molti uomini esigono che essi biasimino e giudichino, dato che queste condizioni impediscono all'interessato una giusta educazione occulta. Esistono invero condizioni di vita che in larga misura rendono impossibile tale educazione. Il discepolo non dovrebbe proprio pretendere impazientemente, malgrado ciò, di realizzare progressi conseguibili soltanto a determinate condizioni. Se per un mese di seguito egli si orienta coscientemente nelle sue esperienze secondo visione positiva, osserverà gradatamente (II tempo) che un sentimento affiora nella sua interiorità, come se la sua pelle diventasse permeabile da tutte le parti e come se la sua anima si aprisse ampiamente rispetto a tutti i processi sottili ed occulti del suo ambiente, che prima sfuggivano completamente alla sua attenzione. Si tratta proprio di combattere la mancanza di attenzione che in ogni uomo sussiste rispetto a tali cose sottili.
Allorché si sia osservato che il sentimento descritto si manifesta nell'anima come una specie di beatitudine, si cerchi allora (III tempo) di dirigere mentalmente questo sentimento verso il cuore, per farlo di là fluire negli occhi e da questi nello spazio intorno a sé. Si noterà che per effetto di ciò si ottiene un intimo rapporto con lo spazio. Si cresce, per col dire, al di fuori di se stessi. S'impara inoltre a considerare una parte del proprio ambiente come qualcosa che appartiene a noi stessi. E' necessario applicare molta concentrazione a questo esercizio e soprattutto riconoscere che ogni elemento tumultuoso, passionale, saturo di emotività, agisce distruttivamente sulla citata disposizione di spirito. Con la ripetizione degli esercizi dei primi mesi, ci si attenga ancora a come è stato indicato per i mesi precedenti.
V) Nel quinto mese si cerchi di educare in se stessi il sentimento di affrontare con spregiudicatezza qualsiasi nuova esperienza. il discepolo deve sbarazzarsi decisamente di quell'attitudine per cui, riguardo ad una cosa appena udita o veduta, ordinariamente dice a se stesso: « Questo non l'ho mai udito, non l'ho mai veduto, non lo credo, è un'illusione ». Egli deve essere pronto in ogni momento a trovarsi di fronte a una nuova esperienza. Quello che aveva finora riconosciuto come regolare e abituale, non deve essere un vincolo per l'accoglimento di una nuova verità. Anche se espresso in forma radicaleè assolutamente giusto, che se qualcuno avvicina un discepolo e gli dice: « Sai, la torre della chiesa, da questa notte è completamente inclinata», egli nondimeno lasci aperto un varco a tale novità, ossia alla possibilità di credere che la conoscenza da lui finora avuta delle leggi naturali possa aver subito un ampliamento grazie a tale fatto apparentemente inaudito. Chi nel quinto mese volga la sua attenzione ad acquisire questa disposizione, noterà (II tempo) un sentimento che gli affiora nell'anima, come se in quello spazio di cui si è parlato a proposito dell'esercizio del quarto mese, qualcosa diventasse vivente: come se in esso qualcosa si destasse. Questo sentimento è straordinariamente delicato e sottile. Si deve cercare di cogliere attentamente (III tempo) questa sottile vibrazione nell'ambiente e farla fluire, per così dire, attraverso tutti i cinque sensi, cioè attraverso gli occhi, le orecchie e la pelle, in quanto questa contiene il senso del calore.
A questo gradino, il discepolo non deve rivolgere l'attenzione interiore alle impressioni fluenti attraverso i sensi inferiori come il gusto, l'odorato e il tatto: ancora non gli è possibile discernere i numerosi influssi negativi che si frammischiano a quelli buoni esistenti a tale livello. E' perciò opportuno che il discepolo rimandi l'ascesi di queste sensazioni al gradino successivo.
A conclusione dei cinque esercizi, nel sesto mese si deve infine tentare di riprenderli sistematicamente tutti ripetendoli con regolare alternanza. Per effetto di questa, si forma via via un armonico equilibrio dell'anima: si noterà, cioè, come svaniscano del tutto le amarezze relative al dissidio tra la parvenza e la realtà del mondo. S'impadronisce dell'anima una disposizione conciliante verso tutte le esperienze, che non è indifferenza, bensì, al contrario, rende atti a operare al miglioramento del mondo. Ha inizio una calma comprensione per cose che prima erano del tutto indifferenti all'anima. Anche il camminare ed i gesti mutano sotto l'influsso di tali esercizi, e un giorno il discepolo potrà persino osservare che la sua calligrafia ha assunto un'altra fisionomia: egli può considerarsi presso il primo gradino dell'ascesa spirituale.
Come si è veduto, la disciplina iniziatica comprende tre tempi: il primo è l'esercizio base, che opera sul vincolo del corpo eterico al fisico: il secondo è l'attenzione contemplativa rivolta ad alcuni aspetti della risoluzione di tale vincolo: il terzo è l'orientamento delle correnti eteriche che così si vengono a determinare: I) dal capo alla spina dorsale, II) dal capo, attraverso il cuore, nel corpo, III) dal cuore a tutta la persona, IV) dal cuore, attraverso gli occhi, nell'ambiente circostante, V) un moto di ritorno, dall'ambiente animato, verso il nostro essere.
Il III tempo del III esercizio può valere come una sintesi, ove con i suoi movimenti si tracci il pentagramma, mediante l'immagine di sé con le braccia orizzontalmente aperte: secondo una linea che dal cuore va al braccio destro sino alla mano e ritorna volgendo in basso sino al piede sinistro, tornando a sua volta in alto sino al punto tra le sopracciglia, rifluendo con una retta analoga in basso sino al piede destro, risalendo infine verso il braccio sinistro sino alla mano: d'onde torna al cuore, per ripetere il movimento.
Ancora una volta debbono essere sottolineate due raccomandazioni: la prima è che i cinque esercizi paralizzano I'influsso dannoso provocato da altri esercizi occulti, di modo che rimane di essi soltanto ciò che è benefico. La seconda è che essi propriamente e da soli assicurano l'esito positivo del lavoro di meditazione e di concentrazione. Per l'esoterista, non è sufficiente nemmeno la pura e semplice, seppure coscienziosa, osservanza della morale corrente, poiché codesta morale può essere sottilmente egoistica, ove il discepolo, per esempio, operi con rettitudine per apparire retto, o considerarsi retto. L'esoterista non fa il bene per essere considerato o considerarsi buono, bensì perché sa che soltanto il bene fa progredire di grado in grado l'evoluzione, mentre il male la stupidità e la bruttezza, pongono ostacoli sulla via di questa.
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