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Campi elettromagnetici: mettono paura, ma...

Mettono tanta paura, ma in realtà i campi elettromagnetici, specie generati dagli impianti per la telefonia mobile e dalla corrente elettrica, non sembrano essere così cattivi. È quanto sta emergendo da un convegno sugli "effetti dei campi elettromagnetici, la posizione della scienza internazionale" cominciato ieri pomeriggio a Perugia. L'iniziativa è stata promossa dal dipartimento di ingegneria elettronica e dell'informazione dell'Università perugina, dall'Agenzia regionale per la protezione dell' ambiente e dal Comune in collaborazione con il consorzio "Elettra 2000".

"Gli studi - ha detto il dottor Bernard Veyret, dell'Università di Bordeaux - sono ancora in corso. Tuttavia da quelli condotti finora non emerge alcuna indicazione che dai campi elettromagnetici derivino danni per la salute. In tanti si preoccupano per i problemi che può provocare ad esempio il telefono cellulare, ma il messaggio da dare è che non c'è alcun allarme". Veyret si è poi soffermato su quelle che i tecnici chiamano le "stazioni radio base", cioè gli impianti fissi della telefonia cellulare o i ripetitori radio-televisivi.

"Molte volte - ha sottolineato - la reazione negativa nei confronti di essi è dovuta anche a motivi estetici. Non ci sono invece, finora, prove del fatto che siano dannosi per la salute". A questo riguardo il docente dell'Università di Bordeaux ha rilevato che "in Francia c'è molto meno allarme" e che questo "spesso dipende da fattori politici o di interpretazione delle leggi".

Secondo Veyret in Europa la ricerca sugli effetti dei campi elettromagnetici "è spinta essenzialmente dalla diffusione della telefonia mobile, ma è comunque la più attiva rispetto al resto del mondo". "Anche da un punto di vista tecnologico - ha poi rilevato - con le nuove sorgenti sta diminuendo l'energia rilasciata nell' ambiente. Si va quindi verso un sempre minore impatto. Nel contempo ci sono altri gruppi di ricerca che stanno svolgendo attività con altri tipi di campi elettromagnetici per identificare così possibili effetti benefici sulla salute.

Non c'è infatti solo il problema di proteggere la salute - ha concluso Veyret - ma anche quello di capire meglio per utilizzare i campi per scopi terapeutici".
Per il preside della facoltà di ingegneria dell' Università di Perugia, Roberto Sorrentino, "le evidenze attuali non permettono di evidenziare alcuna relazione tra i campi elettromagnetici e malattie. Ci sono indicazioni molto lievi e contrastanti che non permettono di arrivare ad una conclusione. Per questo bisogna continuare ad investigare, mantenendo i livelli di campo nei limiti di legge che sono di tutta sicurezza. Senza allarmismi o trionfalismi".

Secondo Sorrentino non si può dire quale sia il prossimo traguardo della ricerca. "La ricerca - ha detto - non ha traguardi. Ci sono diversi studi che si svolgono in parallelo in diverse parti del mondo. Su tanti aspetti, che riguardano l' interazione tra i campi magnetici, le cellule e la salute". Il preside della facoltà d'ingegneria ha infine sottolineato che '"la normativa italiana è comunque più protettiva di quelle in vigore nel resto del modo".

Nel convegno perugino si è anche parlato dei campi elettromagnetici generati dalla corrente elettrica, quelli a bassissima frequenza. La dottoressa Susanna Lagorio, dell'Istituto superiore di sanità, ha annunciato che in Italia è appena cominciato un grande studio epidemiologico sulla leucemia ed altre forme più rare di neoplasie infantili. Durerà tre anni e coinvolgerà bambini di 15 regioni. Valuterà la loro esposizione a campi elettromagnetici a bassissima frequenza ma anche altri fattori di rischio, come la radiazione gamma naturale e l'inquinamento da traffico e da benzene per stabilire anche eventuali interazioni.

"Non è ancora chiaro - ha affermato Lagorio - se i campi provochino a lungo termine effetti negativi. Ci sono infatti delle evidenze che depongono per un piccolo eccesso di rischio tra gli esposti ai livelli più elevati riscontrati in ambienti residenziali o di lavoro. Tuttavia si tratta di evidenze limitate e non definite".

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